PRONTO INTERVENTO SU ASSEGNI SOCIALI

La riforma delle pensioni, oltre che introdurre Quota 100, potrebbe anche modificare i requisiti per l’erogazione degli assegni sociali. Il Sole 24 Ore cita in questo senso Claudio Durigon, spiegando che l’idea del Governo sarebbe quella di “integrare gli attuali requisiti, esclusivamente basati sul reddito”, con l’Isee. “Bisogna tener conto della ricchezza complessiva di chi percepisce queste integrazioni al minimo per evitare che vadano a chi, oltre a una pensione bassa, magari gode di altre entrate, possiede immobili diversi o altro ancora”, sono le parole del sottosegretario al Lavoro. Il quotidiano di Confindustria ricorda che questo tipo di prestazioni valgono l’8% della spessa pensionistica e riguardano circa 3 milioni di persone. Non sarà facile quindi intervenire in maniera chirurgica su una misura che riguarda un numero ragguardevole di cittadini e che ha oltretutto una finalità importante come quella di sostenere chi ha, in teoria, redditi molto bassi.



PD VS LEGA: “VERGNOSA LA RIFORMA IN 3 ANNI”

Dopo l’intervista di Claudio Durigon alla Stampa dove viene confermato l’impianto della riforma Pensioni 2019 «per 3 anni», salvo poi passare alla Quota 41, è il Partito Democratico a scagliarsi contro il Governo gialloverde e in particolare contro la Lega. «Il governo ha finalmente ammesso che la riforma delle pensioni sarà temporanea, solo per 3 anni», scrive sui social Marco Leonardi (Dipartimento Economia Pd) postando la foto dell’intervista di Durigon dove nel dettaglio spiega come «a regime basteranno poco più di quarant’anni di anzianità contributiva. L’obiettivo è favore il ricambio generazionale e aumentare gli ingressi nel mondo del lavoro». È ancora Leonardi che allora attacca poche ore fa su Twitter, «Lo avevamo detto mesi fa che UE e mercati hanno 1 sola preoccupazione: quota 100, perché aumenta il debito pubblico. Ma fare una riforma per 3 anni è una vergognosa mancia elettorale». (agg. di Niccolò Magnani)



BORGHI (LEGA): “QUOTA 100? NE PARLIAMO AL SENATO”

Dopo gli “allarmi” suonati questa mattina con i contenuti (e soprattutto le mancanze) negli emendamenti in Manovra, il Presidente della Commissione Bilancio alla Camera Claudio Borghi (leghista doc) ha provato a spiegare in merito alla riforma delle pensioni “mancante” nella Legge Economica il motivo di tale scelta. «I termini sono scaduti: quindi, per trattare i due pilastri dalla manovra, a questo punto se ne parla al Senato». Rispondendo al GR1 della Rai, l’economista fidato di Salvini ha poi continuato «sono però previsti i fondi per le misure nella loro interezza. Quindi al momento non cambiano i saldi». Nel merito dei beneficiari per la Quota 100 messa a punto dai tecnici della Lega, è ancora Borghi a spiegare nell’intervista: «Ovviamente la platea dei beneficiari avrà costi minori perché, se la norma prevede l’opzione per tutti di andare in pensione, non è detto che tutti la accoglieranno. C’è tanta gente che sta bene al lavoro». (agg. di Niccolò Magnani)



DIETROFRONT GOVERNO: MANCANO LE PENSIONI D’ORO

Contrordine compagni: nei 54 emendamenti collegati alla Manovra, il Governo Lega-M5s non ha inserito il taglio delle pensioni d’oro come invece promesso soprattutto dai parlamentari grillini nelle scorse settimane. Giusto questa mattina vi raccontavamo della possibilità di inserire il taglio degli assegni d’oro, salvo problematiche legate al mancato accordo tra i due partiti di Governo. Ebbene, per ora (ma la situazione è in evoluzione e non è detto che non vengano aggiunti nel prosieguo delle discussioni parlamentari, ndr) non vi è traccia delle proposte sul settore con modifiche alla Fornero e taglio agli assegni sopra i 90mila euro. Come segnalano però le fonti della Lega a TgCom 24, i 54 emendamenti presentati non saranno gli unici ma sono in programma una seconda tranche di modifiche alla Manovra previste per Palazzo Madama nelle prossime settimane: sarà lì che si scopriranno le carte sulla Quota 100 e le pensioni d’oro da “abolire”, come avanzava il Ministro Di Maio? (agg. di Niccolò Magnani)

PENSIONI D’ORO: MANCA L’ACCORDO NEL GOVERNO

Nei vari pacchetti di emendamenti che a stretto giro di boa dovranno presentare i gruppi parlamentari del Governo gialloverde alla Manovra di Bilancio, saranno inseriti oltre ai “ritocchi” per la riforma pensioni con la Quota 100 e al Reddito di cittadinanza (anche se non è ancora chiaro se arriveranno effettivamente in un secondo momento tramite dei provvedimenti ad hoc post-Legge di Bilancio, ndr) anche il deciso taglio alle pensioni d’oro. Sempre però che vi si trovi un accordo visto che finora Lega e M5s non sembrano concordi sugli effettivi contenuti della nuova decurtazione sulle pensioni “ricche”: secondo quanto raccolto dal Corriere della Sera, tra le proposte più probabili per il taglio delle pensioni d’oro troviamo la decurtazione con scatto dai 90 mila euro annui in su. In particolare le aliquote sarebbero variabili da un minimo del 10% ad un massimo del 20% per chi riceve oltre le 500mila euro l’anno come assegno pensionistico: l’accordo dovrebbe prevedere niente taglio dell’indicizzazione all’inflazione e soprattutto l’intera norma non riguarderebbe le pensioni costruite interamente con sistema contributivo. Usiamo il condizionale ovviamente perché ancora tra Lega e M5s non si è giunti alla ratifica definitiva e sarà la discussione molto rischiosa in Parlamento a “normare” definitivamente la Manovra anche sul fronte assegni “d’oro”. (agg. di Niccolò Magnani)

RIFORMA PENSIONI, I DATI DELLA CISL

Si è parlato molto degli effetti della riforma delle pensioni con Quota 100 sugli assegni che si andranno effettivamente a incassare e il “Barometro Cisl”, i cui dati sono riportati dal Corriere della Sera, evidenziano che “la perdita sarà maggiore rispetto alla pensione di vecchiaia, quella che si otterrà l’anno prossimo con 67 anni d’età (e 20 di contributi), oscillando da un minimo di circa il 16% a un massimo del 22,3%. Ma l’assegno sarà più leggero anche rispetto al regime attuale di pensione anticipata (nel 2019, 43 anni e 3 mesi di contributi, indipendentemente dall’età; un anno in meno per le donne). In questo caso la perdita andrà dal 3 al 22,3%. E stiamo parlando di riduzioni d’importo sull’assegno netto, cioè tolte le tasse. Sul lordo infatti la perdita è anche maggiore”.

Secondo quanto spiegato da Maurizio Benetti, esperto di previdenza che ha curato lo studio del sindacato di Annamaria Furlan, Quota 100 di fatto è “un canale di uscita riservato ai lavoratori ‘forti’”, che hanno quindi tanti anni di contribuzione alle spalle, in particolare quindi uomini e dipendenti pubblici. “Il massimo vantaggio rispetto alla pensione anticipata (5 anni e 3 mesi) lo ha chi è entrato al lavoro a 23-24 anni” , mentre dai 24-25 anni “il vantaggio va misurato rispetto alla pensione di vecchiaia dato che prima non si hanno i requisiti contributivi per la pensione anticipata. Il vantaggio è decrescente fino ad annullarsi per chi è entrato al lavoro a 28 anni”, viene spiegato ancora nello studio.