Il 4 marzo si avvicina inesorabilmente. In quest’ultimo mese, quindi, ogni dato che parla di lavoro ed economia sarà, più del solito, oggetto di battaglia politica. Cosa ci racconta, in questo contesto, il periodico rapporto dell’Istat sugli occupati, e i disoccupati ovviamente, nel nostro Paese? Intanto una buona notizia: ci sono meno disoccupati. La stima, infatti, delle persone in cerca di occupazione a dicembre diminuisce per il quinto mese consecutivo (-1,7%, -47 mila). La discesa della disoccupazione interessa donne e uomini e si distribuisce tra tutte le classi di età, a eccezione dei 25-34enni. Il tasso di disoccupazione si attesta, complessivamente, al 10,8% (-0,1 punti percentuali rispetto a novembre), mentre quello giovanile scende al 32,2% (-0,2 punti).



Tuttavia, miracoli della statistica, dopo la crescita del mese scorso a dicembre 2017 anche la stima degli occupati diminuisce dello 0,3% (-66 mila), tornando al livello di ottobre. Il tasso di occupazione scende, così, al 58,0% (-0,2 punti percentuali). Il calo dell’occupazione nell’ultimo mese interessa, anche in questo caso, entrambe le componenti di genere e tutte le classi di età, a eccezione degli over 50. Risultano in diminuzione i lavoratori dipendenti, sia a tempo indeterminato che determinato, mentre rimangono stabili i lavoratori autonomi.



Allo stesso tempo, dopo la diminuzione del mese scorso, a dicembre la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni cresce dello 0,8% (+112 mila). L’aumento interessa entrambe le componenti di genere e tutte le classi di età. A fine anno, quindi, il tasso di inattività sale a ben il 34,8% (+0,3 punti percentuali). Su base annua si conferma l’aumento degli occupati (+0,8%, +173 mila) sia per le donne che per gli uomini. La crescita, tuttavia, come noto si concentra tra i lavoratori “precari” a termine (+303 mila), mentre calano i lavoratori autonomi (-105 mila) e in misura minore i lavoratori a tempo indeterminato (-25 mila) con tutele più o meno crescenti.



Aumentano soprattutto gli occupati over 50 (+365 mila), grazie o per colpa della “Fornero”, ma anche i 15-24enni (+42 mila), mentre calano i 25-49enni (-234 mila). Nello stesso periodo diminuiscono, quindi, i disoccupati (-8,9%, -273 mila) e crescono, ahimè, gli inattivi (+0,3%, +34 mila).

I dati, insomma, ci descrivono un mercato del lavoro, ancora, con molte sfumature. In questo contesto si inseriscono, o almeno dovrebbero, le proposte dei partiti in materia con l’auspicio che, da tutte le parti, non ci si limiti a un banale, e inutile per il Paese, referendum sul Jobs Act renziano.