“Quota 100 è una scelta. Sono convinto che sia necessaria per eliminare quel tappo che c’è nel mercato del lavoro sia per il pubblico che per il privato”. Queste le parole del sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia davanti alla consulta dell’Inas, il patronato della Cisl, riportate dall’Ansa. L’Anief, però, ritiene che il fatto che la riforma delle pensioni non sia ancora entrata nella manovra 2019 trasmetta l’impressione che “si voglia prendere tempo per cercare di non fare lasciare il lavoro ad un numero troppo alto di dipendenti, soprattutto della pubblica amministrazione”. Marcello Pacifico ricorda in particolare, a proposito della volontà di stabilire delle finestre per il pensionamento, che nella scuola ce n’è già una sola, che è quella del primo settembre. “Se la scuola ha quasi la metà del personale di docenti attorno ai 60 anni è solo colpa dello Stato, non certo degli insegnanti. E nella stessa situazione ci sono anche il personale Ata e migliaia di dirigenti scolastici. La verità è che o si introduce subito e senza penalizzazioni l’uscita anticipata oppure ci si appellerà all’Europa, dove si continua ad andare in pensione in media a 63 anni e con il massimo dei contributi”, aggiunge Pacifico.



CASTELLI RISPONDE A BOERI

Le parole di Tito Boeri, secondo cui la manovra 2019 è maschilista, con riferimento anche al tema della riforma delle pensioni con Quota 100, non sono passate inosservate. Laura Castelli, sottosegretario all’Economia, al Corriere della Sera spiega di voler tranquillizzare il Presidente dell’Inps. “Capisco la riflessione che ha voluto aprire ma, se ci limitiamo a parlare di strumenti economici, nei saldi di bilancio della manovra sono già compresi i fondi per diverse misure a favore della donna. Le norme di dettaglio saranno scritte in commissione, come è giusto che sia”, evidenzia l’esponente del Movimento 5 Stelle. Per quanto concerne nello specifico le pensioni, Castelli ammette che ci vorrebbe una riforma complessiva per affrontare al meglio la questione delle disparità di genere. Riforma “che non può trovare posto nella manovra. Ci sono però i fondi per ‘Opzione donna’, che consente di lasciare il lavoro in anticipo con un assegno più basso. Anche in questo caso le norme di dettaglio saranno aggiunte in commissione”.



QUOTA 100, L’AIUTO DELLA PACE CONTRIBUTIVA

Per aiutare quanti dovranno raggiungere i 38 anni di contribuzione minima richiesta per accedere alla Quota 100 prevista dalla riforma delle pensioni 2019, il Governo ha pensato anche alla cosiddetta pace contributiva, che potrà tornare utile anche ai giovani con carriere discontinue, i quali, come ricorda Cedan in un comunicato, “potranno costruire la propria carriera contributiva per evitare, in prospettiva, una pensione di vecchiaia molto in là coi tempi”. Il Caf che fa anche funzioni di patronato evidenzia che “ciò potrebbe avvenire tramite piccoli versamenti, senza sanzioni e senza interessi per colmare i vuoti contributivi cumulati negli anni successivi al 1996, con un onere calcolato sullo stipendio medio dell’anno successivo al ‘buco’ o con un ‘forfait’ per gli under 30 e le lavoratrici madri”. C’è anche da tenere conto che occorrerà in ogni caso un’anzianità contributiva minima di 20 anni (contributi tra l’altro effettivi) per accedere alla pace fiscale. Che, infine, potrà essere utile anche alle imprese per “sanare i mancati versamenti oggetto di contenzioso”.



BOERI: LA MANOVRA È MASCHILISTA

Tito Boeri torna a parlare e di certo non mancheranno le reazioni a quello che ha detto. Stavolta il suo bersaglio non è stata la riforma delle pensioni con Quota 100. Il Presidente dell’Inps, intervenendo a Bologna al convegno “Le donne nell’Istituto, ieri, oggi, domani”, ha infatti detto che c’è “un segnale di maschilismo anche in questa legge di bilancio, nel momento in cui va a dire manteniamo le differenze di età nell’accesso alle pensioni per uomini e donne, e va a non rifinanziare il congedo di paternità che era uno strumento molto importante per promuovere un’uguaglianza di opportunità”. Secondo quanto riporta Rainews, Boeri ha anche aggiunto: “Trovo che in Italia quando si devono fare delle cose in favore delle donne si continui a dire che bisogna dare loro più opportunità di stare nel lavoro e non fuori dal mercato del lavoro quindi il ‘permettiamo loro di andare in pensione prima’ non penso sia l’atteggiamento giusto”. Dal suo punto di vista, poi, “anche i padri devono prendersi cura dei figli”. Dunque è sbagliato non rifinanziare il congedo di paternità, “uno strumento fondamentale per promuovere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro”.

DI MAIO SU OPZIONE DONNA

Con un post su Facebook, Luigi Di Maio spiega che in tema di riforma delle pensioni il Governo ha mantenuto una promessa, al di là di Quota 100. Il ministro del Lavoro scrive infatti: “Lo avevamo detto, lo abbiamo fatto: promessa mantenuta, fallo sapere a tutti! Confermata l’opzione donna. Adesso ogni donna a 58 anni può andare in pensione dopo aver lavorato per 35 anni. Migliaia di lavoratrici ne potranno godere! La questione della previdenza femminile era un tema urgente da affrontare per l’assurda condanna decretata nei confronti delle donne dalla riforma Fornero e per il successivo immobilismo negli ultimi anni del Governo uscente”. In attesa di capire quando la proroga di Opzione donna verrà approvata e a quali condizioni, nextquotidiano.it evidenzia come l’esecutivo di fatto si limiti su questo fronte a “riproporre quello che già c’era”, come del resto pare avverrà con l’Ape social. “Ah, c’è un dettaglio: Giggetto si è dimenticato di ricordare che se si utilizza Opzione Donna l’assegno mensile viene decurtato. Ma quello, probabilmente, è colpa del governo precedente”, si legge ancora.

LA RICHIESTA SULL’ASPETTATIVA DI VITA

Continua a essere forte la richiesta, indirizzata al Governo, di congelare il previsto aumento dei requisiti pensionistici in base all’aspettativa di vita previsto a partire dal prossimo 1° gennaio. Si tratterebbe di fatto di andare contro quanto previsto dal Governo Gentiloni e anche recependo quella che fu allora una richiesta per certi versi bipartisan, visto che furono sia Cesare Damiano che Maurizio Sacconi a chiedere di evitare l’innalzamento che poi c’è stato. L’esecutivo ha fatto capire di essere pronto ad accogliere la richiesta, ma non è chiaro se agirà solamente sul requisito contributivo o anche su quello anagrafico. Sembra infatti più importante, specie per andare incontro alle esigenze dei lavoratori precoci, cui non si riuscirebbe a garantire una Quota 41 per tutti, evitare che dal 2019 servano 43 anni e 3 mesi (42 anni e 3 mesi per le donne) di contributi versati per poter andare in quiescenza. Non resta che aspettare per capire quale sarà la strada che il Governo vorrà intraprendere su questo fronte.

LA PARTITA DI QUOTA 41

Se la Quota 100 sembra destinata ormai a far parte della riforma delle pensioni 2019, lo stesso non può dirsi per la Quota 41. Matteo Salvini ha recentemente fatto capire che il Governo la  considera un obiettivo da raggiungere, ma sembra difficile che possa essere approvata già con l’imminente manovra o con un decreto a parte dedicati ai provvedimenti di carattere previdenziale. Ovviamente la cosa non va giù ai lavoratori precoci, che da tempo chiedono che sia approvata la Quota 41. Più il tempo passa, però, più per loro si avvicina il traguardo della pensione di anzianità a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne), che potrebbe rimanere invariato l’anno prossimo in virtù di un blocco dell’aumento dovuto all’adeguamento all’aspettativa di vita. Se poi l’intenzione del Governo è quella di prorogare l’Ape social, si potrà dire di aver quanto meno consentito il proseguimento della Quota 41 in esso contenuta, anche se coi vincoli che presenta non consente certo a tante persone di poter accedere alla pensione dopo 41 anni di lavoro.

RIFORMA PENSIONI, L’ATTESA DEGLI ESODATI

Mentre si attendono novità sulla riforma delle pensioni 2019 all’insegna di Quota 100, la commissione Lavoro della Camera ha approvato una risoluzione per impegnare il Governo ad approvare urgentemente la nona salvaguardia degli esodati. “Salvo ripensamenti difficili da argomentare in aula dopo l’approvazione unanime di maggioranza e opposizione in Commissione Lavoro, un emendamento alla Legge di Bilancio in favore della nona salvaguardia avrebbe quindi ottime probabilità di ottenere l’approvazione”, scrive Luigi Metassi sul blog Il volo della fenice, spiegando anche nei prossimi giorni “sarà certo cura dei comitati ripartire dai contatti politici affinché la nona salvaguardia diventi concretamente oggetto di emendamento alla Legge di Bilancio e, nel contempo, vigilare e contribuire affinché le tipologie di lavoratori coinvolti risultino al fine esaustive e corrette”. In questo senso c’è da registrare che il Comitato esodati licenziati e cessati, di cui Metassi fa parte, ancora non è stato convocato “al tavolo tecnico promesso dal Ministro del Lavoro, on. Luigi Di Maio, in occasione dell’incontro del 18 ottobre scorso”.

Ora, evidenzia Metassi, sarà importante cercare di non mettere insieme temi diversi, pur afferenti alla questione previdenziale: “Mescolare la tematica degli esodati, che può facilmente trovare soluzione in Legge di Bilancio, con altre problematiche a carattere strutturale come Quota 100, reddito di cittadinanza e Opzione Donna, che già la bozza della Legge di Bilancio rinvia a successivi decreti, semplicemente non appartiene al mondo della logica e può solo infondere confusione e disorientamento nel legislatore”.