Nel mezzo dei giorni più turbolenti di questa fase politica post-elettorale, i ministri dello Sviluppo economico, dell’Economia e del Lavoro hanno sottoscritto il decreto interministeriale che attua la parte relativa alla formazione prevista nel piano Industria 4.0. Giustamente il piano per la crescita degli investimenti per l’innovazione 4.0 prevedeva anche un impegno a sostenere la formazione di figure professionali adeguate ai mutamenti organizzativi e produttivi indotti dal salto tecnologico in atto.



Il provvedimento interministeriale dà attuazione a quanto previsto dalla Legge di bilancio 2018 che prevedeva un credito di imposta pari al 40% delle spese (con un limite massimo di 300.000 euro) attuate dalle imprese per formazione 4.0. Le aziende possono così investire in percorsi formativi, acquisire nuove competenze su tecnologie 4.0 applicate negli ambiti dell’informatica, in tecniche e tecnologie per la produzione, la vendita e il marketing.



La misura è finalizzata a generare o rafforzare le competenze 4.0 necessarie per guidare e attuare gli investimenti a maggiore contenuto di innovazione tecnologica. Un salto di qualità del capitale umano che è indispensabile affinché il piano Industria 4.0 possa esercitare pienamente la sua spinta per il recupero di competitività del nostro sistema di imprese nell’ambito della competizione internazionale.

Il provvedimento rappresenta una misura importante della strategia avviata nella scorsa legislatura per affrontare il tema di una formazione più adeguata alla domanda di lavoro visti i mutamenti organizzativi e produttivi in corso nell’industria, ma anche nei settori del commercio e dei servizi.



La difficoltà a reperire le competenze necessarie per l’evoluzione del sistema produttivo è denunciata continuamente dalle associazioni imprenditoriali. Si calcola in poco meno di un milione il peso dei posti di lavoro vacanti per mancanza di figure professionali con le competenze adeguate per ricoprirli. Il sostegno dato alla costruzione del sistema duale avviato nel corso degli ultimi anni è servito a rispondere a questa esigenza. Si è così avviato (almeno nelle regioni che non hanno boicottato tale innovazione formativa) un percorso formativo che, parallelamente al sistema scolastico e con la possibilità di passare da uno all’altro dei percorsi scolastici o professionali, permette di avviare la formazione di competenze oggi scarse sul mercato del lavoro.

Ciò riguarda la possibilità di operare una scelta già dopo l’uscita dalle medie inferiori con i percorsi di Istruzione e formazione professionale. Dal terzo anno, attraverso l’applicazione dell’apprendistato di primo livello opportunamente riformato, è possibile avviare assieme alle imprese percorsi di formazione on the job che assicurano così competenze adeguate per le professioni che si intende fare crescere. Da questa base, che potrà diventare significativa se vi sarà l’impegno di tutte le regioni a sostenerne la crescita, viene una prima leva di professionisti che possono poi proseguire nell’acquisire competenze sempre più avanzate e specialistiche alternando formazione teorica e formazione pratica nelle imprese.

Al fine di dare impulso alle figure più richieste dagli investimenti 4.0 sono nati infatti gli Its (Istituti tecnici superiori) che permettono di formare figure specialistiche per i diversi settori produttivi, coinvolgendo le imprese nella progettazione dei corsi, nella docenza in aula e prevedendo periodi di formazione direttamente sul luogo di lavoro.

Seguendo tutto il percorso del sistema duale e applicando contratti di apprendistato, un giovane arriva a 21 anni con crediti formativi pari al livello terziario, con una preparazione tecnica pari a un corso universitario e avendo avuto pur un certo periodo di un salario di apprendista mentre si formava. Qualora poi volesse anche ottenere una laurea formale dovrebbe aggiungere un anno di frequenza presso un’università. I giovani impegnati in questi percorsi in Italia sono oggi 11.500. Il confronto con gli 800.000 della Germania ci indica il ritardo che dobbiamo velocemente recuperare.

Per fare questo vi è bisogno però dell’impegno di molti attori. Si parte dalle famiglie che devono considerare il percorso di formazione professionale non più un ripiego rispetto alla scuola tradizionale, ma una scelta che può corrispondere ai talenti dei propri figli garantendogli pari dignità di crescita culturale e professionale dei percorsi liceali. Vengono poi le istituzioni, in particolare le regioni, che devono investire di più in questo settore e favorire la nascita di operatori della formazione professionale di base e di livello specialistico. Gli stessi grandi operatori del mercato del lavoro, Apl in testa ma anche i grandi poli formativi, se vogliono aumentare la loro capacità di fare incontrare domanda e offerta di lavoro non possono non investire in formazione per le nuove professionalità richieste.

Le imprese stesse devono essere coinvolte, non si possono programmare corsi duali senza una presenza delle imprese interessate nella governance che dà vita a corsi formativi professionalizzanti.

Certo significa programmare assunzioni e formazione e non cercare ciò che serve solo all’ultimo momento. Le misure per il capitale umano 4.0 devono essere investite, insieme ai fondi per la formazione professionale, per creare nuovi poli di Its per le diverse professionalità richieste. In ultimo viene il sistema scolastico e universitario. Non viva la concorrenza del sistema duale come un nemico da soffocare prima che cresca. Vi sono spazi enormi per sviluppare forme di collaborazione. 

Se abbiamo ancora pochi laureati e sono particolarmente scarsi nelle discipline tecnico scientifiche, se qui vi è un alto tasso di abbandoni pre-laurea, il sistema paese chiede che si collabori affinché si recuperino i ritardi. Il salto verso una formazione 4.0 chiede a tutti gli attori una disponibilità piena per collaborare a un positivo progetto collettivo.