M5S E LEGA, IL DUBBIO CHE RESTA AI PRECOCI
Ancora non si sa se si riuscirà ad arrivare alla formazione di un Governo e chi vi farà parte. I lavoratori precoci seguono comunque con attenzione l’evolversi della situazione, perché vorrebbero capire quale potrebbe essere il programma dell’esecutivo in tema di pensioni. Non piace l’idea della Lega di puntare tutto sul contributivo con Quota 100 e Quota 41 al posto della Legge Fornero. Infatti, il sistema contributivo porterebbe a un assegno più basso rispetto a quello che viene calcolato attualmente con il sistema misto. D’altra parte il Movimento 5 Stelle non ha chiarito qual è la sua posizione sul tema, cioè sul tipo di sistema di calcolo dell’assegno, e in quanto tempo cambierebbe la Legge Fornero per introdurre Quota 41. Dunque bisognerà armarsi di pazienza e attendere anche dichiarazioni più chiare da parte degli esponenti politici.
IL RICHIAMO ALLA RITA ENTRO FINE MARZO
Entro la fine di marzo i gestori dei fondi pensione (negoziali, aperti e pip) dovranno inviare agli iscritti l’informativa annuale. Come ricorda il sito di Ipsoa, infatti, dopo il rinvio al 31 maggio consentito l’anno scorso per adeguarsi alle disposizioni della Covip entrate in vigore all’inizio del 2017, la scadenza è tornata quella originaria. Ma ci sarà una novità. “La comunicazione periodica annuale rappresenta un ‘estratto conto’ della posizione di previdenza complementare, che deve contenere anche un richiamo alla Rita, la nuova rendita integrativa temporanea anticipata”. Dunque gli iscritti ai fondi pensione verranno informati su questo strumento che in casi particolari consente anche di avere una forma di anticipo pensionistico fino a 5 anni dalla maturazione dei requisiti necessari all’ingresso in quiescenza.
DAMIANO: CAMBIARE LA LEGGE FORNERO, PASSIAMO AI FATTI
Cesare Damiano dà ragione al Presidente di Confcooperative Maurizio Gardini: occorre correggere la Legge Fornero mettendo in discussione l’età in cui si esce dal mercato del lavoro. E l’ex ministro del Lavoro, visto che in campagna elettorale non sono mancate promesse di cancellazione della riforma delle pensioni del 2011, chiede ora che si passi dalle parole ai fatti. Damiano non ha dubbi su cosa occorra fare nella nuova legislatura: “rendere strutturale l’anticipo pensionistico a 63 anni (che scade alla fine del 2018) e andare oltre le 15 categorie dei lavori pesanti che beneficiano della normativa; risolvere definitivamente il problema degli ‘esodati’ con una nona salvaguardia; proseguire la sperimentazione di Opzione Donna; rendere possibile l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi e indipendentemente dall’età, cancellando gli attuali paletti previsti dall’Ape”.
PROIETTI RICORDA L’IMPORTANZA DELL’ISOPENSIONE
Domenico Proietti commenta positivamente l’accordo sui 1.100 prepensionamenti raggiunto a Leonardo, ex Finmeccanica. Il Segretario confederale della Uil in una nota spiega infatti che tale intesa “va nella giusta direzione per continuare a reintrodurre una flessibilità di accesso alla pensione intorno ai 63 anni”, obiettivo che il sindacato ha ribadito come importante nei giorni scorsi. Per l’accordo a Leonardo è stata utilizzata l’isopensione prevista dalla Legge Fornero e Proietti ricorda che nell’ultima Legge di bilancio tale strumento “è stato potenziato per il triennio 2018-20, consentendo un’uscita anticipata fino a 7 anni”. Dunque si tratta di una misura “da utilizzare e che insieme all’Ape sociale, aziendale e all’Anticipo pensionistico per 15 categorie di lavoratori gravosi, reintroduce principi di flessibilità nel sistema previdenziale, tutelando i lavoratori”.
LAVORO DI CURA, IL DIBATTITO APERTO DAL CODS
Da tempo il Comitato Opzione donna social si batte perché venga riconosciuto, ai fini previdenziali, il lavoro di cura svolto da tante donne all’interno dell’ambito familiare. Per questo Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato, ha deciso di aprire un dibattito su quanto ha scritto Gilberto Turati su Rassegna Sindacale: “Ci sono almeno due ragioni oggettive per spiegare il malcontento nei confronti dell’attuale modello corporativo dello Stato sociale italiano: la prima ragione è la demografia, la seconda il mutamento del ruolo delle donne e della famiglia come soggetto auto-produttore di alcuni servizi di welfare. Entrambe le ragioni chiedono un mutamento della domanda di coperture, pensate per una struttura sociale che oggi non c’è più”. Sembra evidente nelle parole di Turati il riferimento proprio ai quei lavori di cura che andrebbero valorizzati.
L’ERRORE NEL SIMULATORE DELL’APE
Appena subito dopo il lancio, il Sole 24 Ore aveva segnalato dei problemi al simulatore dell’Ape volontario predisposto dall’Inps sul proprio sito. In particolare il fatto che si chiede e si fornisce come dato quello della pensione lorda, senza mai indicare quella netta, sicuramente più importante per l’aspirante pensionando. Tuttavia sembra che ci siano altri errori, “in particolare, il sistema di calcolo degli interessi non è allineato a quanto indicato negli accordi quadro tra i ministeri dell’Economia e del Lavoro da una parte e Ania e Abi dall’altra”. La conseguenza è che “il costo complessivo dell’operazione indicato nel simulatore è più elevato di circa lo 0,5 per cento”, segnala il quotidiano di Confindustria. Sicuramente si procederà a una correzione, dato che la segnalazione è arrivata dai tecnici che hanno curato il dossier Ape per la Presidenza del Consiglio dei ministri.
IL FOCUS CENSIS CONFCOOPERATIVE
Entro il 2050 in Italia potrebbero esserci 5,7 milioni di poveri in più tra i pensionati. “Il ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, la discontinuità contributiva, la debole dinamica retributiva che caratterizza molte attività lavorative rappresentano un pericoloso mix di fattori che proietta uno scenario preoccupante sul futuro previdenziale e la tenuta sociale del Paese”, mette in evidenza il focus Censis Confcooperative “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?”. Già oggi, il confronto fra la pensione di un padre e quella prevedibile del proprio figlio segnala una decisa divaricazione del 14,6%, ma la situazione sembra destinata a peggiorare. Ci sono infatti oltre 3 milioni di Neet e 2,7 milioni di lavoratori, tra working poor e occupati impegnati in “lavori gabbia” confinati in attività non qualificate dalle quali, una volta entrati, è difficile uscire e che obbligano a una bassa intensità lavorativa pregiudicando le aspettative di reddito e di crescita professionale.
La situazione rischia di essere poi ancora più grave al Sud. Anche solo guardando al fenomeno dei Neet, nella fascia 25-34 anni (totale 2 milioni), i giovani che non lavorano e non studiano che vivono nelle sei regioni del Sud sono oltre la metà, ben 1,1 milioni, di cui 700mila circa concentrati in sole due regioni: Sicilia (317mila) e Campania (361mila). “Lavoro e povertà sono due emergenze sulle quali chiediamo al futuro governo di impegnarsi con determinazione per un patto intergenerazionale che garantisca ai figli le stesse opportunità dei padri”, sono le parole di Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, a commento di questi dati.