APE SOCIAL AL POSTO DI QUOTA 100
Luigi Di Maio, ospite della trasmissione Omnibus, in onda su La7, torna a ribadire che la riforma delle pensioni, la flat tax e il reddito di cittadinanza saranno nella Legge di bilancio. Tuttavia, secondo quanto riportato da money.it, il ministro del Lavoro non sarebbe molto convinto di procedere al varo della Quota 100. Questo perché la misura prevederebbe un’età minima per l’accesso alla quiescenza pari a 64 anni, cosa che sconterebbe molti italiani. Per questo “sembra che Di Maio sia favorevole a confermare l’Ape Sociale (che scadrà il 31 dicembre 2018) ed estenderla ad altre categorie di lavoratori”. L’Anticipo pensionistico, infatti, ha un requisito anagrafico minimo di 63 anni. “Al momento comunque si tratta solamente di voci, perché ufficialmente la posizione del Governo è ancora quella che prevede la Quota 100 introdotta nel 2019 e l’estensione della Quota 41 dal 2020”. Dunque bisognerà attendere almeno fino settembre per capire cosa ci sarà nella Legge di bilancio.
QUOTA 100, LA DOMANDA DEL CODS
La riforma delle pensioni che il Governo intende varare sarà all’insegna di Quota 100, con la previsione però di un paletto riguardante l’età anagrafica: bisognerà avere almeno 64 anni (e conseguentemente 36 anni di anzianità contributiva) per poter accedere alla quiescenza. Su questo provvedimento Orietta Armiliato ha posto una domanda ad alcuni politici ed esperti di previdenza, come Cesare Damiano, Walter Rizzetto, Annamaria Parente, Roberto Ghiselli, Mauro Leonardi e Domenico Proietti: “Se fissi un paletto tipo 64 anni di età così come si legge un po’ ovunque nei proponimenti per poter accedere alla pensione, che razza di quota 100 è?”. La domanda non è per nulla banale e sia esponenti del sindacato che del Pd hanno in effetti espresso la loro perplessità su questo paletto, chiedendo che si scenda a 63 o a 62 anni come requisito minimo anagrafico richiesto per l’accesso alla quiescenza.
IL NODO TRA DEFICIT E AUSTERITÀ
Negli scorsi giorni il Sole 24 ore ha presentato una serie di informazioni e studi specializzati sul fabbisogno economico delle riforme pensionistiche all’interno di una più che mai complicata legge Finanziaria: secondo i colleghi del quotidiano economico milanese, i risparmi dello Stato sulla spesa corrente potrebbe essere attorno agli 1,5 miliardi di euro. Il Governo Lega-M5s dove prenderà i restanti (circa altri 10) per poter metter mano a tutte le riforme più importanti promesse nel Contratto? Il problema è da un lato l’eccessiva austerità che potrebbe portare effetti negativi non solo sul fronte crescita ma anche sul lato consensi dell’elettorato; di contro, il problema del deficit Pil da rispettare è uno spettro che il ministro Tria conosce bene, mentre Di Maio e Salvini vorrebbero tirarlo per la giacchetta, aumentando le spese anche contro il volere dell’Ue. «Si necessita una riforma coraggiosa», aveva detto Salvini con riferimento “indiretto” al Ministro dell’Economia. La battaglia tra Mef e “gialloverdi” è solo all’inizio.. (agg. di Niccolò Magnani)
CORTE DEI CONTI: “PREOCCUPANTE IL CALO DEMOGRAFICO”
Quanto sottolineato dall’analisi odierna di Econopoly – che potete scorgere qui sotto – ci riporta alla mente il recente allarme lanciato dalla Corte dei Conti proprio sul rapporto tra pensioni e calo demografico preoccupante nel nostro Paese: secondo l’istituzione economia, «nei prossimi anni il bilancio pubblico sarà fortemente condizionato dall’invecchiamento della popolazione e dalle modifiche della struttura demografica». Il report di luglio della Corte dei Conti sottolinea inoltre come proprio il calo demografico, legato alla mancanza di una crescita netta sul fronte occupazione, «potrebbe avere effetti sula spesa per la protezione sociale più acuti di quanto finora atteso», riferendosi in particolare a sanità, assistenza e previdenza. La Corte ha poi commentato anche il Documento di Economia e Finanza del 2018 – stilato dall’uscente Governo Gentiloni – spiegando come «il rapporto spesa per pensioni/Pil aumenterà tra i 2 e i 2,5 punti percentuali intorno al 2040, mentre l’effetto sul rapporto debito pubblico/Pil risulterebbe marcato: un aumento di circa 30 punti nel 2070». I motivi? Secondo la Corte dei Conti, il problema è legato a fattori demografici appunto, e di produttività: entrambi elementi che la politica dovrebbe immediatamente porre riparo, prima ancora della Quota 100 o di altri correttivi alla riforma Fornero. (agg. di Niccolò Magnani)
DEMOGRAFIA E ASSEGNI: I RISCHI PER IL FUTURO
In un lungo post apparso su Econopoly – blog economico sul Sole 24 ore – Corrado Griffa ha lanciato l’allarme sul nodo pensioni che affigge il nostro Paese: per il manager e CEO, gli ultimi rapporti Inps rilevano evoluzioni importanti ed inquietanti per gli scenari futuri del nostro sistema previdenziale. «Sul piano delle modalità di finanziamento, il modello pensionistico obbligatorio nel nostro paese si configura come un sistema a ripartizione, in cui l’onere pensionistico è ripartito sui lavoratori correnti: i contributi dei lavoratori attivi vengono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni ai lavoratori in quiescenza. In quanto tale, il metodo a ripartizione subisce le oscillazioni del dato occupazionale, del livello retributivo degli assicurati e dell’andamento demografico», ricorda Griffa in merito ai dati Inps. Ciò che deve essere inseguito è l’avere nei prossimi anni una base di lavoratori attivi sempre più crescente che possano «versare contributi» a fronte di una «invecchiamento della popolazione dovuto alla diminuzione del tasso di natalità ed al contemporaneo aumento della capacità di sopravvivenza e quindi della speranza di vita degli italiani, stimata in 83,49 anni». (agg. di Niccolò Magnani)
BRAMBILLA, “CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ PUÒ TORNARE”
Tra le pensioni e la Finanziaria i conti non sembrano proprio tornare alla perfezione: nei prossimi mesi Di Maio, Salvini e lo stesso Tria dovranno triangolare più del dovuto per trovare una quadra possibile, in grado da non “distruggere” l’equilibrio del Governo e nello stesso tempo che possa accontentare un po’ tutti. Al momento, gli screzi continuano (come pure le stilettate, vedi Di Maio qui sotto) eppure qualche embrione di “soluzione” ad alcuni problema sembra esserci sul piatto: per tutte le pensioni da 2mila euro al mese lordi in su, potrebbe essere applicato un “nuovo” contributo di solidarietà. Lo ha detto ieri Alberto Brambilla – esperto di pensioni della Lega e presidente del Centro Studi Itinerari Presidenziali – in una intervista alla Stampa, spiegando come «il contributo potrà tornare e sarà di 3 anni». Nello specifico, il leghista esperto (e fidato di Salvini) annuncia, «per non farci rimbeccare nuovamente dalla Corte costituzionale dovrà essere temporaneo, ragionevole, progressivo e proporzionale. Toccherà alla politica stabilire dove mettere l’asticella. Ma comunque, anche fosse messa su pensioni che valgono 4 volte il minimo, ovvero 2 mila euro lordi, per poi salire il prelievo partirebbe da 5-7 euro/mese». (agg. di Niccolò Magnani)
DI MAIO, “ABOLIZIONE FORNERO È EMERGENZA SOCIALE”
Luigi Di Maio non vuole sentir parlare di vincoli di bilancio: stiamo estremizzando un concetto espresso ieri in una intervista al Corriere della Sera del Ministro del Lavoro, eppure dalle sue parole gli elementi espressi sono tutt’altro che lontani da questo “sunto”. Sulle pensioni, ad esempio, gli obiettivi scritti nel Contratto di Governo tra Lega e M5s «devono venire prima» dai vincoli e dagli “zero virgola” che il Ministro dell’Economia potrà salvaguardare nei prossimi mesi. La partita tra Tria, Di Maio e Salvini rischia di farsi sempre più complicata, anche se al momento ognuno dei tre protagonisti esclude “fratture” interne: eppure, se si ascolta il Ministro M5s si capisce che la Legge di Bilancio sarà un bivio ancora più fondamentale di quanto già non sia una Finanziaria per ogni Governo, specie la prima: «vincoli di bilancio? Ancora li dobbiamo conoscere», stuzzica Di Maio rispondendo ai colleghi del CorSera, «Ma deve essere chiaro che reddito di cittadinanza e flat tax insieme alla abolizione della legge Fornero sono emergenze sociali. Si devono realizzare». Alla ulteriore domanda sulla tempistica di queste “realizzazioni”, il leader grillino non ha dubbi «il prima possibile, anzi, subito. Non vedo incomprensioni con il ministro: c’è un contratto di governo ed è quello che dobbiamo seguire». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LA POSIZIONE DELLA CIDA
La riforma delle pensioni non può essere impostata separatamente da quella annunciata su tasse e welfare. Ne è convinto Giorgio Ambrogioni, che, secondo quanto riportato da Adnkronos, ha detto: “Il governo ha annunciato di voler intervenire, nei prossimi mesi, sulle pensioni, sul fisco e sull’assistenza: sarebbe un errore farlo separatamente, invece di impostare una manovra coerente e condivisa con le parti sociali che affronti insieme questi tre fondamentali aspetti della spesa pubblica nazionale”. Il Presidente della Cida è quindi convinto che occorra evitare degli “interventi spot” sui singoli temi, anche perché “se il governo riuscisse a varare un’adeguata ‘cabina di regia’ su argomenti così complessi, avrebbe una carta in più da giocarsi a Bruxelles e, soprattutto, metterebbe fine ai continui allarmi suscitati su intere categorie sociali dalle incontrollate notizie su tagli alle pensioni, nuovi prelievi fiscali e incertezze sull’attuale sistema di welfare”.
Ambrogioni non vuole entrare nel merito riguardo su quale sia la ricetta migliore da applicare, tuttavia in tema di pensioni è convinto che il sistema abbia bisogno “di una profonda revisione per superare diseguaglianze e impedire pericolose fughe in avanti demagogiche e penalizzanti”. In generale, per il Presidente della Cida è importante che il Governo, in particolare il ministro del Lavoro, apra “un tavolo di confronto e di dialogo con le parti sociali per unire gli sforzi verso un comune obiettivo che consenta di superare l’attuale situazione bloccata, caratterizzata da un’inutile guerra fra classi sociali che alimenta odio e rancore”.