PENSIONI DI ANZIANITÀ E LA BATTAGLIA DI DAMIANO

Cesare Damiano è d’accordo con Maurizio Martina che ha deciso di convocare la direzione del Pd per valutare il da farsi circa il dialogo che potrebbe partire con il Movimento 5 Stelle sulla formazione di una maggioranza di Governo. Secondo l’ex ministro del Lavoro, i dem non devono però farsi trovare impreparati sul terreno dei contenuti da inserire nel programma eventualmente condiviso. Martina nei giorni scorsi aveva parlato di tre priorità per il Pd, ovvero povertà, famiglia e lavoro. “Da qui si parte, senza però dimenticare la questione delle pensioni”, aggiunge Damiano, secondo cui “la battaglia, già condotta nella scorsa legislatura, va proseguita per gli ‘esodati’, i ‘precoci’, Opzione Donna e i giovani che andranno in pensione con il sistema contributivo”. Dunque un nuovo appello al suo partito a non dimenticare il capitolo previdenza.



PENSIONI DI ANZIANITÀ, C’È UN ALTRO PROBLEMA…

Per l’economista Sandro Gronchi la pensione di anzianità è una sciagura, ma la vera tragedia per gli italiani è un’altra. Il prossimo anno cambiano i requisiti per accedere al trattamento previdenziale. Il principale aspetto di cui tenere conto è l’adeguamento delle aspettative di vita che si traduce in cinque mesi di ritardo per tagliare il traguardo della pensione di vecchiaia o anticipate. Gli adeguamenti scatteranno ogni biennio e l’allungamento non potrà essere maggiore di tre mesi. Dal 2019, come riportato da businessonline, scatterà una mini rivoluzione: l’aumento di 5 mesi è per tutti per via dell’adeguamento delle aspettative di vita secondo quanto stabilito dall’Istat. Nel dettaglio, uomini e donne, dopo aver compiuto 67 anni e maturato 20 anni di contributi. Le novità riguardano anche i lavoratori più giovani, che vedono l’assegno calcolato con il meno vantaggioso sistema contributivo che tiene conto dei reali contributi versati. Per tutti loro l’assegno di pensione deve essere maggiore di 1,5 volte rispetto a quello dell’assegno sociale, pari a 453 euro. Se i contributi non sono sufficienti, scattano i requisiti della vecchiaia contributiva, ciop il compimento di 71 anni di età sia per uomini e sia per donne. (agg. di Silvana Palazzo)



PENSIONE DI ANZIANITÀ E LE MOSSE DI PD E M5S

L’attenzione, in queste ore, oltre che sulle pensioni di anzianità definite una sciagura dall’economista Sandro Gronchi, è rivolta a Pd e Movimento 5 Stelle. Ci si chiede infatti se possano raggiungere un accordo per formare una maggioranza di Governo. Il Corriere della Sera ha provato a confrontare i programmi dei due partiti, evidenziando che sul tema pensioni le posizioni sono piuttosto distanti, visto che i pentastellati vogliono superare la Legge Fornero, mentre i dem no. In particolare, poi, M5s vorrebbe passare a un sistema fatto da Quota 41 e Quota 100, mentre il Partito democratico vorrebbe portare avanti il lavoro iniziato nella scorsa legislatura per rendere strutturali gli strumenti di flessibilità in uscita e ampliarne le platee. Dunque si dovrebbe andare avanti con l’Ape, sia in forma social che volontaria, e con l’estensione delle categorie dei lavori gravosi, grazie anche al lavoro della preposta commissione tecnica, che però non ha ancora iniziato la sua attività.



PENSIONE DI ANZIANITÀ E RABBIA PRECOCI CON DI MAIO

I lavoratori precoci non sembrano avercela solamente con Sandro Gronchi e le sue parole sulle pensioni di anzianità (definite una sciagura). Anche Luigi Di Maio finisce nel mirino di molti, stante la possibilità che nasca una maggioranza formata da Movimento 5 Stelle e Partito democratico. Non ci si dimentica infatti che per tanto tempo, con i dem in maggioranza, le richieste per cambiamenti alla Legge Fornero, con l’introduzione in particolare di Quota 41, siano di fatto cadute nel vuoto. Inoltre, l’assenza di accenni al superamento dell’attuale sistema pensionistico con la possibilità di accedere alla quiescenza con 41 anni di contributi nel contratto di Governo del Movimento 5 Stelle non è passata inosservata. Si confidava molto in un cambiamento che rischia di non essere realizzato in alcun modo.

PENSIONE DI ANZIANITÀ E APE SOCIAL

Non tutti possono permettersi la pensione di anzianità per andare in quiescenza e non manca quindi chi guarda all’opportunità di accedere all’Ape social. In questo senso pensionioggi.it spiega che “la conclusione di un rapporto domestico a tempo determinato non pregiudica la possibilità di ottenere l’Ape sociale”. L’importante è aver avuto nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi e aver esaurito, da almeno tre mesi, la prestazione di disoccupazione. Tra l’altro i diciotto mesi di rapporto di lavoro dipendente possono essere anche non continuativi e non è detto che debbano essere stati svolti con contratto di lavoro domestico. Più importante aver fatto domanda per la Naspi e averne usufruito senza poi aver perso lo status di disoccupato nei tre mesi successivi al termine dell’erogazione della prestazione. Ovviamente, bisognerà avere almeno 63 anni di età e 30 di contributi, che possono essere diminuiti fino a 28 nel caso di donne che abbiano avuto due o più figli.

PENSIONE DI ANZIANITÀ, PRECOCI CONTRO GRONCHI

L’intervista di Sandro Gronchi al Sole 24 Ore sta scatenando non poche polemiche sui social. Soprattutto per le sue frasi sulle pensioni di anzianità che sarebbero una sciagura e sul fatto che l’Italia è l’unico Paese in cui si può andare in pensione a 57/58 anni se si è iniziato a lavorare presto. Come nel caso dei lavoratori precoci, che sui gruppi social come Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti e 41xtutti lavoratori uniti non le mandano a dire e invitano l’economista a fare lavori pesanti come il saldatore in officina per verificare come si arriva poi a 60 anni di età e in ogni caso a non bollare negativamente chi ha dovuto, magari per necessità familiari, cominciare a lavorare a 15-16 anni e ha raggiunto un’anzianità contributiva, spesso con occupazioni non riposanti, anche se non appartenenti alla categoria dei lavori gravosi e usuranti, superiore ai 40 anni. Basti pensare a chi è costretto a lavorare sui ponteggi a un’età anche superiore ai 60 anni, visto che nel settore edile la discontinuità delle carriere non è cosa rara.

LE PAROLE DI SANDRO GRONCHI

Secondo Sandro Gronchi, uno dei massimi esperti di pensioni in Italia, occorre intervenire sui coefficienti di trasformazione, che oggi possono creare delle situazioni di trattamento pensionistico iniquo tra persone nate negli stessi anni, ma con accesso alla quiescenza in periodi diversi. Intervistato da Il Sole 24 Ore, il Professore dell’Università La Sapienza di Roma spiega che “la longevità aumenta con l’anno di nascita, e così anche la durata della pensione che è ‘riflessa’ nei coefficienti di trasformazione. Ecco perché ciascuna coorte deve avere i suoi. In altre parole, ogni anno occorre assegnare i nuovi coefficienti alla coorte in procinto di raggiungere l’età minima”. Per meglio spiegare le ragioni per cui sarebbe meglio fare un intervento di questo tipo, Gronchi fa un esempio. “A un lavoratore nato nel 1970 che andrà in pensione a 68-69 anni nel biennio 2038-39, il protocollo italiano imputerà una longevità superiore a quella di un altro nato nello stesso anno che andrà in pensione a 61-62 anni nel biennio 2031-32. Insomma, longevità diverse imputate ai membri di una stessa coorte, La diversità di trattamento è doppiamente iniqua perché è avvantaggiato chi va in pensione prima”.

Gronchi spiega anche che, tramite la pensione anticipata, in Italia è possibile andare in pensione “fin dall’età di 57/58 anni, che non trova riscontro in altri paesi europei. L’obsolescenza di coefficienti così ‘giovanili’ compromette l’equilibrio finanziario del sistema, oltre a procurare iniqui vantaggi a chi ha beneficiato di carriere lavorative non interrotte da periodi di lavoro nero e disoccupazione”.