Chissà se oggi quando sindacati e Governo si incontreranno avranno modo di discutere, tra l’altro, anche dell’ultimo rapporto Censis, quello da cui emerge che il 90% degli italiani con basso reddito è convinto che la propria condizione non cambierà mai. Ha visto sfiorire la ripresa economica, sono cresciute le diseguaglianze sociali e l’emarginazione sociale, i redditi e i salari sono pressoché fermi, i giovani vanno a cercare lavoro all’estero come negli anni Cinquanta: è la fotografia di un Paese che fa molta fatica a crescere, che si affida solo a internet e ai social network per vincere la solitudine e alle lotterie per uscire dalla precarietà.
Ecco perché, ed è questo che diranno i sindacati alla controparte, occorre ripartire, anche con provvedimenti straordinari, dalla crescita, dal lavoro e quindi dagli investimenti pubblici e privati, scommettendo sulla formazione e sulla scuola. Il lavoro è lo strumento per ridare fiducia alla gente oggi sempre più incattivita e pessimista sul futuro: soprattutto il lavoro è la sola risposta possibile alla serie di promesse fin qui disattese.
Per favore, imploriamo in nome degli italiani, ascoltate chi rappresenta davvero la gente. Ascoltate chi da decenni ha contribuito a garantire quel (poco o tanto che sia) benessere di cui godiamo. Sarebbe un bell’incontro se servisse a scongelare quella concertazione che l’Europa ci sta chiedendo. Solo punto inquietante è l’Agenda del Governo che compare sul sito della Presidenza del Consiglio: per il 10 dicembre 2018 non si prevede nulla…
Ma per fortuna che ci sarà anche un’altra riunione. Se non ci fosse di mezzo Di Maio, anzi, le questioni che saranno affrontate da Governo e parti sociali al tavolo convocato dal ministro del Lavoro si potrebbero tranquillamente definire altrettanto serie e importanti. Forse forse potremmo pure tirar fuori l’aggettivo decisive. Ma c’è di mezzo Giggino, la sua permanente campagna elettorale, l’epica disfida che da mesi ha ingaggiato con Rodomonte Salvini per accaparrarsi il titolo di più amato dal popolo italiano. E quindi rischiamo che, al solito, dal registro dell’analisi e della serietà si scivoli lentamente, ma nemmeno poi tanto lentamente visto che ci vorrà pur tempo per girare qualche video su Facebook e lanciare qualche cinguettio, verso la commedia e poi giù fino alla farsa.
Il problema è semplice: sul suo tavolo c’è la questione della tassa, anzi della botta, sulle auto inquinanti. Cioè tutte le auto. Quelle vecchie in particolare, ma anche quelle Euro 6, per intendersi quelle che ancora dovete (dobbiamo) comperare. Il principio è quello europeo: chi inquina paga. E fa piacere che la Bruxelles barbara, cattiva, che non vuol riconoscere la genialità del nostro Governo, qualche cosa di buono l’abbia fatto. O almeno che a qualche cosa serva: serve infatti a giustificare il tentativo di chiudere l’ennesimo buco che si è aperto nel documento di bilancio più bizzarro che Governo italiano abbia mai pensato di produrre, nel momento stesso in cui i mercati (e le “manine” che li guidano come noto…) hanno deciso che chi ha debiti, come l’Italia, non può pensare di spendere all’infinito e lasciare altri debiti sulle spalle dei propri figli.
Ma torniamo finalmente al tavolo. A noi ci piacciono i tavoli (e permetteteci di usare una sintassi volutamente dadaista per favorire la comprensione generale). Ci piacciono perché sono un momento in cui chi vuole può ascoltare. Perché i politici, democraticamente eletti, possono decidere di dare la parola a gente che conosce l’argomento di cui si parla. Perché se ben condotti possono produrre buone sintesi generali e quindi passi avanti verso il bene comune. Perché siccome se ne convocano ormai in numero inferiore perfino a quello dei panda arancioni, a nessuno verrebbe mai in mente di sprecare una simile occasione. E infine perché c’è un serio problema relativo al comparto automotive.
Cioè al di là di tattiche e strategie, campagne elettorali permanenti che consentano di convincere gli italiani che il nuovo Papa si chiama Matteo I, e che in Italia la povertà è stata abolita per legge (e per quanto riguarda le malattie un provvedimento analogo è allo studio…), nel sistema industriale attuale toccare il settore auto significa toccare interessi generali enormi. Certo interessi degli imprenditori (o dei “prenditori” come gentilmente sono stati definiti dagli esponenti giallo-verdi), ma anche dei lavoratori dipendenti, delle famiglie, di intere regioni.
L’Europa, come detto, ha da tempo lanciato una campagna in favore di un clima migliore, dell’abbandono del combustibile fossile in favore di energie pulite e rinnovabili. Così si spiega la scelta fatta da Macron in Francia e così si giustifica l’introduzione della nuova tassa sulle auto. Ma l’Europa non ha mica detto che tutti gli europei devono cambiare le loro auto nei prossimi 6 mesi. Soprattutto non ha detto che in un momento di recessione, in cui il mercato dell’auto mostra preoccupanti segnali di stagnazione e di crisi, in cui le reazioni per rispondere al dieselgate sono giunte al loro naturale capolinea, ecco giusto per rilanciare i consumi e sostenere la ripresa, si debbano tassare tutte le auto dai 400 eurini all’insù.
Viva le auto elettriche certo e ormai ce ne sono di notevoli e notevolmente efficaci. Viva i trasporti non inquinanti. Viva l’industria verde. Viva le app. Ma viva(no) anche gli italiani e le loro famiglie. Ecco perché speriamo che finalmente questo Governo colga la palla al volo e si faccia dire cosa e come fare, da chi il lavoro lo conosce, come sindacati e imprenditori, da chi le fabbriche le bazzica, da chi quotidianamente incontra occupati e disoccupati.
Qui non si tratta di qualche voto in più o in meno, ma di qualche centinaio di migliaia di posti di lavoro in più o in meno. Di quelli veri, non di quelli che si spera potranno essere trovati e distribuiti dai nuovi, futuribili e efficientissimi Centri per l’impiego immaginati e deliberati dal nostro Governo. Certo, poi la tassa potrebbe rimanere anche dopo che il tavolo sarà stato convocato e avrà finito i suoi lavori. Ma considerato che una tassa di molto inferiore ha scatenato in Francia un bel putiferio, cosa dovremo aspettarci in Italia?
Ma c’è un problema: là hanno usato i gilet gialli, e qui il giallo se lo è già accaparrato il Governo. Anche se ci resta un dubbio. Vuoi vedere che alla fine tutto questo è stato fatto per far scendere in piazza migliaia di manifestanti vestiti come canarini e poter dire che in realtà “sono sostenitori del nostro Governo e della sua azione”?