Nel momento in cui l’Istat ci richiama ai problemi occupazionali, con la sua consueta rilevazione periodica, al di là della voce della politica – che non manca mai di riferirsi ai problemi del lavoro -, alcuni casi dell’ultima ora sono prossimi a un’evoluzione che interessa il destino di molti lavoratori. Parliamo naturalmente di Fca e di Honeywell. Ma andiamo con ordine.



Ad aprile 2018, si confermano i segnali di ripresa dell’occupazione nell’anno in corso. Per il secondo mese consecutivo cresce l’occupazione tra gli indipendenti oltre che tra i dipendenti a termine. Su base annua la crescita dell’occupazione si concentra nei più giovani (15-24enni), per i quali si registra il maggiore aumento del tasso di occupazione, e soprattutto negli over 50, per effetto sia dell’aumentata età pensionabile, sia dei fattori demografici. Dopo i livelli massimi della fine del 2014, la disoccupazione è tornata sui livelli della seconda metà del 2012, in un contesto di prosecuzione del calo dell’inattività, che tocca negli ultimi mesi il minimo storico. Per i giovani il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) sale come accennato al 33,1%.



Per quanto riguarda l’americana Honeywell, il caso torna alla ribalta complice la crisi istituzionale che l’Italia sta vivendo e con un ministro, Carlo Calenda, che ha appena lasciato il Mise. Il sito abruzzese della Honeywell è un impianto con una produttività ad altissimi livelli. Così come la qualità dei prodotti turbodiesel, tanto che proprio ad Atessa molte aziende dell’automotive (compresa Fiat-Chrysler) sono storiche committenti. I vertici della multinazionale hanno deciso una ricomposizione delle divisioni in Europa, privilegiando l’impianto di Prešov, in Slovacchia e un altro in Romania. Honeywell ha deciso di chiudere il sito abruzzese perché da diversi anni si trova ad affrontare problemi di sovraccapacità a causa del declino dei motori diesel. Diventa così necessario fare leva sul costo del lavoro e l’Est Europa garantisce salari più bassi oltre che differenti condizioni fiscali e di costi dell’energia. Nulla di nuovo in buona sostanza…



A ciò si aggiunga che all’accordo del 16 febbraio scorso – che prevede un piano di reindustrializzazione del sito mettendo a disposizione gratuitamente lo stabile per iniziative industriali che occupassero almeno il 30% degli attuali dipendenti – non è seguita la concessione della cassa integrazione straordinaria. Era infatti previsto il ricorso agli ammortizzatori fino al febbraio 2019.

Oggi sarà giornata importante per quanto riguarda Fca, che a Balocco presenterà il nuovo piano industriale. Posto che le novità saranno molte e faranno discutere non poco, vediamo cosa può succedere. Entro l’anno, dovrebbe arrestarsi la produzione della Fiat Punto nella fabbrica di Melfi e nello stabilimento di Mirafiori verrà fermata la produzione di Alfa Romeo Mito. A Mirafiori dovrebbe partire la produzione di un secondo Suv Maserati, che affiancherà il modello Levante già uscito dallo stabilimento piemontese. Nello stabilimento di Pomigliano d’Arco, Fca inizierà a produrre un piccolo Suv Jeep dopo che la produzione dell’utilitaria Panda sarà stata trasferita a Tichy, in Polonia, dove oggi viene assemblata la 500. La produzione dell’Europa Occidentale, quindi, si sposta verso le auto premium, puntando all’incremento della vendita di auto Jeep in tutto il mondo. F

ra i nuovi modelli Jeep figurano Wagoneer e Grand Wagoneer, l’inedita Wrangler pick-up, la Grand Cherokee pronta nel 2020 e, probabilmente, una new entry. Secondo il piano, poi, la società starebbe pensando al ritiro delle auto Fiat dai mercati del Nord America e della Cina – anche per via della normativa sugli stock dei mercati asiatici che ha molto frenato l’ingresso di Fca nel mercato del Sol Levante – puntando maggiormente su Chrysler negli Stati Uniti.

A ogni modo, si attende la presentazione del piano. Nell’attesa dell’auto elettrica, la fase che inizia va a prorogare la prevista saturazione degli impianti. Tema delicato per le rappresentanze sindacali…

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