4 EMENDAMENTI PER GLI ESODATI
La Legge di bilancio 2019 prosegue il suo iter parlamentare e si attende l’emendamento o il decreto con cui il Governo dovrebbe introdurre la Quota 100. Intanto non mancano emendamenti in tema di riforma delle pensioni. Elide Alboni evidenzia che finora ce ne sono ben quattro mirati a far sì che venga varata la nona salvaguardia degli esodati. “Si tratterebbe dell’ennesimo provvedimento che punta a consentire il mantenimento delle vecchie regole di pensionamento, nei confronti di coloro che al 31 dicembre 2011 avevano cessato il rapporto di lavoro o avevano siglato accordi di risoluzione con il datore di lavoro”, scrive sulla pagina Facebook del Comitato esodati licenziati e cessati, spiegando che “le proposte sono molto simili tra di loro: tutte prevedono una consistenza numerica della salvaguardia sino a 6mila lavoratori e non prevedono limiti di decorrenza o di maturazione dei requisiti pensionistici (a differenza di quanto previsto nelle precedenti salvaguardie)”. Tuttavia alcuni emendamenti rimandano “a un successivo decreto ministeriale la fissazione dei criteri di accesso alla salvaguardia anche in accordo con le parti sindacali”.
QUOTA 100, UNA SCONFITTA PER I GIOVANI
Non è certo tenera nei confronti della riforma delle pensioni 2019 con Quota 100 Alessandra Servidori, visto che su Formiche.net parla di un proposta “veramente trattata con una disinvoltura imbarazzante: si accenna confusamente a età e a contribuzione e gli azzeccagarbugli mettono in circolo inutili patemi d’animo sulle presunte penalizzazioni sulle pensioni, che non sono”. Dal suo punto di vista, poi “degli oneri occorrenti, degli effetti sulla sostenibilità del sistema pensionistico, del numero e della tipologia dei soggetti che trarrebbero beneficio e di quelli che invece pagherebbero il conto (piuttosto salato) si è scritto a iosa in questi giorni, tanto che non vale la pena di insistere, perché – come dice il proverbio – non esiste una persona che sia più sorda di chi non vuole sentire”. “Tanto deficit ma per aumentare spesa corrente e pensionistica, rappresenta una sconfitta per i giovani, ancora una volta emarginati e penalizzati. E per l’Italia”, è la conclusione di Servidori.
L’OCSE BOCCIA QUOTA 100
L’Ocse si era già espressa contro l’intenzione del Governo di procedere a una riforma delle pensioni che mettesse in discussione la Legge Fornero. E nel suo Economic Outlook 2018, l’organizzazione di Parigi torna a criticare Quota 100, spiegando che la riduzione dell’età pensionabile “peggiorerà la disuguaglianza intergenerazionale, aumentando la già alta spesa pensionistica e ridurrà la crescita a lungo termine, riducendo l’età lavorativa della popolazione”. Un giudizio severo che si aggiunge alle altre stroncature, giunte dall’estero, sul piano del Governo in tema di previdenza. Già in passato gli esponenti della maggioranza non hanno perso tempo a rispedire al mittente queste “stroncature” o a considerarle poco rilevanti di fronte all’esigenza che gli italiani avrebbero di poter accedere alla pensione. Di sicuro non si vedrà un atteggiamento diverso ora di fronte ai rilievi dell’Ocse, anche perché il Governo è più impegnato a replicare alla Commissione europea che ha bocciato la manovra.
BABY PENSIONI COSTANO PIÙ DI QUOTA 100
Si parla molto dei costi della riforma delle pensioni 2019 all’insegna di Quota 100. E ci tiene a ricordare che grazie alle baby pensioni, introdotte nel 1973 e rimaste in vigore fino al 1992, “in Italia ci sono persone che hanno passato in pensione più della metà della propria vita, se non addirittura i due terzi”. Di fatto, per quasi vent’anni, “con determinati requisiti, le donne potevano abbandonare il lavoro con quattordici anni, sei mesi e un giorno di servizio se madri, e gli uomini potevano ritirarsi a vita privata con diciannove anni, sei mesi e un giorno di lavoro”. Arriva poi il paragone con il presente: “Le baby pensioni richiedevano meno della metà dei contributi versati per la Quota 100 del governo Conte, ovvero 38 anni di servizio. I 400mila baby pensionati italiani costano alle casse pubbliche ben 7,5 miliardi di euro l’anno, addirittura più di quanto stanziato per Quota 100 nel 2019 (6,7 miliardi) e di quanto stanziato a decorrere dal 2020 (7 miliardi)”. Dunque appare chiaro che le baby pensioni costano più della Quota 100.
NEL 2019 OLTRE 620.000 POSSIBILI PENSIONATI
Mentre la riforma delle pensioni 2019 deve ancora prendere definitivamente forma, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha calcolato che l’anno prossimo i pensionati potenziali dovrebbero essere più di 620.500. Secondo quanto spiega Il Sole 24 Ore, infatti, ai circa 437.000 beneficiari della Quota 100 occorre aggiungere più di 70.000 lavoratori precoci e circa 112.000 persone che andrebbero in quiescenza grazie alla pensione di vecchiaia o ad altre forme di anticipo. Questo vuol dire, come spiega Stefano Patriarca, che l’impatto sulla spesa pensionistica l’anno prossimo sarà importante, anche se è presumibile che non tutti gli aventi diritti andranno in pensione. Il quotidiano di Confindustria spiega anche che i nuovi pensionati di anzianità saranno principalmente del settore privato e che lasceranno un vuoto nel mercato del lavoro soprattutto del Nord Italia. Bisognerà solo capire se questo stimolerà l’assunzione di giovani oppure no. Sul tema non mancano punti di vista diversi tra gli esperti.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DURIGON
Claudio Durigon non le manda certo a dire al Presidente dell’Inps: “Boeri se ne faccia una ragione: quota 100 si farà e in 3 anni ridarà ad oltre un milione di cittadini la libertà di scegliere se continuare a lavorare o andare in pensione per fare spazio ai giovani. Nell’arco dei due anni 2019-2020 il costo per applicare quota 100 è addirittura inferiore a quanto previsto. Il presidente dell’Inps la smetta quindi di utilizzare la sua carica per dare i numeri che più si adattano alla sua linea politica. Le sue dichiarazioni prive di fondamento, tese a screditare l’operato del governo non scalfiscono quanto stiamo facendo per migliaia di italiani. Dal Presidente della più grande agenzia di welfare europea ci aspetteremmo meno politica e più risultati nei servizi ai cittadini”, sono le sue dichiarazioni riportate da Askanews.
Il sottosegretario al Lavoro aggiunge poi che “non è colpa di quota 100 se i tempi di liquidazione delle pensioni sono più che raddoppiati in questi anni”. Non manca quindi un riferimento alla situazione dell’Inps, che secondo Durigon “deve pensare in primis ai cittadini e non alle aspirazioni politiche del suo Presidente pro-tempore”. L’esponente della Lega invita quindi Boeri a smettere “di fare politica e di stare una volta con i giovani, una volta con i pensionati a seconda delle convenienze: proprio lui che qualche settimana fa aveva proposto un ricalcolo generale con tagli enormi alle pensioni mentre qualche anno fa attaccava l’innalzamento dei contributi per l’uscita dal mondo del lavoro. Decida almeno da che parte stare”.