Dopo l’approvazione del Jobs Act sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica all’Anpal, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con un Centro per l’impiego. In particolare si specifica che il beneficiario di prestazioni di sostegno al reddito è tenuto ad attenersi ai comportamenti previsti nel patto di servizio personalizzato, sottoscritto con un Cpi allo scopo di confermare lo stato di disoccupazione dichiarato in sede di richiesta dell’ammortizzatore sociale.



Nello specifico, in caso di prima mancata presentazione, in assenza di giustificato motivo, alle convocazioni del Cpi si prevede la decurtazione di un quarto di una mensilità dell’indennità, la decurtazione di una mensilità alla seconda mancata presentazione e la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione in caso di un’ulteriore mancata presentazione. Inoltre, in caso di mancata accettazione, in assenza di giustificato motivo, di un’offerta di lavoro congrua, la normativa vigente già prevede la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione.



Un’offerta di lavoro, appunto, che deve essere ritenuta congrua sulla base di alcuni criteri definiti dal decreto 150 di attuazione della riforma del mercato del lavoro: la coerenza di questa con le esperienze e le competenze maturate, la distanza dal domicilio e i tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico, la durata della disoccupazione e la retribuzione del nuovo lavoro che dovrà essere, in ogni caso, superiore di almeno il 20% all’indennità percepita nel mese precedente.

Il decreto ministeriale necessario è stato, tuttavia, pubblicato solo pochi giorni fa. Nel testo si identificano, tra le altre cose, nel dettaglio le casistiche di giustificato motivo quali un documentato stato di malattia o di infortunio, la partecipazione al servizio civile e/o il richiamo alle armi, lo stato di gravidanza, per i periodi di astensione previsti dalla legge, gravi motivi familiari documentati o certificati, casi di limitazione legale della mobilità personale e, ovviamente, ogni comprovato impedimento oggettivo o causa di forza maggiore, documentato o certificato.



Un altro passo importante, almeno sulla carta, per la costruzione di un serio sistema di politiche attive anche nel nostro Paese è stato, quindi, compiuto. È arrivato così il tempo, più difficile, dell’implementazione e della messa in pratica di principi oramai universalmente condivisi da tutte le parti politiche e sociali.

La speranza è che, per mere ripicche politiche, non vada perso quanto, con fatica, è stato costruito in materia di politiche attive negli ultimi 20 anni da governi di diverso colore. Talvolta il cambiamento si realizza, infatti, mettendo in pratica una buona legge, anche se scritta dai propri avversari politici.