La legge n. 81 del 22 maggio 2017, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, ha previsto che l’aliquota contributiva per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa sia pari al 34,23%, di cui un terzo (pari al 11,41%) a carico del lavoratore. Per i contratti di lavoro dipendente la contribuzione a carico del lavoratore è pari invece al 9,19%.
Il progressivo aumento dell’aliquota contributiva per i collaboratori che versano nella Gestione Separata è stato previsto più di dieci anni fa e le percentuali sono state di volta in volta implementate nel corso del tempo. Per esempio, lo scorso anno è stata resa strutturale la Dis-Coll (ammortizzatore sociale che prevede un’indennità di disoccupazione in favore dei collaboratori che hanno perso involontariamente il lavoro), in precedenza finanziata dalla fiscalità generale, che invece dal 2017 viene alimentata da un’aliquota contributiva aggiuntiva dello 0,51%.
L’aumento della contribuzione per queste tipologie contrattuali atipiche è sempre stata accolta con gran favore dalle organizzazioni sindacali, in quanto attraverso l’innalzamento del versamento Inps si riduceva il pericolo di dumping contrattuale, normativo ed economico tra il lavoro parasubordinato e quello dipendente. Al netto dei vincoli di carattere legislativo sulla possibilità di assumere genuinamente o impropriamente un lavoratore con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, quest’ultimo risulta economicamente conveniente all’impresa in quanto non coperto dalla contrattazione collettiva nazionale ed escluso da alcune coperture previste dalla legge per i lavoratori dipendenti (per esempio, il Trattamento di fine rapporto).
Solo negli ultimi anni la contrattazione nel mondo atipico ha iniziato a consolidarsi, anche grazie agli spazi offerti dalle disposizioni legislative. Attraverso il negoziato, in particolare in quei settori dove le figure professionali erano e sono particolarmente precarie (call center su tutti), sono state introdotte tutele aggiuntive, per provare a ridurre il gap con il lavoro dipendente. In questo sforzo finalizzato a evitare la separazione tra lavoratori di serie A e serie B, a livello contributivo i collaboratori hanno superato la percentuale di versamento dei lavoratori dipendenti.
A questo punto appare necessario introdurre due modifiche sostanziali. La prima consiste nel rivedere la ripartizione dell’aliquota contributiva tra quota a carico del collaboratore e committente, al fine di non danneggiare il compenso netto del lavoratore e mantenere una certa equità rispetto al lavoro dipendente. La seconda modifica consiste nell’implementare le prestazioni e le tutele previste all’interno della Gestione Separata Inps, in cui versano appunto anche i lavoratori parasubordinati. Gli avanzi degli esercizi precedenti e l’aumento del gettito contributivo non giustificano più il basso numero di prestazioni e il modesto valore economico delle stesse.
Il problema quindi non è l’alta aliquota contributiva di versamento Inps, anzi, questa è funzionale a evitare forme di abuso contrattuale, quanto invece l’eccessivo aggravio della stessa sul collaboratore, se consideriamo infine che lo stesso lavoratore beneficia in misura molto residuale delle tutele e prestazioni previdenziali e assistenziali erogate dalla Gestione separata. In questo contesto come Felsa-Cisl siamo costantemente impegnati nel rafforzare attraverso i diversi ambiti di negoziato la parità contrattuale tra dipendenti e parasubordinati, ribadendo anche al nuovo Esecutivo che andrà a costituirsi dopo il 4 marzo la priorità di proseguire la riforma della Gestione separata, garantendo oltre al cumulo dei versamenti con il fondo pensione lavoratori dipendenti e il consolidamento strutturale della Dis-Coll, anche l’introduzione dell’automatismo della prestazione e l’estensione della prestazione di malattia e maternità sia in termini economici che di accesso.