DAMIANO E IL PUNTO D’INCONTRO M5S-PD
Hanno colpito anche Cesare Damiano le stime del Def riguardanti gli effetti della Legge Fornero e delle altre riforme delle pensioni precedenti. Senza di esse, infatti, il rapporto debito pubblico/Pil sarebbe destinato ad arrivare al 200% tra il 2030 e il 2040. Tuttavia l’ex ministro del Lavoro tiene a precisare che queste previsioni chiariscono “che l’equilibrio dei conti non è garantito esclusivamente dalla legge Fornero sulle pensioni, ma dal complesso delle riforme attuate dal 2004 al 2011”, comprendendo quindi anche quanto fatto da lui stessi, da Roberto Maroni e Maurizio Sacconi. Dal suo punto di vista, però, “mentre questa valutazione è condivisibile non altrettanto corretto è il calcolo contenuto nel Def per quanto riguarda l’incidenza della spesa pensionistica sul Pil, oscillante negli anni, secondo il documento del Governo, tra il 15,8 e il 18,2%”.
Questo perché viene utilizzata una tecnica di calcolo che dimentica “che in Italia non c’è separazione tra spesa per previdenza e assistenza”. Se si scorporassero queste due voci, “l’incidenza della spesa pensionistica si assesterebbe attorno al 12% del Pil, perfettamente in linea con i principali Paesi europei”. L’aspetto più importante per Damiano è però che “se la legge Fornero non è l’architrave dell’equilibrio dei conti, si può proseguire sulla strada, già intrapresa dal Pd nella passata legislatura, di una sua correzione” e questo “sarebbe sicuramente un punto di contatto programmatico con il Movimento 5 Stelle, per quel che può valere in questo difficile contesto politico dominato da veti e anatemi”.