QUOTA 100, IPOTESI DI FINESTRA SEMESTRALE

Martedì Giuseppe Conte vedrà Jean-Claude Juncker per continuare la trattativa sulla manovra finalizzata a evitare la procedura di infrazione per il nostro Paese. Matteo Salvini e Luigi Di Maio non sembrano disposti a concedere un taglio del deficit che vada sotto il 2% del Pil. In ogni caso la riforma delle pensioni con Quota 100 e il reddito di cittadinanza dovranno essere rivisti. Per questo si attendono anche i risultati delle simulazioni che i tecnici di Mef e Inps stanno compiendo per cercare di capire qual è il reale costo delle misure. Secondo quanto riporta Repubblica, una delle ipotesi sul tappeto per cercare di ridurre la spesa per Quota 100 sarebbe quella di introdurre finestre semestrali, anziché trimestrali, per l’accesso alla pensione. Il che vorrebbe dire che chi al 1° gennaio 2019 ha già i requisiti richiesti da Quota 100 dovrebbe aspettare il giugno prima di poter andare in pensione. E per un dipendente pubblico l’attesa potrebbe essere persino più lunga. Tuttavia, ricorda lo stesso quotidiano romano, essendoci le elezioni a maggio i leader di Lega e M5s potrebbero non volere un’attesa così lunga.



GHISELLI SU QUOTA 100 E QUOTA 41

Intervistato da RadioArticolo1, Roberto Ghiselli ha fatto il punto sulla riforma delle pensioni che il Governo si appresta a presentare, cominciando dall’osservare che “è probabile che nel 2019 saranno molto pochi i lavoratori che potranno andare a riposo quota 100”. Il Segretario confederale della Cgil ha evidenziato anche che la proposta del Governo “non parla alle donne, alle piccole imprese, al Sud, a chi ha lavori discontinui, e deboli, ai giovani e a chi svolge lavori gravosi e usuranti”. Rispetto all’obiettivo dichiarato di arrivare a Quota 41, il sindacalista ha spiegato di essere “d’accordo sul fatto che dopo 41 anni di lavoro si vada in pensione, ma spacciare questo come superamento della Fornero è troppo, è un vero e proprio bluff. Tra l’altro, è già difficile arrivare ai 38 anni di lavoro previsti per arrivare a quota 100, figuriamoci ai 41”. Ghiselli ha anche chiesto al Governo di varare la proroga dell’Ape social utilizzando le risorse avanzate rispetto a quelle stanziate lo scorso anno, “a meno che il governo non voglia fare una sorta di cassa occulta sull’Ape e quindi mettere a risparmio quei soldi. Il che sarebbe davvero inopportuno”.



BRUTTA SORPRESA PER CHI LAVORA NELLA SCUOLA

La riforma delle pensioni con Quota 100 potrebbe portare una brutta sorpresa per chi lavora nella scuola. Come noto, infatti, il Governo intende fare in modo che i dipendenti pubblici debbano presentare un preavviso di tre mesi prima di poter presentare domanda di pensione. E nella scuola esiste un calendario diverso dagli altri comparti che prevede il pensionamento a partire dal 1° settembre. Come evidenzia Il Sole 24 Ore, quindi, chi maturerà i requisiti prima del 31 marzo 2019 potrà andare in pensione a settembre 2019, mentre chi maturerà i requisiti dopo dovrà aspettare fino a settembre del 2020. Del resto se si considera che nel settore pubblico bisognerebbe attendere sei mesi per il pensionamento si capisce bene che il 31 marzo rappresenta una soglia importante, che rischia anche di creare delle serie disparità di trattamento tra persone nate nello stesso anno, ma in mesi diversi. Se infatti al 31 marzo non si saranno compiuti 62 anni, non sarà possibile utilizzare Quota 100 nel 2019. Tra l’altro questa situazione potrebbe verificarsi anche per Opzione donna e le altre modalità di pensionamento.



ELSA FORNERO CRITICA IL GOVERNO

Mentre Claudio Durigon ribadisce che “non c’e’ nessun paletto che sposti in avanti quota 100” e Giancarlo Giorgetti chiarisce che la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza si faranno per rispettare il mandato elettorale, Elsa Fornero attacca l’esecutivo. “Nessuna riforma è perfetta, ma ciò che è distruttivo di questo Governo è la svendita di illusioni sulle pensioni, come se il passato potesse tornare perché uno di loro butta il petto in fuori e dice ‘ci penso io’”, sono le parole su Quota 100 dette dall’ex ministra del Lavoro durante la presentazione del suo libro “Chi ha paura delle riforme” che si è tenuta al Collegio Carlo Alberto di Torino. Secondo quanto riporta Askanews, la Fornero ha aggiunto che a suo modo di vedere “questo governo non ha nessuna cognizione del calo demografico dell’Italia e non si chiede se ripristinare un diritto mette a rischio i diritti dei più giovani”. “Se fai una riforma delle pensioni non è per negare questo diritto, ma è per far sì che le pensioni siano un diritto anche per le generazioni future. I governi populisti invece si limitano all’oggi”, ha evidenziato.

LE DIFFERENZE TRA PUBBLICO E PRIVATO

Mentre Luigi Di Maio conferma che la riforma delle pensioni con Quota 100 si farà, insieme alla proroga di Opzione donna, dall’Inps arrivano dei dati sugli assegni pensionistici che segnalano come per gli ex dipendenti pubblici maschi l’importo mensile delle pensioni di vecchiaia liquidate nel 2017 sia stato pari a più di 2.400 euro, contro i circa 1.170 di chi ha lavorato nel settore privato. L’importo scende a 1.142 euro per i parasubordinati e a 858 euro per gli autonomi. Questo, come detto, per gli uomini, perché la situazione per le donne è decisamente peggiore, con importi largamente sotto i 1.000 euro, eccezion fatta per quante hanno lavorato per lo Stato. In quest’ultimo caso, infatti, l’importo medio mensile è di circa 1.750 euro. Tra le ex dipendenti private, invece, si sfiorano gli 860 euro, mentre le ex autonome non arrivano a 630 euro. Differenze sensibili, ma meno nette, tra settore pubblico e privato si vedono anche nelle pensioni di anzianità: gli uomini ex dipendenti pubblici portano infatti a casa quasi 3.100 euro, contro i 2.450 di chi lavorava nel privato.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DURIGON

Claudio Durigon, in un’intervista al Messaggero, spiega che il provvedimento sulla riforma delle pensioni 2019 con Quota 100 è sostanzialmente pronto e che i requisiti richiesti per l’ingresso in quiescenza sono quelli di cui si parla da tempo: almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Chi nel settore privato “ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre del 2018, riceverà la prima pensione ad aprile del prossimo anno”, mentre per quanto riguarda i dipendenti pubblici bisognerà attendere fino a ottobre, evidenzia il sottosegretario al Lavoro, che chiarisce anche che nel comparto pubblico, “oltre alla finestra trimestrale, stiamo ragionando su un preavviso di sei mesi per consentire al ministro della Funzione pubblica, Giulia Bongiorno, di svolgere i concorsi pubblici necessari a sostituire il personale che lascerà il lavoro. Vanno evitate carenze di lavoratori nella Pubblica amministrazione”.

L’ex sindacalista ribadisce anche un concetto già espresso nei giorni scorsi: i fondi stanziati sono più che sufficienti a coprire il costo delle misure, tanto che potrebbero avanzare, nel 2019, 2 miliardi di euro. Inoltre, dal 2022 ci sarà Quota 41, per la quale ci sarà “un provvedimento successivo” rispetto a quello relativo a Quota 100, di modo che “avremo l’opportunità anche di vedere come si sono scaricate le platee di Quota 100 per decidere se le due modalità di uscita possano coesistere. O magari limitare in futuro Quota 100 solo alle categorie speciali”. Durigon annuncia anche che ci sarà la pace contributiva, con la quale verrà anche data la possibilità “alle imprese di allungare i termini di pagamento delle cartelle contributive”.