Dopo la crescita delle assunzioni “stabili” nel 2015 e nel 2016 trainata, in particolare, dagli incentivi contributivi “Renzi”, i contratti a tempo indeterminato nel 2017 diminuiscono e tornano a livello del 2014 pre-Jobs Act. Ciò emerge nella Nota congiunta sull’occupazione di Istat, ministero Lavoro, Inps, Inail e Anpal pubblicata ieri secondo la quale nel 2017 le attivazioni a tempo indeterminato “a tutele crescenti” e le trasformazioni in rapporto di “lavoro fisso” sono state 2.220.000 con un calo di ben il 10,77% rispetto al 2016 (2.488.000), anno nel quale vi erano ancora incentivi seppur ridotti. Allo stesso tempo, nel quarto trimestre 2017, il numero di attivazioni a termine raggiunge il livello massimo (1 milione 891 mila) della serie storica dal primo trimestre 2011.



Nello stesso periodo, è opportuno sottolineare, come il tasso di occupazione sia risultato pari al 58,1%, in crescita di un decimo di punto rispetto al trimestre precedente e quasi tre punti percentuali rispetto al 55,4%, valore minimo (nell’ultimo decennio caratterizzato dalla grande crisi) del terzo trimestre 2013 proseguendo così nella tendenza al recupero dei livelli massimi pre-crisi (58,8% nel secondo trimestre del 2008).



In questo contesto caratterizzato da luci, ma, ahimè, anche da, ancora, troppe ombre, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, si devono contestualizzare le parole di Papa Francesco indirizzate ai giovani di un paio di giorni fa. Durante il suo discorso, infatti, il Pontefice ha denunciato come la mancanza di lavoro sia una delle principali cause che portano molti giovani alla depressione e alle dipendenze. Ritiene, inoltre, inaccettabile mendicare occupazioni che non garantiscono un domani. Tutto questo è, insomma, nella visione di papa Francesco un vero, e proprio, “peccato sociale”. Si auspica, quindi, un rinnovato dialogo e una campagna di ascolto dei giovani di cui, forse, si scrive e parla troppo senza veramente confrontarsi con i loro sogni e lo loro paure.



Un invito, questo, che va alla società dei “grandi”, ma che, è da ritenersi, sia particolarmente stringente per chi ha l’onere, e l’onore, di essere classe dirigente, politica ma non solo, nei propri paesi a partire, appunto, dall’Italia. Le recenti elezioni, peraltro, hanno consegnato un Parlamento, almeno nei principali leader, sicuramente ringiovanito e che, perlomeno in teoria, dovrebbe rappresentare quelle istanze di disagio diffuso, in particolare tra i giovani, che anche il Papa evidenzia.

La speranza è che le prime scelte del governo che (forse) verrà siano coerenti con questo “mandato” emerso dalle urne e che si smetta di parlare di giovani ai convegni, ma, altresì, con questi ci si confronti e si costruiscano, se possibile con un processo partecipato, percorsi e misure credibili per provare a sconfiggere la disoccupazione, e l’inattività, dei nostri ragazzi.