Quello di Giuseppe Conte è il curriculum più discusso di tutta Italia e non ho potuto non soddisfare la mia curiosità e andare a leggerlo, per capire cosa effettivamente c’è di buono e di cattivo in questo documento, al di là delle possibili fake-news su cui si sta concentrando in massa la stampa nazionale.
Per chi si affaccia al mondo del lavoro, la stesura del CV può essere una faccenda abbastanza spinosa: complici inesperienza e insicurezza, mettere nero su bianco la propria storia accademica e professionale in maniera sintetica ma esaustiva, sembra un’impresa impossibile. Un buon CV deve, secondo chi se ne intende, essere breve, essere facilmente leggibile e adeguarsi alle esigenze e alle richieste dell’azienda per cui ci si candida: requisiti semplici e immediati per chiunque abbia fatto ormai un po’ di gavetta, requisiti che ci si aspetterebbe da un professionista quale è il “candidato” alla presidenza del Consiglio Giuseppe Conte.
Ecco quindi una lista dei 5 errori più grossolani che ho riscontrato, e alcuni suggerimenti per correggerli.
1) Precisione. Una caratteristica troppo spesso sottovalutata dei CV è che di fatto sono come “carte di identità” per ciascuno di noi. Per questo è sconsigliabile inserire, come ha invece fatto Conte, esperienze cronologicamente molto brevi: quale necessità avremmo infatti di soffermarci sui dettagli meno significativi della nostra vita? Il rischio è quello di essere generici e poco precisi, e, conseguentemente, di far emergere dal CV un’immagine di noi troppo vaga. Sempre parlando di vaghezza, la precisione e l’attenzione ai dettagli è fondamentale: quando si frequenta un corso o un seminario, bisogna indicare il nome esatto del corso seguito, il nome e tipo di attestati conseguiti e il settore specifico approfondito. Non basta insomma parlare genericamente di “corsi di perfezionamento degli studi all’università di New York”.
2) Lunghezza. Il curriculum in questione è lungo ben dodici pagine. Queste sono eccessive anche, e soprattutto, per una figura “istituzionale”: serve saper fare una selezione di quali sono state effettivamente le esperienze formative e professionali imprescindibili nella nostra vita. Perché se tutto è importante, nulla ha in realtà valore. Basti pensare che il curriculum di Barack Obama non supera le due pagine di lunghezza.
3) Sommario. Nel curriculum di Conte manca anche un sommario, invece fondamentale per presentare, in poche righe, le competenze e qualità più importanti del candidato, tenuto conto soprattutto della lunghezza spropositata del suo CV.
4) Cronologia. Stilisticamente, è importante elencare le esperienze formative e lavorative partendo dalla più recente e lasciando in coda le più antiche. Per questo sconsiglierei al professor Conte di aprire il proprio CV dalla presentazione del voto di maturità classica. Quello che più interessa ai lettori di un curriculum sono le esperienze recenti o almeno le più importanti.
5) “Io”. Infine l’ultimo elemento che mi ha sorpreso è il fatto di essere scritto in terza persona. Se anche Giulio Cesare non ha saputo resistere nel parlare di sé non utilizzando la “popolare” prima persona, questo non risulta consono a un curriculum che presenta una figura per un ruolo istituzionale.
Insomma, quando si parla di curriculum ci si concentra sempre troppo sul contenuto e non abbastanza sulla forma. È importante invece tenere a mente che “non c’è una seconda occasione per dare una prima impressione”. Le correzioni che ho elencato, sono quindi utilissime non solo per Giuseppe Conte, ma per ciascuno di noi.