QUOTA 100 ERRORE POLITICO PER GIOVANNI FERRI

Pur riconoscendo l’intenzione di “recuperare alcuni diritti sociali che si erano persi per strada e ad avere un’attenzione per le fasce più deboli della popolazione”, Giovanni Ferri boccia la manovra messa a punto dal Governo e ritiene che la riforma delle pensioni con Quota 100 sia “un grosso errore politico. Il problema italiano non è risarcire i relativamente pochi anziani danneggiati dalle politiche di austerità, ma dare una prospettiva ai giovani”, spiega il Professore di Economia politica in un’intervista al Sir. Che non nasconde che “per una valutazione più approfondita bisognerà capire quale sarà il punto di arrivo delle modifiche di cui si sta parlando in questi giorni, dopo che si è finalmente ripreso il dialogo con la Commissione europea”. Dal suo punto di vista, “se si spostasse sugli investimenti in infrastrutture una parte delle risorse stanziate per la ‘controriforma Fornero’ e il reddito di cittadinanza, magari concepito anche come incentivo per le imprese ad assumere, allora il giudizio potrebbe cambiare in modo rilevante”.



CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ FINO AL 20%

La riforma delle pensioni 2019, oltre a  Quota 100, conterrà un contributo di solidarietà della durata di cinque anni che colpirà le pensioni sopra i 4.500 euro al mese. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, il provvedimento sulle pensioni d’oro della maggioranza sarebbe di fatto pronto e prevederebbe un taglio del 10% per gli assegni tra 90.000 e 130.000 euro lordi l’anno, del 14% per quelli tra i 130.000 e i 200.000 euro, del 16% per quelli tra i 200.000 e i 350.000, del 18% per quelli tra i 350.000 e i 500.000, fino al 20% per quelli di importo superiore. Il taglio riguarderebbe anche le pensioni erogate da Camera, Senato, Corte Costituzionale e Presidenza della Repubblica, andando quindi a colpire tutte le categorie di pensionati. I proventi di questo intervento andranno a finanziare un fondo che servirà a dare vita alle pensioni di cittadinanza, in modo quindi che si possano innalzare le pensioni più basse. Dunque non sembra che verranno fatte distinzioni tra pensioni corrispondenti ai contributi versati o meno, ma che si guarderà all’importo complessivo dell’assegno.



IL RISCHIO PER CHI È GIÀ IN PENSIONE

Il Governo sembra intenzionato a non prevedere il ritorno al vecchio meccanismo di indicizzazione delle pensioni. Dunque, oltre a Quota 100, con la riforma che verrà inserita nella manovra con tutta probabilità la rivalutazione piena spetterà solamente gli assegni fino a 1.500-2.000 euro lordi al mese, andando poi progressivamente a diminuire con l’innalzarsi degli importi. Un’ipotesi che non piace alla Cisl, il cui Segretario confederale Ignazio Ganga evidenzia che “i pensionati non possono continuare a essere penalizzati. È necessario ripristinare dal 2019 le regole di perequazione delle pensioni contenute nella legge 388 del 2000 che prevede un meccanismo più equo di rivalutazione”. Il sindacalista segnala anche che “siamo in attesa di conoscere quanto prima i dettagli delle misure in materia pensionistica, a partire da ‘quota 100’ e non siamo assolutamente d’accordo che possano rimetterci coloro che sono già in pensione per i quali esiste un concreto problema di inadeguatezza del potere di acquisto degli assegni pensionistici che da anni come sindacati abbiamo denunciato e su cui è urgente intervenire”.



QUOTA 100 FRENA L’APE

La riforma delle pensioni con Quota 100 sta facendo sentire i suoi effetti sull’Ape volontario. Il Sole 24 Ore segnala infatti che pur non essendo ancora stato messo nero su bianco dal Governo, il provvedimento annunciato dalla maggioranza sta comunque facendo diminuire le richieste di accesso all’Anticipo pensionistico volontario. Dario Focarelli, Direttore generale dell’Ania, ha spiegato che se al momento dell’avvio della misura si registravano circa 1.500 anticipi al mese, da quando in estate “il Governo ha iniziato a parlare di Quota 100, il flusso si è ridotto”. Del resto l’Ape si può utilizzare a partire da 63 anni e richiede una “penalizzazione” sul futuro assegno, mentre Quota 100 si potrà utilizzare da 62 anni (sempre che se ne abbiano 38 di contributi) e non comporterà penalizzazioni. In attesa quindi dei dettagli sul provvedimento del Governo pare quindi che gli italiani vogliano pensarci prima di utilizzare l’Ape volontario.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI KOSTORIS

La riforma delle pensioni 2019 con Quota 100 porterà inevitabilmente a un aumento del numero dei pensionati “e ciò creerà inevitabilmente uno shock incrementale per l’Inps, o meglio per la Pa, che si manterrà nel tempo, se quota 100 resterà invariata, al netto degli agganci fra l’età pensionabile/l’anzianità contributiva e l’aspettativa di vita. Tale shock sul numero di persone in pensione crescerebbe ulteriormente nel tempo se il Governo attuale volesse interrompere anche quegli agganci, voluti dal IV governo Berlusconi nel 2010, ma ripresi dalla stessa Legge Fornero”. È quanto mette in luce Fiorella Kostoris, in un’intervista a formiche.net. L’aumento della spesa pensionistica conseguente alla riforma dovrebbe essere a carico di chi resterà a lavoro, ma queste persone “non saranno in grado di farlo alle vecchie condizioni, sia perché fra essi non si conteranno più coloro che, avendo 62 anni o più, scelgono la quiescenza, sia perché questi ultimi anzi pesano, aumentando la spesa pensionistica”.

Secondo l’economista “questa riforma fin dal 2019 creerà un incremento del deficit e del debito pubblico. Ma per fortuna, su questa seconda componente che ho appena illustrato, dopo un certo numero di anni, vi sarà una diminuzione del disavanzo pubblico, in quanto diventeranno sempre meno frequenti fra le persone in quiescenza quelle ritiratesi con i vecchi criteri e con una pensione elevata. Pertanto, entrerà in gioco un fattore compensazione: in pratica, rispetto a oggi, osserveremo una platea più numerosa di pensionati, però più poveri. Il che non pare molto saggio: secondo me, sarebbe di gran lunga preferibile andare in quiescenza regolarmente, con l’attuale legge, ma con assegno pieno”.