Mentre la Germania avanza con la sperimentazione delle 28 ore nel settore metalmeccanico, in Italia si torna ancora indietro all’articolo 18. Brevemente, un accordo sindacale siglato da Acea – l’ex municipalizzata romana dell’acqua e dell’energia – crea un caso perché in un punto (il 22esimo su 40) prevede che nei confronti del personale in servizio col contratto a tutele crescenti o che verrà assunto «saranno garantite le tutele previste dall’articolo 18 della legge 300 del 1970, come modificato dalla legge 92 del 2012» cioè la riforma Fornero. Mentre la Cgil esulta per l’accordo che «abolisce le norme del Jobs Act», Confindustria ne resta spiazzata, accusando – non a torto – «l’ingerenza indebita della politica».



Tuttavia, mentre in Italia si ritorna indietro nel tempo, in Germania ci si proietta nel nuovo mondo, tale è la portata della novità delle 28 ore. Vero, si resta ancora in un ambito ristretto; ma la novità è destinata – proprio perché giunge dalla Germania – a contaminare i singoli Stati membri. Come si diceva tempo fa su queste pagine, la rivoluzione dell’orario di lavoro è questione che si incrocia con quella più ampia della fabbrica intelligente, dell’Industry4.0. La storia tutta è segnata dai cambiamenti dell’industria. Si pensi a cosa ha dato seguito la macchina a vapore nell’800: è nato il sistema di fabbrica e, con esso, il modello taylorista delle 8 ore. Ma non cambiavano soltanto le regole del lavoro, cambiava la vita delle persone che si spostavano dalla campagna alla città trovando nelle famose tre 8 (8 ore di lavoro, 8 ore di libertà, 8 ore di sonno) un nuovo stile di vita che precedentemente vedeva la massa delle persone alle dipendenze del latifondista senza regola alcuna che ne disciplinasse il rapporto. È proprio il sistema di fabbrica che dà vita alle Trade Unions e, quindi, ai contratti di lavoro.



Oggi, la rivoluzione digitale è già presente all’interno dei luoghi di lavoro e anche nel nostro Paese ci sono imprese che si stanno innovando in un modo interessante; non a caso il nostro made in Italy continua a essere competitivo nel mondo. È chiaro che il digitale, com’è stato per la macchina a vapore, stravolgerà non solo l’organizzazione del lavoro, ma anche la vita delle persone. E uno dei grandi pilastri che sarà sconvolto è proprio quello dell’orario di lavoro e dell’organizzazione del lavoro concepita secondo l’orario. Le otto ore giornaliere sono un feticcio della fabbrica fordista, della grande macchina della produzione (la catena di montaggio). Il luogo di lavoro chiede oggi sempre più intelligenza, ruolo attivo del lavoratore; e, quindi, competenze.



La competenza del lavoratore diverrà col tempo il cardine della regolazione dei rapporti di lavoro. Certo, per i profili “alti” lo è già; tuttavia, la trasformazione dell’economia renderà la competenza il criterio base non solo della selezione delle persone, ma anche dell’organizzazione del lavoro medesima. Non mancano nel frattempo casi che possono fare da apripista, si iniziano infatti a registrare nuove modalità organizzative che vanno a ridisegnare il rapporto impresa-lavoratore e a introdurre, anche, elementi fondamentali di smart working e di work-life balance.

La conciliazione dei tempi di vita di lavoro è ciò che spinge a trovare nuove formule. La vita delle persone viene prima di tutto, i tedeschi ce lo stanno dimostrando.

Twitter: @sabella_thinkin