PEDRETTI CONTRO QUOTA 100

I sindacati oggi scendono in piazza contro la misura di riforma delle pensioni che prevede il blocco parzial delle indicizzazioni. “Il governo usa i pensionati italiani come un bancomat. È una decisione scellerata e insopportabile perché ancora una volta si mettono le mani nelle tasche di chi ha lavorato duramente per una vita facendogli pagare il conto della manovra economica”, sono le parole dei segretari generali Ivan Pedretti (Spi-Cgil), Gigi Bonfanti (Fnp-Cisl) e Romano Bellissima (Uilp-Uil). Pedretti, poi, intervistato da La Stampa spiega che nelle misure del Governo “non c’è nessuna riforma della Fornero. Con quota 100 si accontenta un pezzo del mondo del lavoro, ma si discriminano le donne, i lavoratori agricoli, del commercio e dell’edilizia. Proprio quelli che hanno una carriera discontinua sono esclusi da quota 100”, misura che “viene finanziata togliendo risorse ad altri pensionati, che hanno sempre pagato tasse e contributi, e senza colpire chi evade il fisco”. “Piuttosto che quota 100, sarebbe stato meglio varare una vera pensione di garanzia per i giovani”, aggiunge il sindacalista.



LE RICHIESTE DI DAMIANO SUL DECRETO

In vista del decreto con cui dovranno essere definiti i dettagli della riforma delle pensioni, Cesare Damiano avverte che occorrerà vigilare sul fatto che venga prevista la retroattività per la proroga dell’Ape social, “perché Quota 100, da sola, può peggiorare la situazione per molti lavoratori. Per chi svolge lavori gravosi e che, pur avendo 62-63 anni di età, non ha totalizzato 38 anni di contributi: soprattutto le donne. Questi lavoratori possono andare in pensione con l’Ape sociale con 36 anni di contributi per le 15 categorie di lavori gravosi e con 30 anni per i disoccupati. Non a caso per accedere all’Ape ci sono state 76.049 domande, delle quali 57.572 relative a disoccupati (75,7%)”. L’ex ministro del Lavoro evidenzia anche che ancora non si sa nulla della nona salvaguardia degli esodati. Quindi, “la battaglia per le pensioni deve continuare, a partire dal ripristino della loro indicizzazione fortemente penalizzata dalle scelte del Governo, adottando nuovamente il sistema di rivalutazione ante 2012”. Per Damiano, “il Pd deve schierarsi al fianco dei sindacati e sostenere le mobilitazioni indette a sostegno di una equa riforma previdenziale”.



TFS AGLI STATALI A 65 ANNI

Entro la metà di gennaio il decreto riguardante riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza dovrebbe vedere la luce. Ci saranno tutti i dettagli su Quota 100, oltre che probabilmente sulla proroga dell’Ape social e di Opzione donna. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, l’esecutivo avrebbe deciso di accantonare l’ipotesi di un prestito ponte bancario per assicurare il Trattamento di fine servizio ai dipendenti pubblici che useranno Quota 100. L’idea, quindi, sarebbe quello di erogare il Tfs solamente a partire dal compimento dei 65 anni di età. Dunque chi andrà in pensione a 62 anni rischia di dover attendere tre anni per poter avere il Tfs. Un’ipotesi migliorativa comunque rispetto a quella che prevedeva di attendere i 67 anni di età. Secondo il quotidiano di Confindustria, “a rimanere ai blocchi di partenza, per costi troppo elevati, dovrebbe essere anche la misura finalizzata ad abbassare per tutti i lavoratori da 2,8 a 2 volte il minimo la pensione conseguibile a 62 anni senza alcuna penalizzazione per i soggetti con il trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo”.



GASPARRI CONTRO IL GOVERNO

Maurizio Gasparri non usa mezzi termini per bocciare la manovra del Governo Lega-M5s anche per quel che riguarda la riforma delle pensioni. “Stanno mentendo agli italiani in modo clamoroso. Per i pensionati la manovra economica comporta un massacro generalizzato. Saranno colpiti ben ventidue milioni di italiani con una rapina di diciassette miliardi di euro”, sono le parole dell’ex ministro, che aggiunge: “Altro che misure sulle pensioni d’oro, il danno si estende anche a pensioni medio-basse è trasferirà risorse ingenti sullo spreco assistenzialista per il mini-reddito di cittadinanza che riguarderà, al massimo, quattro-cinquecentomila persone al posto dei cinque milioni di italiani di cui parla Di Maio. Siamo di fronte a una rapina, a un inganno”. Gasparri ne ha anche per i media: “Non possono andare nelle televisioni a dire che i pensionati non saranno toccati. Diffidiamo anche i responsabili dell’informazione dal divulgare notizie false e agiremo anche nelle sedi competenti a tal fine. Ribadiamo che togliere diciassette miliardi di euro a ventidue milioni di pensionati vuol dire fare macelleria sociale e non interventi di equità”.

BLOCCO INDICIZZAZIONI VALE 3,6 MILIARDI

La misura di riforma delle pensioni che bloccherà l’indicizzazione degli assegni a partire da circa 1.500 euro al mese continua a far discutere. “Una fake news al giorno, che viene diffusa per propaganda. Anche il 24 dicembre, in un video, Matteo Salvini aveva promesso che con la Legge di Bilancio non ci sarebbero stati tagli alle pensioni, promettendo la diffusione delle tabelle come dimostrazione. Ebbene, proprio le tabelle, con i numeri veri non le parole inventate, svelano senza possibilità di smentita che non solo viene bloccata la rivoluzione sulla base dell’inflazione, ma c’è anche la riduzione per i pensionati con un assegno superiore a 1.500 euro”, sono le parole di Giuseppe Civati, fondatore di Possibile, che ha ripreso l’analisi della campagna di controinformazione Antivirus, coordinata da Marco Vassalotti. È molto probabile che con la ripresa dell’attività parlamentare, e l’approdo della Legge di bilancio alla Camera, le polemiche su questa misura, che colpisce anche i pensionati con assegni di importo certo non elevato, continueranno a essere forti.

BLOCCO INDICIZZAZIONI VALE 3,6 MILIARDI

I sindacati si preparano alla mobilitazione in questi giorni di festa. Pur essendo favorevoli a una riforma delle pensioni, Cgil, Cisl e Uil non possono accettare che la manovra intervenga sulle rivalutazioni degli assegni in essere, penalizzando anche quelli di importo medio-basso. Come spiega Repubblica, la misura decisa dal Governo, che riguarderà i pensionati che percepiscono più di 1.500 euro al mese, frutterà “3,6 miliardi al lordo delle tasse nel triennio 2019-2021 e ben 17 miliardi nel decennio 2019-2028”. Numeri che derivano dalla relazione tecnica alla Legge di bilancio. Secondo quanto riporta Il Messaggero, concretamente i pensionati interessati dalla misura, circa 22 milioni, dovranno fare i conti con una riduzione dell’assegno tra i 65 e i 325 euro l’anno. Patrizia Volponi, Segretaria nazionale Fnp-Cisl fa sapere che “il governo non può pensare di fare cassa con i pensionati. Parliamo di 22 milioni di persone. La grande maggioranza non avrà nulla o quasi. Non si tratta di spiccioli. A una pensione da 3 mila euro lordi mancheranno 390 euro, cioè 260 netti, all’anno”.

RIFORMA PENSIONI, ATTESA PER L’ADV

Riprende oggi l’iter parlamentare della Legge di bilancio, che approda alla Camera dopo l’approvazione seguita alla lunga attesa per il maxi emendamento al Senato. Un’attesa che in tema di riforma delle pensioni non è servita a sciogliere tutti i dubbi sugli interventi che verranno apportati dall’esecutivo. Nella manovra, infatti, vi sono di fatto solamente gli stanziamenti per i prossimi tre anni delle risorse necessarie ai provvedimenti principali come la Quota 100, ma già la sua precisa formulazione è rimandata a un decreto che dovrebbe essere messo a punto, stando a quanto comunicato da esponenti della maggioranza, entro la prima metà di gennaio. Oltre a essere quel decreto un momento importante per la proroga di Opzione donna, dell’Ape social e per un provvedimento atteso dai circa 6.000 esodati ancora privi di salvaguardia, si saprà con certezza se vi sarà o meno il blocco del requisito per l’accesso alla pensione di anzianità a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne).

Infatti, a partire dal 1° gennaio scatterà un aumento di 5 mesi dei requisiti pensionistici che porterà l’età pensionabile a 67 anni e porterà il requisito contributo per la pensione anticipata a 43 anni e 3 mesi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Il Governo aveva promesso il blocco dell’aumento dovuto all’aspettativa di vita quanto meno per le pensioni di anzianità, ma per il provvedimento ad hoc sembra che bisognerà aspettare il decreto di cui sopra. Saranno in molti, specie tra i lavoratori precoci, ad attendere una conferma su questa promessa fatta dall’esecutivo.