Sgombriamo subito il campo dagli equivoci, nessuno sta mettendo in dubbio la necessità in Italia di uno strumento di tutela di base in grado di permettere la sussistenza a quei nuclei familiari (anche di un singolo componente) in stato di bisogno. Di certo l’introduzione, o meglio, il rafforzamento del Reddito di inclusione (Rei), solo per fare un esempio, potrebbe incrementare il salario minimo di riserva per alcuni soggetti sfavorendo la disponibilità di manodopera per lavori nel sommerso (previa la minaccia di perdere il sussidio). Inoltre, potrebbe garantire la mobilità occupazionale di alcuni giovani del Sud verso altre aree del Paese per trovare un lavoro e non dimentichiamo potrebbe trasformarsi in un fondamentale strumento per l’emancipazione di alcune donne da ambiti familiari violenti in cui spesso sono prigioniere per dipendenza economica.



Pertanto chi scrive è assolutamente d’accordo nel potenziare il Rei, secondo valutazioni tecniche (dopo i risultati della sperimentazione), lasciando la gestione dello strumento nelle mani degli enti locali (attraverso i propri Servizi sociali). Nella proposta del Movimento 5 Stelle sul reddito di cittadinanza mi trova totalmente d’accordo anche l’idea di investire 2 miliardi di euro nei Centri per l’impiego: lo vedo assolutamente come un buon investimento per migliorare i servizi al lavoro. Tuttavia, i complimenti verso la proposta M5S finiscono qui: proporre un’indennità che varia da 780 a 1.800 euro a seconda dei carichi familiari, che non ha un limite di tempo (dura fino alla morte del beneficiario) e fonda la sua efficacia sulla condizionalità gestita dai Centri per l’impiego e in alternativa impone lavori “socialmente” utili presso gli enti locali, è pura “follia”. 



Il risultato sarà che a breve termine i destinatari del Reddito di cittadinanza saranno milioni di soggetti, soprattutto nel Mezzogiorno, e rientreranno probabilmente tre tipologie di soggetti: chi non collocabile facilmente, gli opportunisti, chi presenta carichi familiari che non permettono facilmente di entrare nel mercato del lavoro. Un esercito di soggetti che resteranno a carico dello Stato fino allo loro pensione (a questo punto deduco quella minima di cittadinanza) e quindi fino alla morte (sessant’anni di assistenza pubblica?). Un esercito al servizio degli enti locali, con risultati nefasti e già visti in passato con i cosiddetti lavori socialmente utili. Un vero disastro nel caso si tratti di giovani neo-laureati (questi lavori socialmente utili distruggeranno il loro futuro): una volta finiti lì dentro è probabile che non escano più, resteranno a vita lavoratori socialmente utili, perché le loro competenze si deprezzeranno, non avranno più valore sul mercato del lavoro.



Al di là del motivo per cui un soggetto è destinatario della misura, se resta in assistenza un anno la possibilità di uscirne è difficilissima, superata la soglia dei due anni diventa quasi impossibile, chi rimane dentro è destinato a diventare un “parassita” della società. Anche nel caso centinaia di migliaia di questi soggetti intendano “veramente” rientrare nel mercato del lavoro, questo sarà difficilissimo e costosissimo: soldi che non ci saranno perché il finanziamento del reddito di cittadinanza probabilmente assorbirà quasi totalmente le risorse per la spesa sociale in tema di assistenza.

Minacciare di togliere il sussidio diventerà sempre più complesso e impopolare, mi immagino già ricorsi al Tar in quei pochi casi in cui al soggetto saranno offerti “veramente” tre posti di lavoro. Ditemi se non è follia l’idea di offrire tre posti di lavoro a tutti i destinatari del reddito di cittadinanza al Sud. Sarebbe proprio interessante capire come si creano a spanne un paio di milioni di posti di lavoro.

Un movimento che ha fatto dell’onestà il suo cavallo di battaglia, che ha convinto così tanti giovani del Sud a votarlo nella speranza di un reddito garantito che difficilmente vedrà mai la luce – perché al momento non è chiaro dove si potranno mai trovare 30 miliardi di euro (una buona parte delle risorse verrebbero dalla “spending review” di Cottarelli, il quale ha già chiarito che sarebbe però possibile finanziare solo una parte del reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle) -, dove troverà tutti i soldi necessari? Sicuramente la Ragioneria generale dello Stato imporrà come clausola di salvaguardia innalzamento di Iva e Irpef (giustamente) per non portare il Paese al default! 

Infine, supponendo di realizzare questo reddito di cittadinanza con la Lega, mi chiedo come potrà mai votare Salvini uno strumento che nei fatti trasferisce decine di miliardi di euro dal Nord al Sud, impone clausole di salvaguardia che rischiano di danneggiare in termini fiscali soprattutto il suo elettorato e infine crea le basi per uno strumento che favorisce l’opportunismo di chi non intende produrre e vivere alle spalle della collettività (sia ben chiaro, sempre nel nome dell’onestà).