Il tema quanto mai attuale della gestione delle crisi aziendali si lega indissolubilmente con quello degli ammortizzatori sociali, strumenti chiave per fronteggiare crisi di differente entità. Le crisi aziendali, nello scenario italiano e in quello europeo, si sono susseguite con maggior frequenza negli ultimi anni, a seguito della crisi economica che ha colpito i vari settori della produzione. Da ultimo, cuore pulsante dei dibattiti degli ultimi mesi nel nostro Paese è stato, e continua a essere, il caso Embraco, nato dalla volontà dei vertici aziendali di spostare le attività in Slovacchia, con un conseguente esubero in Italia di 497 dipendenti.



Nel nostro ordinamento la cassa integrazione ricopre un ruolo chiave, nelle due varianti, la Cassa integrazione guadagni (Cig) e la Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs). Si tratta di un intervento pensato per favorire la ripresa delle aziende in situazioni di crisi momentanea e consiste in un supporto economico ai lavoratori, in corso di rapporto. Nello specifico, la Cig interviene in situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti. L’intervento della Cigs, invece, può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa sia determinata da una delle seguenti causali: riorganizzazione aziendale, crisi aziendale, con esclusione, a far data dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa o nel caso dei contratti di solidarietà difensivi. Si tratta, quindi, di uno strumento preventivo che interviene, seppur in situazioni di criticità aziendali, in corso di rapporto, come strumento utile a risanare la situazione aziendale.



Lo strumento approntato dall’ordinamento, invece, per far fronte a delle situazioni di crisi di carattere strutturale e irreversibile, sfociate in licenziamenti collettivi o in licenziamenti individuali o plurimi, è quello del sussidio di disoccupazione Naspi, che viene concesso al ricorrere di determinati requisiti con la finalità di sostenere il reddito del lavoratore dopo la cessazione del rapporto di lavoro, per un arco temporale strettamente correlato alle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni.

Da un’analisi complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali emerge una volontà del legislatore di intervenire ex ante, al fine di evitare che talune situazioni diventino irreversibili, garantendo degli strumenti idonei a favorire la ripresa, in presenza di un piano di reindustrializzazione, ed ex post, con un sistema di sostegno del reddito, nei casi in cui la patologia dell’azienda sia già sfociata in licenziamenti.



In una prospettiva comparata, si può certamente affermare che la situazione italiana, per quanto concerne la gestione delle crisi aziendali, non differisce da quanto avviene negli altri stati. La situazione spagnola è, infatti, del tutto analoga alla nostra. È previsto, alla stregua di quanto avviene in Italia con la Cassa Integrazione, un intervento preventivo, l’Ere: si tratta di una procedura mediante la quale un’impresa, in una situazione economica di difficoltà, sospende temporaneamente i contratti di lavoro o riduce temporaneamente l’orario di lavoro dei dipendenti. Durante tale periodo di sospensione del contratto o di riduzione dell’orario di lavoro, i lavoratori ricevono un sussidio di disoccupazione da parte del Servizio pubblico statale per l’impiego. Analogamente alla situazione italiana, quindi, l’obiettivo è quello di favorire la ripresa, in una situazione di difficoltà temporanea, garantendo ai dipendenti un sussidio, fino alla cessazione stato di crisi. 

Analogamente, in Germania, il Kurzarbeit, ovvero l’indennità di breve termine, è uno strumento preventivo, rivolto ad aziende in crisi con previsione di ripresa. Consiste in una riduzione dell’orario di lavoro – anche fino al 100% – per tutti i dipendenti di un’azienda o solo per uno specifico reparto, con una integrazione salariale da parte dell’Agenzia federale per il lavoro. Emerge, quindi, una tendente omogeneità di approccio degli Stati europei rispetto alle crisi aziendali. Anche per quanto concerne l’intervento ex post, nel caso di perdita involontaria del lavoro, sia in Spagna che in Germania, analogamente a quanto accade in Italia, sono previste indennità di supporto per i lavoratori, di durata varia. In Spagna la durata della prestazione dipende dai contributi versati negli ultimi 6 anni. In Germania, invece, la durata del sussidio si calcola considerando gli anni di lavoro e l’età del dipendente, variando da un minimo di 6 mesi a un massimo di 24 mesi.

L’analisi appena svolta permette di affermare che vi è un fil rouge che lega i vari paesi europei, i quali, per far fronte a situazioni che negli ultimi anni si sono ripetute con maggior frequenza, in realtà aziendali variegate, sia di grandi che di piccole dimensioni, hanno predisposto politiche del lavoro analoghe. Emerge, inoltre, il chiaro obiettivo di voler garantire la ripresa dell’attività aziendale, nel caso di imprese in crisi momentanea, accompagnando l’azienda nel percorso di reindustrializzazione e bilanciando la necessità dell’impresa di ridurre i costi legati ai lavoratori e la necessità dei lavoratori di mantenere un certo livello di reddito. 

Si può, pertanto, giungere alla conclusione che i singoli modelli sopra analizzati, quello italiano, quello spagnolo e quello tedesco, non possono dirsi l’uno migliore dell’altro, in una visione astratta, stante l’omogeneità degli stessi. L’elemento che potrebbe, tuttavia, differenziarli e creare una differente funzionalità degli stessi all’interno dello scenario economico e sociale nei quali operano è l’interazione di tali strumenti con gli altri apportati dai vari ordinamenti, ovvero gli incentivi all’occupazione e i sistemi pensionistici dei vari Stati.