Il 24 gennaio del 2013. in attuazione della legge di riforma del mercato del lavoro targata Fornero, al fine di fornire uno standard minimo di riferimento e uniformare così la qualità e le possibilità di accesso all’istituto su tutto il territorio nazionale a prescindere dalle specificità dei contesti regionali, furono approvate le linee guida nazionali relative ai tirocini extracurriculari.



Le linee guida hanno rappresentato, quindi, il quadro di riferimento nazionale, all’interno del quale le regioni avrebbero potuto/dovuto intervenire, fornendo indicazioni sugli aspetti qualificanti del tirocinio quali la sua durata, l’indennità da corrispondere al tirocinante, il regime sanzionatorio in caso di abuso dello strumento o inadempienza da parte dei soggetti ospitanti.



Nel maggio del 2017 è stata così approvata una nuova, e aggiornata, versione delle linee guida. In quella sede sono state inserite diverse novità al testo originale, tra cui l’ampliamento della platea dei soggetti promotori, la disciplina dei tirocini in mobilità interregionale, l’introduzione di nuovi criteri per la durata minima e di forme di premialità per i soggetti ospitanti che assumono tirocinanti. In questo quadro deve essere letto il recente rapporto predisposto da Anpal di analisi del ricorso ai tirocini extracurriculari.

Il primo dato che emerge, nel periodo 2012-2017 oggetto d’indagine, è che il ricorso a questi percorsi, svolti al di fuori (spesso in uscita) di un percorso di studio, soprattutto dai giovani fino a 24 anni in cerca di un primo o di un nuovo contatto col mondo del lavoro, è cresciuto in maniera continuativa.



Importante, nella nota di Anpal, è anche l’analisi degli esiti occupazionali dei tirocini: si è qui ricorsi a un indicatore che verifica, per ogni tirocinio avviato, la presenza di un’assunzione nei sei mesi successivi alla conclusione dell’esperienza nell’azienda ospitante. Interessante notare come il livello d’istruzione posseduto dai giovani risulta uno dei fattori determinanti per l’inserimento nel mercato del lavoro: il tasso di assunzione a sei mesi dalla conclusione del tirocinio per giovani con un titolo terziario (una laurea ad esempio) risulta essere costantemente più elevato rispetto a quello dei ragazzi meno istruiti.

Marcate differenze rispetto ai tassi di assunzione a sei mesi si riscontrano, inoltre, in relazione all’ambito territoriale nel quale è stato avviato il tirocinio, con valori che, per quanto in crescita negli anni, si contraggono spostandosi dalle aree centro-settentrionali a quelle del nostro mezzogiorno.

Partendo, quindi, da quando fatto finora, oggi la sfida più importante sembra essere quella di puntare sulla qualità di questi percorsi formativi e, anche grazie a un contributo (auspicabilmente) responsabile del mondo delle imprese, sulla lotta all’uso distorto di uno strumento che può essere, altresì, se correttamente utilizzato, prezioso per dare speranza, in particolare, ai nostri giovani esclusi dal mondo del lavoro.