DI MAIO CONFERMA LA “QUOTA 100”
Intervenendo a “In Mezz’ora” di Lucia Annunziata, il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha confermato la Quota 100 come tentativo forte del Governo di superare la legge Fornero con i pensioni che, assieme al reddito di cittadinanza, riguardano i primissimi punti del lavoro in CdM del neo-Governo Conte. Ha fissato un obiettivo, intanto, per provare a mettere in atto la riforma pensionistica e non sarà a strettissimo giro: «L’appuntamento più importante è la legge di bilancio di fine anno, dobbiamo fare tutti i provvedimenti a costo zero e mettere insieme due fondi: uno per il reddito di cittadinanza e uno per il superamento della legge Fornero», ha spiegato il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico. Non solo, per Di Maio le risposte verranno date comunque subito agli italiani: «una volta fatto questo, faremo anche il resto. La pace fiscale però non è un condono, si deve attuare ma non deve avere nessun carattere condonistico» ha precisato il vicepremier sempre in diretta su Rai3. (agg. di Niccolò Magnani)
DE NICOLA, AVVERTIMENTO SU LEGGE FORNERO
Sul tema della Riforma delle Pensioni è intervenuto anche Alessandra De Nicola della Adam Smith Society, che intervenendo a Omnibus ha sottolineato possibili incongruenze tra l’abolizione della legge Fornero e l’abolizione dei vitalizi: “Abolire i vitalizi, significa che i parlamentari finalmente anziché avere un trattamento di privilegi, devono passare al sistema contributivo, in base al quale devi andare in pensione con ciò che hai contribuito. Nello stesso momento in cui ce la si prende con i privilegi dei parlamentari, si dice di ‘fare fuori’ il sistema contributivo, pietra fondante della Legge Fornero. A meno che non si voglia dire che la quota 100, la pensione sarà bassina. Forse è meglio pensare a queste cose: ci si scaglia contro i privilegi, dopo di che la soluzione per questi privilegi viene invece messa su un binario morto quando riguarda conti ben più grandi del Paese”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
MINISTRO TRIA: “SUPERARE FORNERO? SÌ MA OCCHIO A SOSTENIBILITÀ”
Nella lunga intervista al Ministro dell’Economia Giovanni Tria sul Corriere della Sera spuntano importanti ammissioni sul fronte pensioni che mettono un “freno” alla spavalderia di Salvini e Di Maio che intendono superare e cancellare la legge Fornero per impostare invece la riforma della Quota 100. «Sono consapevole di assicurare la sostenibilità di lungo termine della finanza pubblica. La legislazione sul sistema pensioni richiede di guardare non solo al breve, ma anche al medio e soprattutto al lungo termine. Credo – spiega ancora il neo Ministro del Mef – che la nostra legislazione pensionistica possa essere migliorata, ma lo si farà con l’attenzione alla sostenibilità. Anche quella di lungo termine. Studieremo dei miglioramenti, sapendo che su queste materie non si improvvisa». Il collega Fubini gli fa notare che il problema coperture economiche non può non essere un problema, visto che ai 5 miliardi già “pensati” per sistemare le Pensioni sono già emersi numeri su Aumento iva, Centro di impiego, Flat tax eccetera. Tria allora replica: «Il governo si è appena insediato, non sarebbe serio indicare numeri prima di un riesame complessivo. I nuovi conti saranno presentati con la nota di aggiornamento del Def in settembre. Ma questi conti saranno del tutto coerenti con l’obiettivo di proseguire sulla strada della riduzione del rapporto debito/Pil. È un obiettivo esplicito del governo, su cui ci sono state dichiarazioni chiare del presidente del Consiglio. Non devono esserci dubbi. In ogni caso la preparazione della nota seguirà a un dialogo costante con la Commissione Ue». (agg. di Niccolò Magnani)
“EFFETTO” FORNERO: LA PROPOSTA DI UIL PER ELIMINARLO
Tiene ancora banco la questione dell’adeguamento automatico del coefficiente di trasformazione. Con la nuova riforma delle pensioni il nuovo governo vuole cancellare la legge Fornero, ma non dovrebbe riuscire a fare in tempo ad annullare l’effetto di una delle parti meno note della riforma previdenziale varata dal governo Monti. La novità di questi giorni è il decreto legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma approvato il 15 maggio scorso: comporterà un taglio medio dell’1,2% per chi andrà in pensione l’anno prossimo. L’adeguamento vale solo per le pensioni calcolate con il metodo contributivo, una beffa per le nuove generazioni di pensionati. Il coefficiente di trasformazione è stato adeguato l’ultima volta nel 2016, prima ancora nel 2013. La riforma Fornero ha stabilito infatti scadenze fisse triennali per la revisione dei coefficienti. Ai sindacati era stato promesso un tavolo per la revisione dei criteri di calcolo, ma non è mai partito. La Uil ad esempio ha proposto, come spiegato dal segretario confederale Domenico Proietti, di applicare diversi coefficienti alle coorti di nascita, non agli anni di pensionamento. Questo è un sistema più equo e un disincentivo ad andare in pensione prima per evitare i tagli. Sì, perché, come evidenziato dal Giornale, gli esperti in materia previdenziale prevedono un esodo di lavoratori per evitare la prossima stretta, quella del 2021. (agg. di Silvana Palazzo)
QUOTA 100, COSA CAMBIA PER I LAVORATORI
La riforma delle pensioni promessa dal governo potrebbe risolversi in una sorta di baratto tempo-denaro. Meno anni di lavoro? Assegni previdenziali più bassi. Un ventenne potrebbe smettere di lavorare cinque anni e mezzo prima, ma avrebbe un assegno più basso di 210 euro al mese, il 16% in meno. Man mano che si cresce con l’età l’anticipo sarebbe minore e quindi più ridotto il sacrificio economico da sopportare. Le simulazioni realizzate da Progetica per L’Economia, del Corriera della Sera, mostrano i possibili effetti della revisione radicale della legge Fornero. Un ventenne potrà staccare a 61 anni e 4 mesi, cioè cinque anni e mesi prima dei 66 e dieci richiesti con le regole attuali. Per una donna l’anticipo invece sarà minore, quattro anni e 4 mesi. In cambio, però, il taglio del vitalizio sarà rilevante: rispetto a una pensione di 1.289 euro con le attuali regole, il primo riceverà 1.089 euro, la seconda 1.247. Con la quota 100 a cui sta pensando il governo si potrebbe andare in pensione almeno a 64 anni di età e 36 di contributi. Per quanto riguarda quota 41, o 41 e mezzo, verrebbero salvaguardati i lavoratori precoci. Un anno lavorato prima dei diciannove ne varrebbe 1,25. Inoltre, il contratto di governo prevede la reintroduzione dell’opzione donna, che ha consentito alle lavoratrici di andare in pensione con 57-58 anni e 35 di contributi, scegliendo però integralmente il regime contributivo. (agg. di Silvana Palazzo)
PENSIONI, IN NOVE ANNI CALO DELL’11%
Ennesimo taglio sull’assegno previdenziale: a determinarlo il coefficiente che va a definire il montante contributivo per le pensioni dal 2019 al 2021. Introdotto nel 2009, il coefficiente stabilisce la cifra annua della pensione a cui ha diritto chi lavora in base ai contributi versati. Il lavoratore accantona ogni anno i contributi e, quando arriva il momento del pensionamento, a totale contributi versati (montante contributivo) viene applicato un coefficiente, detto di trasformazione, che converte i contributi in pensione. Ma c’è un altro aspetto che Italia Oggi sottolinea: da quando questo parametro è stato introdotto, ad ogni triennio la cifra dell’assegno pensionistico ha subito quasi sempre un livellamento al ribasso. Il totale, di fatto, nell’arco di ben nove anni fa registrare un taglio dell’11% sulla pensione. L’anno prossimo ci sarà la quarta revisione, sempre negativa, di circa l’1%, portando il calo complessivo del periodo oltre il 12%. (agg. di Silvana Palazzo)
COME SONO DIMINUITE LE PENSIONI NEGLI ULTIMI ANNI
Brutte notizie per chi andrà in pensione nel 2019. L’aggiornamento dei coefficienti che operano nel sistema contributivo producono un taglio dell’1% all’anno. Come cala la pensione? Per avere un’idea di come sta fluttuando la misura negli anni, facciamo il calcolo di un’ipotetica pensione annua corrispondente a un montante contributivo di 100mila euro, a 65 anni di età. Come riportato da Italia Oggi, per un pensionamento avvenuto entro il 2009, la pensione annua è stata di 6.136 euro. Se è avvenuto dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2012, la pensione annua è stata di 5.620 euro, quindi 516 euro in meno rispetto al 2009. Se invece si è andati in pensione dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, la pensione annua è stata di 5.435 euro, ossia 185 euro in meno rispetto al 2012 e 701 euro in meno rispetto al 2009. Arriviamo ai pensionamenti dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, per i quali la pensione annua è stata o sarà pari a 5.326 euro, ossia 109 euro in meno rispetto al 2015, 185 euro in meno rispetto al 2012 e 810 in meno rispetto al 2009. Infine, i futuri pensionamenti: chi si fermerà dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2021, percepirà annualmente 5.245 euro, ossia 81 euro in meno rispetto al 2018, 266 euro in meno rispetto al 2012 e 891 euro in meno rispetto al 2009. E sarà così fino al 2021: la revisione è valida infatti per il triennio. (agg. di Silvana Palazzo)
NUOVI COEFFICIENTI: COSA CAMBIA PER LE PENSIONI
Pensione meno ricca con l’aumento della speranza di vita. I moltiplicatori sono meno generosi di quelli del triennio 2016-2018, stando a quanto emerso dal decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dal ministero del Lavoro di concerto con quello dell’Economia. L’aggiornamento dei coefficienti serve per “calmierare” l’effetto economico dell’incremento dei requisiti anagrafici per andare in pensione. Tuttavia, dato che si lavorerà 5 mesi in più, il montante contributivo accumulato sarà un po’ più elevato e questo più o meno compenserà il meccanismo di trasformazione meno favorevole. Nella tabella allegata al decreto pubblicato ieri, c’è un’altra novità, cioè il coefficiente relativo ai 71 anni di età. Attualmente infatti il periodo di pensionamento preso in considerazione va dai 57 ai 70 anni, ma visto che la speranza di vita si è allungata, il prospetto valido dal 2019 si estende da 57 a 71 anni. (agg. di Silvana Palazzo)
DAL 2019 TAGLIO SUPERIORE ALL’1%
Chi si ritirerà dal lavoro il prossimo anno riceverà assegni per le pensioni più magri. È stata aggiornata la tabella dei “coefficienti minimi di trasformazione del montante contributivo”. Si tratta dei valori che si applicano al totale dei contributi versati durante l’attività lavorativa, rivalutati per la crescita economica, per determinare l’importo che effettivamente finisce nelle tasche del futuro pensionato. I coefficienti variano in base all’età del lavoratore quando va in pensione, quindi saranno tanto più alti quanto maggiore è l’età del lavoratore che va in pensione. Il decreto con cui il Ministero del Lavoro aggiorna questi numeri è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. E riserva, come evidenzia Italia Oggi, una brutta sorpresa per i prossimi pensionati. Il risultato è che dal 2019 la pensione annua sarà in media inferiore di oltre l’1% rispetto a chi è riuscito ad accedervi quest’anno, ma si può sfiorare il 2% di penalizzazione per le fasce di età più alte. (agg. di Silvana Palazzo)
LEONARDI CONTRO QUOTA 100 E QUOTA 41
Il Sole 24 Ore ha ospitato un intervento di Marco Leonardi, già consigliere economico di palazzo Chigi, dedicato alla riforma delle pensioni che il Governo Conte vorrebbe varare, puntando in particolare su Quota 100 e Quota 41. Leonardi fa notare che già oggi, tramite Opzione donna, salvaguardie e Ape, circa il 22% delle uscite dal mondo del lavoro avviene “prima del termine”. In questo senso viene anche citato il dato dell’età effettiva di pensionamento media che nel nostro Paese è pari a 62 anni e 10 mesi. “Questo avviene non solo perché tuttora le pensioni di anzianità (raggiunte con 42 anni e dieci mesi di contributi) sono prevalenti (circa due terzi dei pensionamenti), ma anche perché esistono già una serie di istituti che permettono di andare in pensione molto prima dell’età teorica dei 67 anni (quasi un quarto dei pensionati va in pensione prima dei 60 anni). Ad oggi solo un terzo dei pensionati va in pensione con più di 64 anni”.
Dal suo punto di vista, quindi, “l’effetto della riforma Fornero” “è stato attutito e dolorosamente ‘digerito’ a distanza di 6 anni dalla riforma. Intervenire di nuovo sulla riforma Fornero sarebbe tutt’altro che indolore. Significherebbe sottovalutare le implicazioni della dinamica demografica, che sta spingendo tutti i Paesi ad aumentare gradualmente l’età pensionabile”. Leonardi sottolinea poi che “con le quote e i 41 anni per tutti si favoriscono le carriere più lunghe (tendenzialmente al nord) e le retribuzioni più alte”. Dunque una riforma come quella che immaginano Lega e Movimento 5 Stelle sarebbe iniqua e a spese dei giovani.