L’articolo di Massimo Ferlini pubblicato su queste pagine pone con molta pertinenza e chiarezza alcuni aspetti caratterizzanti l’attuale situazione del nostro mercato del lavoro. Una lenta ripresa, testimoniata dal fatto che da diverse rilevazioni i valori occupazionali sono in leggera crescita, con alcuni dati contraddittori, come ad esempio l’aumento nell’ultimo mese degli scoraggiati. Anche l’introduzione di un mix di politiche economiche e normative ha sostenuto questo impulso positivo del mercato: dalla decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato all’abolizione dei voucher, fino al recente avvio dell’assegno di ricollocazione.



Proprio su quest’ultimo argomento il dibattito ruota attorno agli attori protagonisti dell’attuazione di questa misura di politica attiva del lavoro. Il tema è se la gestione debba essere affidata prevalentemente al soggetto pubblico (Centri per l’impiego) oppure se i soggetti privati autorizzati come le Agenzie per il lavoro debbano prendere in mano l’attività di ricollocazione. Le Agenzie per il lavoro hanno festeggiato nel 2017 i loro vent’anni di presenza nel nostro Paese, nascendo come agenzie interinali e arrivando oggi a essere operatori del mercato del lavoro. Nel 2018 ricorre però anche un altro ventennale: 20 anni di contrattazione collettiva nel settore della somministrazione di lavoro, ovvero quella tipologia contrattuale che più di altre gode delle condizioni normative per essere lo strumento di ricollocazione e reinserimento nel mercato del lavoro, avendo costruito in questi anni un sistema contrattuale di flexsicurity che coniuga la flessibilità concessa dal legislatore con tutele sociali definite per via negoziale ed erogate prevalentemente dal welfare bilaterale del settore.



Le Agenzie per il lavoro, se veramente vogliono candidarsi a gestire un intervento pubblico come l’assegno di ricollocazione, devono iniziare a sciogliere pubblicamente qualche grossa ambiguità. Innanzitutto devono affermare una volta per tutte in che parte del mercato del lavoro vogliono stare. Se vogliono fare concorrenza alle cooperative spurie, alle esperienze più precarizzanti della gig economy e quindi della disintermediazione spinta, oppure se vogliono alzare l’asticella, offrendo uno nuovo slancio culturale per un rinnovato umanesimo del lavoro. Per fare questo occorre innanzitutto affermare il loro primato di datori di lavoro, cioè di soggetti che assumendo delle persone non si pongono come semplici service delle aziende (o imprese utilizzatrici), ma si prendono cura del percorso occupazionale, professionale e formativo dei loro lavoratori.



Le Agenzie devono sostenere questa riconversione virtuosa, dal precariato alla buona flessibilità, senza pensare di snaturare un istituto contrattuale che ha le sue peculiarità, ma di porlo come elemento di qualità nel mercato del lavoro. Certi recenti comportamenti non vanno nella direzione auspicata. La recente sentenza del Tar della Lombardia, su ricorso delle principali Agenzie per il lavoro, che considera una limitazione della libertà d’impresa il protocollo d’intesa (sottoscritto da Regione Lombardia, Asst Niguarda e le organizzazioni sindacali) che imponeva l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratrici in somministrazione che da quasi un decennio svolgono attività di infermiere e operatrici socio sanitarie, poteva essere un’occasione per collocare le Agenzie per il lavoro nel giusto ambito di riferimento: un corretto inquadramento contrattuale durante il rapporto di lavoro e la tutela di welfare e formazione per sostenere un’eventuale ricollocazione.

Il rinnovo del contratto collettivo, il cui confronto prosegue ormai da più di un anno, deve arrivare adesso a una rapida conclusione. È possibile dimostrare che il settore della somministrazione può essere realmente il luogo della ricollocazione, della buona flessibilità, della formazione professionalizzante e qualificante. Occorre esplicitare contrattualmente delle volontà: quella di contrastare i rapporti di lavoro brevi e reiterati (avere più di 200 contratti giornalieri in un anno è un insulto alla dignità umana), favorire percorsi di ricollocazione attraverso un accesso mirato e individuale alla formazione, sostenendo quindi la continuità occupazionale delle persone. Le Agenzie per il lavoro possono svolgere un importante ruolo nel mercato del lavoro del nostro Paese, devono ora dimostrare di essere mature per poterlo compiere, non solo dal punto di vista quantitativo (come numero di avviati al lavoro), ma anche e soprattutto dal punto di vista qualitativo, cioè avendo al centro la persona e la qualità del lavoro.