A soli quattro giorni dalle elezioni politiche, il governo che (forse) verrà si trova già ad affrontare il primo sciopero generale anche se “solo” delle donne, come sembra comunicare il volantino dei sindacati di base. Il sindacato, con la proclamazione dello sciopero generale di 24 ore per l’8 marzo, ha così voluto rispondere all’appello di Non Una Di Meno ritenendo la lotta contro ogni discriminazione di genere, e ogni forma di violenza maschile sulle donne, una parte sostanziale della lotta sindacale.
Uno sciopero, quindi, per denunciare, ancora una volta, il dato spaventoso delle molestie e dei ricatti sessuali sul lavoro. Sono, infatti, secondo i proponenti, oltre un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito, almeno una volta, molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Sono, inoltre, un milione 173 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa sono state sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un lavoro o per mantenerlo o per ottenere premi nella loro carriera.
Uno sciopero globale, insomma, per affermare che la violenza di genere è un fenomeno strutturale, e sistemico, che attraversa tutti gli ambiti (non solo il lavoro) dell’esistenza delle donne, contro il quale si dovrebbero mettere in campo risposte capaci di immaginare una trasformazione radicale della società e delle relazioni e delle condizioni di vita e, ovviamente, di lavoro.
In questo quadro oggi anche la Cgil presenta un suo manifesto con lo slogan “Lotto Insieme, come ieri, per domani” per una giornata che sarà dedicata, in particolare, alla legge 194, legge che regola il diritto all’interruzione di gravidanza. Nello stesso documento si sostiene, nello specifico, come abbiamo, negli ultimi anni, assistito a un arretramento sul rispetto dei diritti acquisiti e a grandi ostacoli per la conquista di nuovi. Si pensi al numero crescente di obiettori di coscienza, che di fatto vanifica la legge sulla depenalizzazione dell’aborto, o al progressivo svuotamento dei consultori.
Viene da chiedersi, tuttavia, se nell’Italia del 2018, entrata da poco nella “terza repubblica”, sia questo il miglior modo di rivendicare, giustamente, maggiori diritti per l’altra metà del cielo. Oggi vi è bisogno, infatti, di scelte nuove, e innovative, che riescano a valorizzare, sempre più, il talento femminile anche nei posti di lavoro e vere politiche che favoriscano, finalmente, la conciliazione tra la dimensione della famiglia e quella del lavoro. Tutto ciò anche per combattere e provare a sconfiggere almeno gli aborti “per necessità”, che rappresentano certamente una sconfitta per un Paese che auspica a essere moderno e civile.