“Spesso s’incontra il proprio destino nella via che s’era presa per evitarlo” diceva il grande scrittore e poeta Jean de La Fontaine. È un po’ quello che starà forse pensando il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, che ha sul tavolo un dossier che non può più evitare.

Parliamo di Ilva, davvero un caso più complesso al momento non esiste. A fine giugno scade il commissariamento, ma ancora non vi è quell’accordo finale tra azienda, sindacati e governo che possa definitivamente chiudere l’operazione. Si è rimasti alla proposta messa sul tavolo da Carlo Calenda, ma che i sindacati – o meglio parte di essi – hanno voluto respingere, più per ragioni che di sindacale hanno poco a che vedere.



E adesso la patata bollente è nelle mani del ministro Di Maio. La base del M5s a Taranto è fortemente orientata alla chiusura dell’azienda. Grillo, sulle pagine del suo blog, ha suggerito di provare a usare dei fondi europei per riconvertire l’attuale area dell’acciaieria di Taranto. L’alleato di governo, Matteo Salvini, a quanto pare, di chiudere Ilva non vuol però sentir parlare. E meno male. Quindi, è presumibile che – nell’era di Industria 4.0 – prevalga il buon senso e si vada oltre questo spettacolo oggettivamente un po’ azzardato, se si considera che l’Italia resta il secondo Paese manifatturiero d’Europa.



Resta tuttavia molto difficile pensare che l’operazione possa chiudersi entro fine mese. Ecco perché l’ipotesi della proroga del commissariamento pare la più plausibile, anche per via degli incontri che – come riferito dal Sole 24 Ore – il ministro ha avuto proprio con i commissari, prima ancora che con azienda e sindacati (che Di Maio dice di voler incontrare prossimamente).

Potrebbe, quindi, prendere quota la proroga tecnica di 90 giorni della gestione commissariale a partire da luglio, per dare più tempo alle parti di chiudere la trattativa sindacale. L’esecutivo, a sua volta, avrebbe più tempo per decidere se proseguire lungo la strada tracciata, chiedendo magari all’azienda di accettare eventuali addendum sul fronte delle verifiche sanitarie e ambientali, o se cambiare direzione e andare verso non meglio dettagliate riconversioni “green”.



Naturalmente, per la proroga della gestione commissariale fino al termine di settembre, serve il consenso anche di Am Investco e sindacati. E, soprattutto, bisognerebbe mettere in preventivo un rifinanziamento della gestione, visto che Ilva continua velocemente a bruciare circa 30 milioni di euro al mese, con le complicazioni del caso in termini di valutazioni europee su un’eventuale natura non legittima degli aiuti di Stato.

È sconfortante pensare che, dopo aver intercettato il più grande player mondiale dell’acciaio, ancora ci sia questa situazione di stand by, che non solo non è propria di un Paese che fa parte del G-7, ma che non scioglie il grande enigma che prima o poi va seriamente affrontato: l’Italia, nell’era di Industria 4.0, vuole rilanciare il suo manufacturing o vuole tornare a essere un Paese agricolo?

Se la risposta è positiva, il governo del cambiamento deve porre al centro dell’agenda politica anche la questione dell’industria.

Twitter: @sabella_thinkin