DAMIANO SU ESODATI E APE SOCIAL
In attesa del voto del Senato sulla manovra sembra ormai certo che i dettagli sulla riforma delle pensioni con Quota 100 saranno oggetto di un decreto che arriverà a gennaio. “Se la materia pensionistica verrà tutta inserita in un decreto che il Governo dovrebbe emanare entro metà gennaio, vuol dire che l’Ape sociale non ci sarà nella legge di Bilancio”, evidenzia Cesare Damiano, secondo cui “se si farà un decreto dovrà essere retroattivo e decorrere dal primo gennaio, altrimenti ci sarebbe un vuoto normativo, anche se breve: infatti, l’Ape sociale scade il 31 dicembre prossimo”. Ma oltre alla proroga dell’Ape social, segnale l’ex ministro del Lavoro, “il Governo deve rispondere anche sul tema degli esodati. In quello stesso decreto deve trovare posto la nona salvaguardia”, di cui in effetti non si ha ancora traccia. “In caso contrario alcune migliaia di lavoratori che attendono da molti anni un po’ di giustizia si sentirebbero beffati, soprattutto dopo le troppe promesse di soluzione del problema fatte dal Governo”, dichiara ancora Damiano.
LA CRITICA DI BRAMBILLA
Il Governo ha presentato il maxi emendamento alla manovra, che ha ricevuto la “bollinatura” dalla Ragioneria Generale dello Stato, in Senato, ponendo altresì la fiducia sulla Legge di bilancio. Come noto, Quota 100, misura principale della riforma delle pensioni, sarà oggetto di un decreto che arriverà in un secondo momento, verosimilmente a gennaio. Nella manovra vengono però poste le basi di un blocco dell’indicizzazioni, con progressiva riduzione della stessa, per le pensioni sopra i 1.500 euro al mese. Alberto Brambilla, pur vicino alla Lega, tanto da averne curato il programma nella parte relativa alla prevedenza, è contrario a questo intervento e al taglio delle pensioni d’oro per come è stato improntato. “Le nuove regole sull’indicizzazione delle pensioni e il taglio ai cosiddetti assegni d’oro rischiano di causare un grosso costo alla collettività, trasferendo risorse dal lavoro all’assistenza e incoraggiando l’economia sommersa anziché il senso del dovere”, sono le sue parole riportate da Libero.
PENSIONE ANTICIPATA E BLOCCO PER GLI STATALI
Con la manovra il Governo varerà non solo la riforma delle pensioni con Quota 100, ma anche il blocco delle assunzioni nella Pubblica amministrazione fino a novembre del 2019. Secondo Giovanni Paglia “grillini e leghisti sono riusciti nell’impresa geniale di mettere insieme la pensione anticipata per decine di migliaia di statali e il blocco totale delle assunzioni pubbliche”. Certo per gli statali non sarà possibile andare in pensione prima di ottobre, per via del meccanismo delle finestre e della richiesta di preavviso. Tuttavia, è difficile pensare che eventuali carenze di organico si possano limitare a un solo mese. Bisognerebbe ipotizzare che tutte le assunzioni a tempo indeterminato siano fatte esattamente il primo novembre. “Immagino, ad esempio, come questo inciderà sull’apertura del prossimo anno scolastico, o sulla ricerca, sulla sanità, e così via”, aggiunge il tesoriere nazionale di Sinistra Italiana. C’è tuttavia da segnalare che nella scuola i primi pensionamenti potrebbero esserci addirittura nel settembre del 2020. “Un bel frullato di stupidità europea e di ottusità nostrana da chi è incapace a governare dà questi risultati”, è la conclusione di Paglia.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI COTTARELLI
In un intervento pubblicato su La Stampa, Carlo Cottarelli non è certo tenero nei confronti della manovra frutto del negoziato tra Governo e Commissione europea. “Tria stava negoziando in settembre un defict dell’1,6%. Il governo ha annunciato il 2,4%. L’accordo è stato trovato sul 2%. Cose da mercato rionale, solo che al mercato rionale ce la si sbriga in pochi minuti, non in mesi di negoziazioni e incertezza”. scrive l’ex commissario alla spending review. Dal suo punto di vista “la Commissione può vantare di essere riuscita a ottenere misure aggiuntive per oltre 10 miliardi, e non sono poco, senza rinunciare alla possibilità di riaprire la questione a inizio marzo, quando i conti del 2018 saranno pubblicati. Il governo può vantare di aver mantenuto le due principali misure promesse agli elettori: la controriforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza. Gli stanziamenti iniziali sono stati ridotti: ci viene detto che hanno fatto meglio i calcoli e si sono accorti che servono meno soldi”.
Alla fine, però, “il governo del cambiamento non ha cambiato nulla, tranne forse cambiare idea sulla possibilità, per un Paese ad alto debito come il nostro, di usare la leva della spesa pubblica per sostenere il Pil. Il prolungamento dello status quo nei nostri conti pubblici aumenta però i rischi perché riduce il tempo a disposizione prima che l’economia mondiale ed europea rallenti, prima che il sentimento sui mercati finanziari internazionali si indebolisca, prima che una qualunque spinta recessiva porti a un aumento del rapporto tra il nostro debito pubblico e il Pil, e a una nuova crisi di fiducia”.