La riforma delle pensioni tiene banco, con lo smantellamento della Legge Fornero e l’introduzione dell’ormai nota Quota 100 che sarà tra i primi provvedimenti del Governo Movimento 5 Stelle-Lega. Ma non solo: tema sensibile per i pentastellati, verrà messa mano anche sulle pensioni cosiddette d’oro. Luigi Di Maio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, ha commentato così ai microfoni di RTL 102,5: “Nel corso di questi ottanta giorni la Camera con il presidente Roberto Fico ha scritto una delibera storica sul taglio ai vitalizi per gli ex parlamentari. Un atto storico interno alla Camera che verrà poi trasferito sulle pensioni che superano i 5 mila euro netti per tutti coloro che non hanno versato i contributi ma hanno ugualmente una pensione d’oro. Costo dovranno avere una pensione in base ai contributi che hanno versato”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
QUOTA 100 E LE PENALIZZAZIONI
Il governo prende tempo sulla riforma delle pensioni in attesa di trovare la squadra su regole, condizioni e risorse disponibili per la flessibilità in uscita. La proposta del consulente della Lega Antonio Brambilla su Quota 100 e Quota 41 ha suscitato diverse polemiche, perché abbina l’abolizione dell’Ape sociale e quindi rischia di avere un effetto boomerang sulle categorie sociali più deboli. La proposta penalizzerebbe anche i lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Nessuna sforbiciata invece per quei soggetti con meno di 18 anni di contributi al 1995: per loro non cambierebbe nulla rispetto alle regole attuali. Come riportato da Pensioni Oggi, «l’unico effetto negativo può derivare al più dalla fissazione del coefficiente di trasformazione dei montanti ad un’età di 64 anni. Tutti gli altri assicurati rischiano, invece, di lasciare qualcosa per strada». (agg. di Silvana Palazzo)
PENSIONI, UIL CONTRO NUOVI COEFFICIENTI
Il tema pensioni infuoca i sindacati. Il rinvio del pensionamento da dicembre 2018 a gennaio 2019 può costare 286 euro all’anno per chi si ritirerà a 67 anni, fino a 340 euro per chi invece andrà in pensione a 70. Lo ha fatto sapere la Uil, che ha analizzato i nuovi coefficienti di trasformazione legati all’aspettativa di vita. «Gli attuali criteri di individuazione dei coefficienti di trasformazione legati all’aspettativa di vita sono causa di un’oggettiva penalizzazione per i lavoratori che andranno in pensione a partire da gennaio 2019». Il meccanismo è criticato dalla Uil, secondo cui «è un vero e proprio disincentivo alla permanenza al lavoro». Il sindacato chiede quindi «varare una modifica dei coefficienti di trasformazione, legandoli alle coorti di età». In questo modo verrebbe salvaguardato «uno dei principi fondamentali del sistema contributivo, senza penalizzare i lavoratori e soprattutto incentivando la permanenza al lavoro». (agg. di Silvana Palazzo)
VECCHIAIA O ANTICIPATA, “SCONTO” DI 5 MESI
Chi vuole accedere alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata può usufruire di uno “sconto” di cinque anni sui requisiti. Bisogna presentare contemporaneamente domanda di pensionamento e certificazione dell’attività svolta. Come riportato dal Quotidiano del Lavoro del Sole 24 Ore, lo sconto si pallina nel biennio 2019-2020 e riguarda una doppia platea di lavoratori, iscritti ad una qualsiasi gestione Inps con almeno 30 anni di contributi. Da un lato i dipendenti che svolgono una o più delle 15 lavorazioni elencate dal decreto del ministero del Lavoro del 5 febbraio scorso da almeno 7 anni nei 10 anteriori all’ingresso a pensionamento. Dall’altro ci sono gli addetti a lavorazioni usuranti. Nella medesima domanda di pensione da inviare all’Inps sarà incluso un modello di dichiarazione compilato dal datore di lavoro che espliciti i periodi di lavoro resi alle sue dipendenze, il Ccnl applicato, il livello di inquadramento contrattuale e le mansioni svolte, nonché il codice Istat. In assenza di comunicazione obbligatoria e di certificazione del datore di lavoro, il lavoratore potrà rendere una autocertificazione. Sarà poi l’Inps a verificare la sussistenza dei requisiti in base agli archivi delle comunicazioni obbligatorie e ai dati già disponibili presso il ministero del Lavoro. (agg. di Silvana Palazzo)
QUOTA 100: CHI CI GUADAGNA E CHI CI PERDE
Secondo L’Eco di Bergamo non sarebbero poche le categorie di lavoratori che potrebbero anche guadagnare dall’implementazione della Quota 100 come superamento della Legge Fornero sulle pensioni. Pare, dalle prime informazioni date dal Governo gialloverde, che in “pensione” potrebbe andare l’Ape Social del governo uscente con notevoli cambiamenti negli scenari dei prossimi 10-15 anni. Il quotidiano bergamasco ha fatto qualche esempio su chi possa realmente “guadagnare” o “perdere” con la nuova riforma pensionistica. Un impiegato pubblico che lavora dal 1982 e ha 64 anni con 37 anni di contributi può andare in pensione nel gennaio 2019: ebbene, con le regole attuali andrebbe in pensione solo nel 2022 e dunque si guadagnerebbe alquanto con la nuova Quota 100. Di contro, una donna disoccupata nata nel gennaio 1956 con lavori dal 1985 al 2015 potrebbe invece perderci rispetto all’Ape Social che le garantiva di andare in pensione con sussidio: «le madri, al momento, hanno poi un maggiore ’scontò sui contributi per ogni figlio: un anno per figlio con un massimo di due anni. Con le nuove regole in arrivo, non avendo i contributi necessari alla quota 100 potrebbe dover aspettare – se non ci sarà una clausola di salvaguardia ad hoc – i 67 anni andando quindi nel 2023», spiega l’Eco di Bergamo.
FORNERO: “MIA LEGGE? PROBLEMA SONO LE BABY PENSIONI”
In una lunga intervista questa mattina all’Unione Sarda, l’ex ministro Elsa Fornero, firmataria della “famigerata” riforma pensioni che il Governo Lega-M5s vuole cancellare, affronta quelli che per lei sono i veri problemi del sistema previdenziale italiano. «Le regole pensionistiche in Italia – spiega la professoressa – erano state disegnate in un’epoca in cui la demografia del Paese, la crescita economica e l’occupazione erano molto diverse. Oggi dobbiamo confrontarci con un rapido invecchiamento della popolazione e una disoccupazione strutturale». Questo però non significa che la sua legge, tanto contestata dal 2011 in poi, sia completamente sbagliata o “fuori tempo”: la Fornero si difende spiegando che «la storia non si cambia e non possiamo tornare indietro a quando furono prese decisioni sciagurate come e baby pensioni, ma possiamo cercare di rimediare». Secondo l’ex ministro di Lavoro e pensioni, quando si insediò il Governo Monti l’Italia rischiava pesantemente di trovarsi senza risorse per poter pagare stipendi pubblici e assegni pensionistici.
PENSIONI QUOTA 100? PRIMA L’EMERGENZA SU ASSEGNI BASSI
Ieri all’assemblea di Confesercenti il ministro degli Interni Matteo Salvini ha preso per un pomeriggio il “posto” del collega-rivale Luigi Di Maio annunciando sul fronte pensioni la completa rivisitazione della riforma Fornero: «va smontata pezzo per pezzo quella legge, introducendo subito la Quota 100 perché 41 anni di anzianità contributiva penso siano sufficienti». Esattamente però come sul fronte tasse con la Flat tax lanciata dal Governo anche sulla Quota 100 vi sono diversi dubbi sulla tempistica “immediata” dell’istituzione (già nel 2018, come dice Salvini, sembra più un’utopia che altro) e sulla copertura economica. Per questo motivo, scrivono gli osservatori del Sole 24 ore, è più probabile che i primi interventi del Governo siano a minore impatto sui conti pubblici per iniziare al meglio il lavoro della Finanziaria di autunno. Solo poi si provvederebbe al metter mano alla legge Fornero: intanto però, come racconta Today, sorge un grave problema che era già inserito nella “vecchia” riforma pensioni. Chi andrà in pensione nel 2019 avrà un assegno più baso: questo è un effetto, poco noto, della legge Fornero fissata nel 2011. «L’adeguamento automatico del coefficiente di trasformazione per le pensioni. Un meccanismo che in Italia si è fatto sentire con un taglio delle pensioni di circa il 12% in dieci anni», ricorda il quotidiano “Italia Oggi”. I coefficienti di trasformazione del montante contributivo validi dal 2019 al 2021 (i coefficienti che applicati al totale dei contributi versati durante la vita lavorativa, determinano l’importo annuo di pensione cui ha diritto il lavoratore) sono fissati e alti quanto maggiore è l’età del lavoratore che si appresta all’uscita dal lavoro. Insomma, un problema tutt’altro che marginale che non potrà che essere preso in considerazione dal Governo forse addirittura prima della Quota 100 da importare.
RIFORMA PENSIONI: SCUOLA, ANSIA DIPENDENTI PER CALCOLO CONTRIBUTI
“Italia Oggi” porta alla luce una situazione alquanto complessa nella Scuola italiana, con ben 42mila dipendenti in ansia per il calcolo dei contributi con l’approssimarsi nei prossimi mesi dell’andata in pensione. Il 1 settembre infatti per raggiunti limiti d’età – o per dimissioni volontarie, per Opzione Donna o Ape Sociale – questi 42mila dipendenti dovranno iniziare a percepire i primi assegni dall’Inps ma pare vi siano notevoli problemi e disagi con il calcolo del Miur rispetto all’assegno previdenziale. «L’Inps starebbe incontrando difficoltà nel verificare l‘effettivo possesso dei requisiti contributivi dichiarati dal personale scolastico all’atto della domanda», scrive il quotidiano diretto da Magnaschi. Pare che le varie discrepanze tra l’estratto conto assicurativo dell’Inps e i certificati di servizio rilasciati dalle varie scuole siano alla base di questo ritardo nel controllo previdenziale. Attenzione, dice Italia Oggi, visto che per regolamento se questa discrepanza non venisse sanata – una volta verificata sussistersi ovviamente – si potrebbe verificare uno slittamento della liquidazione della pensione. La ricerca dei documenti e il controllo incrociato dovranno essere compiuti alla perfezione e per qualsiasi dubbio o problema il consiglio è sempre quello di rivolgersi direttamente agli enti protagonisti, Inps su tutti.