Fra le manovre che il nuovo governo composto da Movimento 5 Stelle e Lega vuole attuare, anche la riforma delle pensioni, cancellando la tanto criticata Legge Fornero. La pensione anticipata verrebbe ora modificata con uscita a quota 100 e 41, ma la modifica non sembra così semplice da attuare. Molti gli ammonimenti giunti negli ultimi giorni circa questa riforma, fra cui quello del Codacons, secondo cui la stessa avrebbe costi fin troppo elevati, con conseguente ricaduta sulle tasche delle famiglia italiane, già (quasi) vuote. Stando ai calcoli effettuati dall’associazione di consumatori, per ogni famiglia la riforma pensionistica dovrebbe costare 337 euro all’anno. Se invece si prende in considerazione l’intero contratto del nuovo governo, la spesa sale a 4200 euro annui. «Trattandosi di un contratto che introduce obblighi a carico delle parti – dice Orietta Armiliato, responsabile del gruppo Comitato Opzione Donna Social, come riportato da orizzontescuole – nel caso in cui non saranno rispettate le clausole in esso contenute sarà inevitabile una class action del Codacons per inadempimento contrattuale per conto di tutti i cittadini italiani». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



L’AVVERTIMENTO DI MOODY’S

Dopo Fitch, anche Moody’s si è espressa sull’Italia, spiegando di essere anche pronta a un downgrade del nostro debito pubblico, cosa che complicherebbe non poco la situazione. L’agenzia di rating si è concentrata sul contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle che Giuseppe Conte vuole utilizzare come base del suo programma. E ha dedicato anche delle parole all’ipotesi di riforma delle pensioni giallo-verde. Moody’s ritiene che una “riduzione generalizzata dell’età pensionabile avrà un impatto notevole sulla sostenibilità del sistema pensionistico”, che tra l’altro “già spende quasi il 16% del Pil in pensioni, uno dei ratio più alti nelle economie avanzate”. Secondo l’agenzia di rating, l’Italia, più che pensare a una riduzione dell’età pensionabile, dovrebbe fare in modo di prendere delle misure per far sì che la spesa pensionistica si mantenga a un livello stabile in rapporto al Pil.



LE RICHIESTE DI MOVIMENTA

Alessandro Fusacchia, deputato di +Europa eletto nella circoscrizione estero, è il leader di Movimenta, associazione che a Bologna ha dato vita alla due giorni “Movimenta la politica”. Intervistato da La Stampa, ha spiegato che l’obiettivo dell’associazione è quella di “recuperare una generazione di giovani. La parola è sulla bocca di tanti ma alla prova dei fatti la politica degli altri insegue con le promesse elettorali una popolazione sempre più anziana. Da Berlusconi che propone 1000 euro per i pensionati alla Lega e M5S che promettono di modificare la legge Fornero sulle pensioni. Si può rivedere le storture prodotte da questa o quella legge, ma non rimettere tutto in discussione e ipotecare il futuro di chi oggi non ha voce: i ventenni e quella generazione di trenta-quarantenni che una pensione rischiano di non averla proprio”.



L’INIZIATIVA DELLA FISASCAT

Mentre si attende che il Governo Conte prenda forma, e ci si interroga sulla riforma delle pensioni che porterà avanti, la Fisascat ha deciso di portare al Parlamento europeo la petizione per il riconoscimento dei diritti previdenziali dei lavoratori che svolgono la prestazione lavorativa in part-time verticale ciclico con l’articolazione della prestazione lavorativa, a tempo pieno, solo su alcuni giorni del mese o di determinati periodi dell’anno. Si tratta di una battaglia che interessa circa 100.000 persone in Italia e vuol far sì che vi sia il riconoscimento dell’anzianità contributiva per tutte le 52 settimane dell’anno a prescindere dai periodi per i quali sono versati i contributi e dunque sulla possibilità che i contributi da accreditare ai lavoratori in regime part-time verticale ciclico siano riproporzionati sull’intero anno a cui si riferiscono, anziché essere versati solo in relazione a prestazioni lavorative eseguite in una frazione di questo. D’altro canto i lavoratori in part-time orizzontale si vedono riconosciuta l’intera anzianità contributiva, mentre quelli in part-time verticale solo per i periodi lavorati.

Per Pierangelo Raineri, Segretario generale della Fisascat-Cgil, si tratta di  “una battaglia di civiltà”, dato che al momento “i lavoratori in regime di part time verticale ciclico hanno un trattamento peggiore rispetto ai lavoratori a tempo pieno visto che i periodi di interruzione della prestazione lavorativa non gioverebbero né ai fini della prestazione previdenziale, né dell’anzianità contributiva”. Il sindacalista evidenzia che la petizione al Parlamento europeo si inserisce nel solco del contrasto alle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale iniziata più di 20 anni fa in Europa.