VITALIZI IN AUMENTO PER I DEPUTATI SICILIANI
Complice anche il lungo ponte che senatori e deputati si sono concessi, il tema del taglio dei vitalizi dei parlamentari è momentaneamente scomparso dal dibattito. C’è da chiedersi se la Regione Siciliana interverrà su quelli degli ex deputati regionali. Secondo quanto riporta tp24.it, infatti, “il parlamento siciliano dovrà pagare 16 nuove pensioni ogni mese, per una spesa di circa un milione di euro in più rispetto alla scorsa legislatura”. “Si passa infatti da 308 ex deputati regionali beneficiari a 324. La spesa per le pensioni aumenta da 17 milioni 473 mila euro, a 18 milioni 335 mila euro l’anno. Cifre che non vanno per nulla incontro allo stop ai privilegi che venne dichiarato per legge 5 anni fa con l’abolizione dei vitalizi per gli ex parlamentari”. Nell’articolo viene ricordato che la pensione viene erogata a 65 anni se si è stati almeno 5 anni nell’Ars, oppure a 60 anni se i mandati hanno raggiunto almeno i dieci anni.
CAMUSSO PRONTA A RIPARTIRE DALLA PIATTAFORMA UNITARIA
Susanna Camusso ha partecipato alla manifestazione per il 25 aprile che si è tenuta a Milano. Parlando con i giornalisti ha rilasciato alcune dichiarazioni, che sono state raccolte da Lapresse, sulla situazione politica. “Non siamo interlocutore della discussione tra le forze politiche, siamo un interlocutore dei governi e delle proposte che poi ci sono in campo e ovviamente daremo giudizi a partire dalle piattaforme che come sindacato abbiamo fatto sui temi del lavoro, sui temi delle pensioni”, ha detto la Segretaria generale della Cgil, che ha aggiunto: “Penso che ciò che ci interessa – ovviamente molto a un’organizzazione sindacale – è quali sono i programmi e le scelte che si intendono promuovere ed è su questo che ci pronunceremo quando si avrà un quadro di riferimento”. Dunque la Cgil aspetta che ci sia una maggioranza di Governo per poi riprendere il confronto su lavoro e pensioni.
L’URGENZA DI AVERE UN GOVERNO
Da Orietta Armiliato, tramite la pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, arriva l’auspicio perché venga presto formato un Governo nel nostro Paese. Senza un esecutivo, infatti, il Paese è obbligato a restare in stand-by e anche per il Cods diventa impossibile portare avanti le proprie istanze, visto che “non esistono Ministeri, né Commissioni, né parlamentari ai quali sottoporre istanze, solleciti follow up e quant’altro”. Armiliato aggiunge che “abbiamo chiaro ‘dove vogliamo andare’, ma non abbiamo al momento i mezzi per tentare di raggiungere le nostre destinazioni”. Dunque, “quello che possiamo fare è seguire gli eventi e prepararci, studiando i programmi che ci sono stati proposti rilevando le eventuali incongruità fra quello che ci ha indotti a guardare da una parte piuttosto che dall’altra e le eventuali successive diverse posizioni”.
INPS, NUOVI DATI SULLE PENSIONI
L’Inps ha reso noti i dati del monitoraggio sui flussi di pensionamento da cui emerge che nel primo trimestre dell’anno sono state liquidate 110.997 pensioni, con un importo medio di 1.093 euro, in aumento quindi rispetto ai 998 registrati nell’intero 2017. Secondo quanto rilevato dall’Inps, in questi primi mesi del 2018 c’è stato un calo significativo delle liquidazioni di pensioni sia di vecchiaia che di anzianità rispetto all’anno scorso, in virtù, in particolare, dell’aumento del requisito anagrafico di accesso alla pensione di vecchiaia delle donne. L’Inps non esclude che con lo smaltimento delle giacenze di pertinenza del primo trimestre nei prossimi mesi non si possa avere un dato in miglioramento. In ogni caso l’aumento dei requisiti per le donne favorisce un trend già presente lo scorso anno: le pensioni di anzianità sono più di quelle di vecchiaia.
PENSIONI DI ANZIANITÀ PIÙ DI QUELLE DI VECCHIAIA
Giuliano Cazzola, in un intervento su firstonline.info, evidenzia che l’Italia è l’unico Paese in cui le pensioni di anzianità sono più numerose e anche più ricche di quelle di vecchiaia. Il risultato è che chi va in pensione prima spesso incassa di più di chi ci va dopo, con una situazione di squilibrio particolare tra gli assegni che vanno agli uomini e quelli che vanno alle donne. L’ex deputato mostra quindi i dati dell’Inps (che non tengono però conto del settore pubblico) secondo cui il 77% dei nuovi pensionati non arriva a 65 anni, mentre il 30% nemmeno a 60 anni. “Nel 2017 per ogni 100 pensioni di vecchiaia ne sono state liquidate 180 di anzianità nel complesso del Fondo dei lavoratori dipendenti, 210 nella gestione dei coltivatori diretti, 179 in quella degli artigiani e 110 nei commercianti. In valori assoluti, per il solo caso del lavoro dipendente privato, le nuove pensioni anticipate sono state 88,7mila contro 49mila di vecchiaia nel 2017 a fronte rispettivamente di 78mila e di 40mila nell’anno precedente”, segnala Cazzola.
Quanto alla differenza di genere, i dati dicono che “le pensioni anticipate percepite dai lavoratori sono state 63mila contro 25mila liquidate alle donne”, soprattutto a causa del fatto che gli uomini riescono a cumulare 38 anni di carriera lavorativa, mentre le donne si fermano a 25,5. Tutto questa fa sì che se gli uomini riescono ad accedere alla pensione anticipata mediamente a 61,2 anni, le donne devono attendere di maturare i requisiti della pensione di vecchiaia a 64,8 anni. In ogni caso, conclude Cazzola, “sia pure con una significativa differenza di genere imposta da situazioni di fatto, i 67 anni sono ancora di là da venire”.