A gennaio, almeno così ci ha detto ieri l’Istat, la stima degli occupati torna a crescere (+0,1%, pari a +25 mila rispetto a dicembre) e il tasso di occupazione sale al 58,1% (+0,1 punti percentuali). Un  dato, è bene evidenziarlo, determinato in particolare dalla componente femminile e dalla forte crescita dei giovani tra i 15 e i 24 anni e da quella, più lieve, degli ultracinquantenni, a fronte, ahimè, di un calo tra gli uomini e nelle classi di età centrali tra i 25 e i 49 anni. Allo stesso tempo (magia della statistica) la stima delle persone in cerca di un lavoro torna a crescere a gennaio (+2,3%, +64 mila) dopo cinque mesi consecutivi di calo.



In questo contesto socio-economico generale siamo arrivati, finalmente, alla fine di questa, per molti aspetti, lunga e difficile campagna elettorale. Alcuni, forse molti, elettori stanno ancora decidendo chi votare e stanno come Paolo Villaggio, alias Rag. Ugo Fantozzi, seguendo ogni possibile tribuna elettorale e talk show. In ogni caso è abbastanza evidente che il lavoro, di oggi e del futuro, non è stato al centro del dibattito politico o, perlomeno, non ha avuto lo stesso peso di un tema come quello legato a sicurezza ed immigrazione.



Ciò premesso è sicuramente da apprezzare l’e-book pubblicato nei giorni scorsi da Adapt, il centro studi fondato dal Prof. Marco Biagi, che ci aiuta a leggere e analizzare le proposte/promesse relativa al lavoro presenti nei programmi dei diversi partiti (uno di questi ha addirittura presentato il nome del suo ministro competente “in pectore”). Emerge, così, ad esempio che Forza Italia propone, in un’ottica di conciliazione famiglia-lavoro, di ridurre i costi per le imprese che promuovono il part-time e le varie forme di “lavoro agile”. Lo stesso partito, quindi, avanza l’ipotesi di estendere, nella prospettiva di valorizzare l’auto-imprenditorialità, a tutte le imprese fatte da under 35 i benefici previsti già oggi per le start-up innovative e finanziare uno sgravio fiscale, e contributivo, totale per i primi sei anni per le aziende che assumono disoccupati con contratti a tempo indeterminato (a tutele crescenti).



I 5 stelle, altresì, si propongono di operare, nel caso andassero al Governo, per garantire una retribuzione equa al lavoratore in modo da assicurargli una vita, e un lavoro, dignitosa in condizioni di libertà, equità e sicurezza, introducendo la retribuzione oraria lorda, meglio conosciuta come il “salario minimo”, applicabile a tutti i rapporti aventi per oggetto una prestazione lavorativa, non inferiore ai nove euro l’ora. La misura si dovrebbe applicare a tutti i lavoratori, subordinati e parasubordinati, sia nel settore privato, sia in quello pubblico.

Un’iniziativa questa che vede interessato anche il Pd, che nel suo programma prevede l’adozione di un salario minimo garantito, da applicare in assenza di un contratto collettivo. Il partito di Renzi prosegue, inoltre, sulla strada avviata con il Jobs Act e prevede contributi per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato (ovviamente a tutele crescenti) che saranno al 29%. Nella stessa logica va così letta la riduzione dell’aliquota Ires al 22%, rispetto al 24% attualmente previsto.

Dal 5 marzo, è bene ricordarlo, i cittadini auspicano che le proposte/promesse diventino fatti compiuti. Su questi, infatti, verranno giudicate, giorno dopo giorno, le varie forze politiche e l’esecutivo che (forse) verrà.