Il cosiddetto Decreto dignità, approvato nel Consiglio dei Ministri del Governo Conte nella tarda serata del 2 luglio e modificato ieri, è in pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il primo provvedimento del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico avrebbe dovuto, nelle intenzioni del suo ideatore, dare un colpo mortale alla precarietà lavorativa, ma, a detta di specialisti e operatori di settore, ha sbagliato bersaglio e rischia di aumentare proprio quella precarietà che avrebbe voluto definitivamente eliminare.
Non sono gli appalti illeciti, le false partite Iva, i contratti di rete farlocchi, i distacchi fuori norma, il lavoro nero a essere colpiti, ma, principalmente, il lavoro in somministrazione che è il rapporto di lavoro più tutelato: si hanno due imprese che garantiscono il lavoratore (l’agenzia per il lavoro e l’azienda utilizzatrice); si ha un trattamento retributivo – almeno – uguale a quello dei lavoratori diretti; si hanno interventi formativi a carico della Agenzie per il lavoro e, spesso, anche un welfare migliore di quello dell’azienda utilizzatrice. Per queste ragioni la bozza del decreto legge è stato un fulmine a ciel sereno e le tre associazioni di rappresentanza delle Agenzie per il lavoro – Assolavoro, Assosomm, Alleanza Lavoro network – pare abbiano fatto fronte comune o, comunque, abbiano dimostrato coincidenza di azioni.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Andrea Lombardi, presidente di Alleanza Lavoro e consigliere delegato di Ali, che si sarebbe aspettato un coinvolgimento da parte del nuovo Ministro Di Maio in quanto ”gli interventi sul mercato del lavoro in passato erano stati preceduti da momenti di confronto con gli operatori per capire il funzionamento del mercato stesso”; il Centro Studi di Alleanza Lavoro, continua Lombardi, ”ha immediatamente analizzato la bozza approvata in consiglio dei ministri e ha individuato ben 13 criticità a cui abbiamo fatto seguire altrettante proposte concrete di soluzione”.
Rosario Rasizza, presidente Assosomm e Ad Openjobmetis, ricorda che “lo scorso anno la somministrazione di lavoro ha contribuito allo 0,7% del Pil grazie alle 90 agenzie per il lavoro attive e ai rispettivi 13.500 dipendenti di struttura impiegati nelle 2450 filiali in Italia”. Entrambi gli intervistati sono preoccupati per gli effetti del decreto sul mercato. Rasizza sottolinea che “il divieto di prorogare il contratto a termine oltre i 24 mesi, l’incremento degli oneri contributivi relativi ai rinnovi, o l’imposizione di pause temporali tra i contratti, rischierebbero di favorire sia il lavoro nero, sia una condizione di precarietà per un numero sempre maggiore di lavoratori”. Mentre Lombardi, sulla base delle analisi del suo centro studi, ritiene che il primo effetto sarà “un enorme turnover perché si preferirà non correre il rischio di un nuovo contenzioso sulle causali”.
L’intervento modificativo di ieri sulla bozza di decreto, con l’esclusione della necessità dell’indicazione di causali per il lavoro stagionale, riduce solo in minima parte l’effetto turnover, ma è un segnale positivo nei confronti di lavoratori e imprese. In conclusione il Decreto dignità rischia di rendere strutturale la precarietà: aumentano le occasioni di lavoro per più persone, ma per periodi lavorativi più brevi. Sarà stato questo il reale intento del Ministro?