Il Governo (mai nato) dell’avvocato Conte partiva da un accordo politico-programmatico abbastanza, seppur pieno di luci e ombre, chiaro. Non potremo, tuttavia, misurare la validità, e l’efficacia, delle scelte di Governo condivise tra i 5 stelle e la Lega (ex nord) per la nota, e traumatica, fine di quest’esperienza mai veramente iniziata. Il Presidente della Repubblica Mattarella ha così chiamato a formare un esecutivo elettorale-balneare il professore, e noto esperto dei conti pubblici, Cottarelli. La durata, quindi, certamente ridotta dell’esperienza non permetterà senz’altro la realizzazione, e la definizione, di un programma politico o di legislatura, ma potrà, presumibilmente, accompagnare il Paese alle prossime elezioni politiche di settembre.



Tra la tenuta, necessaria e dovuta, dei conti, l’approvazione del Def, la partecipazione a qualche “fondamentale” incontro europeo e qualche “meritata” giornata di vacanza, potrebbe esserci anche il tempo per qualche intervento mirato, e non divisivo, in materia di lavoro e occupazione. Viene da chiedersi se, forse, in questo quadro potrà essere salvato almeno una parte del lavoro programmatico svolto dal quasi Governo giallo-verde.



Nell’ormai noto contratto, probabilmente molto citato e poco letto, si parlava, ad esempio, della necessaria introduzione, anche nel nostro Paese, del salario minimo orario valido per tutte le categorie di lavoratori e settori produttivi. La retribuzione minima non sarebbe stata, insomma, più fissata dalla contrattazione collettiva.

La strana alleanza populista riteneva, inoltre, opportuno realizzare una riduzione strutturale del cuneo fiscale e mettere in campo una semplificazione, razionalizzazione e riduzione, anche attraverso la digitalizzazione, dei vari adempimenti burocratici connessi alla gestione amministrativa dei rapporti di lavoro che incidono pesantemente sul costo del lavoro in termini di tempo, efficienza e risorse dedicate.



Ci si proponeva poi, al fine di favorire lo sviluppo e il rafforzamento di vere politiche attive che facilitino l’occupazione, la ricollocazione e adeguate misure di sostegno al reddito e di protezione sociale a partire da una profonda, e necessaria, riforma e potenziamento dei, troppo spesso bistrattati, Centri per l’impiego.

Su questi tre temi potrebbe, quindi, intervenire, ad esempio, il governo “tecnico” che verrà provando a mettere in campo, anche per la natura stessa dell’esecutivo, proposte, e scelte, innovative sulle quali magari trovare convergenze, e condivisioni, oggi inimmaginabili.