Il cosiddetto “decreto dignità” è attualmente alla discussione in assemblea alla Camera dei deputati dopo l’iter in commissione che ha visto uscire un testo con alcune modifiche rispetto alla versione originale come, ad esempio, incentivi per chi stabilizza il lavoro precario. Il voto finale è previsto per il 2 agosto. L’Italia, insomma, vedrà cambiata, per l’ennesima volta in pochi anni, la sua normativa in materia di mercato del lavoro.



Ma qual è lo stato di salute del nostro Paese rispetto alle dinamiche occupazionali? Alcuni recentissimi dati dell’Istat ci possono, forse, aiutare a capirlo. A giugno 2018, dopo tre mesi di crescita, la stima degli occupati registra un calo (-0,2% rispetto a maggio,pari a -49 mila). Il tasso di occupazione scende così al 58,7% (-0,1 punti percentuali). La diminuzione congiunturale dell’occupazione coinvolge soprattutto gli uomini (-42 mila) e le persone con più di 35 anni (-56 mila). Nell’ultimo mese crescono, e questo è sicuramente un dato rilevante per il dibattito in corso, i lavoratori con un contratto a termine (+16 mila), mentre calano quelli con il “posto fisso” (-56 mila) e in misura più contenuta i lavoratori autonomi (-9 mila).



La stima delle persone in cerca di un lavoro a giugno registra un aumento (+2,1%, +60 mila). Il tasso di disoccupazione sale così al 10,9%, in aumento di 0,2 punti percentuali su base mensile, e cresce, in particolare, quello giovanile che si attesta al 32,6% (+0,5 punti). Prosegue, quindi, il calo della stima degli inattivi (chi non ha un lavoro ma neanche lo cerca) tra i 15 e i 64 anni (-0,2%, -27 mila), tanto che anche il relativo tasso cala al 33,9% (-0,1 punti percentuali). Lo stesso report ci dice che, su base annua, a giugno si conferma la crescita occupazionale (+1,4%, +330 mila).

Una dinamica che interessa sia uomini che donne e si concentra, in particolar modo, tra i lavoratori con un contratto a tempo determinato (+394 mila), mentre calano quelli a tempo indeterminato sebbene “a tutele crescenti” (-83 mila). Crescono soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+355 mila) e i 15-34enni (+119 mila), mentre calano gli occupati tra i 35 e i 49 anni (-145 mila). Al netto della componente demografica si può, tuttavia, registrare un segno positivo per l’occupazione in tutte le classi di età.



I dati, insomma, ci dicono che nell’ultimo anno il lavoro, almeno a livello meramente quantitativo, in Italia è cresciuto. Più complessa l’analisi qualitativa, anche se il problema di una “precarizzazione” del lavoro sembra essere evidente. Difficile immaginare che con una mera modifica normativa la situazione possa, per miracolo, cambiare. Sarebbe, probabilmente, necessario un’analisi più profonda, e non ideologica, di come il mondo del lavoro stia velocemente cambiando in questi anni e immaginare risposte nuove, e innovative, a partire dalla ridefinizione di vere politiche attive per il lavoro e del nostro sistema di welfare state.