Come noto, da giovedì la Cgil ha un secondo candidato per la Segreteria generale: è Vincenzo Colla che si è reso disponibile a rappresentare quella parte di gruppo dirigente che ha accolto con qualche perplessità l’indicazione di Susanna Camusso che porta il nome di Maurizio Landini. Qualcuno lo definisce uno scontro tra apparati; qualcun altro, tra due sensibilità politiche, una più vicina a quel che resta del Pd, l’altra più in orbita populista e a cinque stelle. È giusto questo modo di interpretare questo confronto? Chi scrive ritiene che sia riduttivo, posto che sono questioni di fondo che esistono, ciò che separa Maurizio Landini e Vincenzo Colla è altro.
Sono più di 15 anni, dal 2001, che la Cgil si ritrova piuttosto isolata, nel frattempo è successo di tutto: abbiamo avuto Berlusconi, la Legge Biagi, la crisi economica, il caso Fiat, Monti, la Legge Fornero, Renzi, il Jobs Act. E ora il Governo giallo-verde. Sono questi degli avvenimenti cruciali che si sono consumati senza la Cgil o, meglio, con la Cgil alla finestra. Perché questa non era d’accordo con le scelte che si andavano compiendo e che erano frutto, anche, della mediazione di Cisl e Uil. Certo, la Cgil ha fatto seguire delle azioni di protesta a ogni evento che non condivideva. Ma nulla più.
La sfida che Colla lancia interpreta la convinzione di chi, dentro la Cgil, ritiene soprattutto oggi si debba fare di più per non subire le scelte del decisore politico e per ricostruire un rapporto virtuoso tra economia e società. È possibile? Colla ne è convinto e questa convinzione passa attraverso un nuovo e forte rapporto con Cisl e Uil. Forse, più di ogni cosa, è questa la perplessità che parte del gruppo dirigente ha avuto dinnanzi alla proposta di Maurizio Landini: proprio lui? Quello del caso Fiat? Quello che ha firmato un solo contratto nazionale?
Posto che l’unità sindacale è virtuosa se non è al ribasso – come è stata in questi ultimi anni di poche proposte vere – Colla è un forte assertore dell’unità sindacale fondata sull’innovazione e sullo sviluppo economico: “Non possiamo dire No alla Tav e alle infrastrutture che ci collegano col mondo. Innovazione e protezione sono le facce della stessa medaglia e nella nuova mediazione tra capitale e lavoro i più deboli devono essere difesi e le conoscenze digitali vanno diffuse”. Queste poche parole spiegano la sua visione di sindacato e di economia, se non si lavora per l’innovazione non si lavora per il futuro.
Al di là di ciò che Landini ha detto da candidato alla Segreteria Generale, la sua storia recente – nella Fiom – ci dice che l’ex leader dei metalmeccanici è molto più bravo a opporsi che a costruire. Detto questo, anche opporsi è importante e negli anni che ci aspettano lo sarà molto. A dirla tutta, queste due sensibilità non sono in antitesi tra di loro, ma sono complementari. Quale orientamento prevarrà in Cgil? Lo vedremo tra più o meno un mese, il Congresso di Bari (22-25 gennaio) ci darà la risposta.
Un’ultima considerazione tutt’altro che marginale: la capacità che il gruppo dirigente ha avuto di aprire una discussione così forte dentro la più importante organizzazione sindacale del nostro Paese ci dice non solo che la Cgil vivrà un grande congresso, ma che ha l’opportunità di dare una lezione di democrazia al Paese, sempre che i due candidati si terranno su questo reciproco e forte rispetto. I partiti sono ormai schiacciati sulle posizioni dei loro leader che sono tali in funzione del consenso che hanno tra gli elettori, a scapito ormai delle loro capacità politiche e di visione. La politica non può ridursi alla costruzione/gestione del consenso, per quanto anche questo aspetto sia importante. Colla è meno popolare di Landini e sta sfidando l’organizzazione sul piano delle idee. Questo è il segno che la democrazia nel nostro Paese è ancora viva.
Twitter: @sabella_thinkin