Il 2017 è stato “l’anno zero” per l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) istituito nell’ambito e in attuazione del Jobs Act. L’Inl è divenuto, infatti, operativo proprio lo scorso anno e nei giorni scorsi ha presentato il Rapporto annuale sull’attività svolta, da parte del personale ispettivo proveniente dal ministero del Lavoro, dall’Inps e dall’Inail. Ad avviso del capo dell’Ispettorato, Paolo Pennesi, l’Agenzia, nel 2017, ha compiuto “un elevato e qualificato presidio del territorio”. Il fatto che le imprese ispezionate (160.347) siano in numero minore (-16%) di quello registrato l’anno precedente dall’insieme degli interventi svolti in maniera separata da ciascun ente non deve indurre a considerazioni di carattere negativo (anche se vanno messi in conto i tempi e le iniziative dedicati all’avvio delle operazioni e all’attività formativa), perché vi sarebbe stato un abbattimento del fenomeno della sovrapposizione degli interventi ispettivi che creavano tanti problemi alle imprese. Certo, saremmo più convinti di questo esito se oltre a essere scritto nel Rapporto, fosse pure corredato di dati statistici. Ma facciamo pure a fidarci. 



Un altro errore da evitare è quello di attribuire all’intero sistema produttivo e dei servizi i tassi di irregolarità riscontrati nelle imprese soggette ad accesso. Le aziende irregolari accertate nel 2017 sono state più di 103mila pari al 65% di quelle ispezionate. Pertanto due aziende su tre si sono trovate in una situazione di irregolarità. Il che dovrebbe significare che è stata appropriata quella che chiamano l’attività di intelligence ovvero l’individuazione dei settori, dei territori e delle imprese su cui concentrare l’impegno ispettivo, giacché non avrebbe molto senso accanirsi contro aziende in regola, con dispersione di risorse amministrative e con intralcio al corretto funzionamento produttivo. 



Un altro dato a conferma del miglioramento della programmazione ispettiva emerge dal numero di lavoratori trovati in condizione di irregolarità, pari a 252.659 con un incremento del 36% rispetto al 2016. Anche in questo caso occorre riconoscere il diverso grado di irregolarità accertata, essendo solo 48.073 i lavoratori in nero (peraltro in diminuzione rispetto all’anno precedente). In sostanza: con riferimento alle ditte “visitate”, un lavoratore irregolare su cinque è totalmente in nero; per ogni due aziende irregolari è stata accertato l’impiego di un lavoratore totalmente in nero. L’ammontare dei contributi e premi evasi ora recuperati – tutto sommato in linea con quello del 2016 – risulta pari a 1,1 miliardi. 



Va da sé che questi numeri e importi impallidiscono se confrontati con quelli attribuiti all’evasione contributiva dalle stime ufficiali. Ciò dimostra almeno due aspetti da tenere sempre presenti: da un lato, la grande difficoltà nel condurre e vincere la lotta all’evasione; dall’altro, una probabile tendenza a sparare cifre grosse a proposito del fenomeno, mentre sarebbe più utile usare una maggiore prudenza, a partire dalle istituzioni abilitate a fornire statistiche ufficiali. Sono poi da segnalare oltre 20mila accertamenti ispettivi in materia di cig, patronati, contratti di solidarietà, ecc. che portano a 180.464 le ispezioni e gli accertamenti ispettivi eseguiti l’anno scorso. 

Nel Rapporto è contenuta una classificazione più articolata degli accessi che si suddividono come segue: 122.240 per attività di vigilanza in materia di lavoro (tassi di irregolarità pari al 60%); 24.291 in materia previdenziale (tassi di irregolarità pari al 77%); 13.816 come vigilanza assicurativa (tassi di irregolarità dell’89%). Premesso che per effettuare delle valutazioni compiute sarebbe necessario fare riferimento al numero degli accessi e dei lavoratori occupati nelle aziende interessate, nonché alle differenti tipologie di irregolarità, riteniamo opportuno concentrare ugualmente l’attenzione sulla “distribuzione” del lavoro sommerso accertato per quanto riguarda i settori e il territorio. 

I dati della vigilanza certificano che, nell’ambito del lavoro irregolare, quello sommerso è pari al 44% (in pratica quasi un lavoratore su due irregolari). Considerando invece il numero di aziende in cui si sono riscontrate irregolarità, è stata riscontrata la presenza di un lavoratore in nero nel 53% di esse. Il maggior numero di lavoratori “sommersi” si è scoperto nel settore “servizi di alloggio e ristorazione”, seguito da edilizia, attività manifatturiere e commercio. Le regioni in cui è più diffuso il fenomeno sono nell’ordine la Campania, la Puglia, il Lazio, la Toscana, la Lombardia e l’Emilia Romagna. Significativi anche i dati del sommerso in agricoltura (50% degli accertamenti) e nelle attività artistiche, sportive e intrattenimento (57,7%). 

Il Rapporto contiene, poi, alcune indagini specifiche. Sul fenomeno del “caporalato”, ad esempio, con riferimento particolare al settore agricolo. Nel corso del 2017, le ispezioni in agricoltura sono state 7.265, nel corso delle quali sono risultati irregolari 5.222 lavoratori: 3.549 in nero e tra questi 203 extracomunitari privi di permesso di soggiorno. Nel settore dell’autotrasporto le irregolarità (in materia di orario di lavoro, tempi di guida) hanno coinvolto 10.733 lavoratori di cui 1.117 in nero e sei clandestini. Interessante è notare il numero degli interventi per quanto riguarda la corretta qualificazione dei rapporti di lavoro e la conseguente riqualificazione riferita a 5.268 lavoratori in prevalenza occupati nell’ambito della sanità e dell’assistenza sociale. Le violazioni, in questo caso, sono state accertate soprattutto nelle regioni del Centro-Nord. Fattispecie illecite nel numero di 9.895 lavoratori sono state accertate nel novero delle esternalizzazioni fittizie. 

Sempre nel 2017 su di un totale di 3.317 cooperative ispezionate, ben 1.826 sono risultate irregolari con 16.838 dipendenti anche essi irregolari di cui 1.444 in nero. Da sottolineare anche la diffusione di “contratti pirata” applicati in 360 cooperative. I servizi ispettivi hanno scovato 1.227 extracomunitari privi di permesso di soggiorno (attività manifatturiere, agricoltura, ristorazione, commercio, costruzioni). Persino 220 casi di illecito hanno riguardato il lavoro dei minori prevalentemente nell’ambito del terziario. Per non parlare, in conclusione, delle 641 fattispecie illegittime riguardanti le lavoratrici madri (anche in questo caso soprattutto nel terziario). La vigilanza in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ha interessato 22.611 aziende, dove sono state sanzionate 36.263 violazioni prevenzionistiche (in particolare relative alla caduta dall’alto e quindi nel settore delle costruzioni) di cui 28.364 di carattere penale (circa 10mila delle quali ritenute gravi al punto di non consentire l’emissione del Durc) e 7.899 amministrative. 

Con riferimento alle violazioni di obblighi contenuti nel testo unico del 2008 si evidenzia – è la laconica conclusione – che “la non ottemperanza agli obblighi in materia di sorveglianza sanitaria, formazione e informazione e valutazione dei rischi costituisce l’87% del totale”. Non è di consolazione che questa ragguardevole percentuale riguardi le aziende oggetto di attività ispettiva.