Il mondo del lavoro con la globalizzazione e le continue rivoluzioni tecnologiche si sta sempre più complicando. In questo bailamme diventa difficile per imprenditori e manager essere dei leader convincenti e saper condurre i propri team verso mete inesplorate. Da qui l’idea di rivolgere alcune domande a Maria Pierdicchi, membro del Cda di grandi aziende quali Autogrill, Luxottica e Unicredit, per raccogliere degli spunti operativi per orientarsi meglio. Ne è emerso un dialogo sincero e diretto in cui si è scoperto come le soft skills e una dedizione al lavoro basata su valori chiari sono indispensabili.



Come si raggiungono i vertici di aziende tanto prestigiose? E che contributo si può dare all’interno di queste realtà?

Ognuno deve trovare il proprio percorso di carriera sulla base dei propri interessi, delle proprie passioni e dei propri talenti. Ma attenzione, non bisogna mai dimenticare l’importanza dello studio e della formazione: personalmente, ancora oggi dedico molto tempo alla lettura e all’aggiornamento personale. Non bisogna poi tralasciare l’importanza delle soft skills, che si affinano nel lungo periodo attraverso il superamento delle sfide che il lavoro pone lungo il nostro percorso.



In un’epoca altamente digitalizzata come la nostra, sembra che si sia riscoperto il valore delle interazioni umane: che rapporto c’è, quindi, tra nuove tecnologie e soft skills?

Tra tutti i capitali di cui può disporre un’azienda, quello umano è sicuramente il più importante. Oggi più che mai le risorse umane sono fondamentali nello sviluppo e nell’implementazione delle risorse offerte dalla tecnologia. E proprio alla luce di questa rinnovata importanza è fondamentale essere in grado di sviluppare tutta quella serie di competenze che aiutino le persone a migliorare e rendere più efficienti i propri scambi relazionali: senza creatività, innovazione e flessibilità come ci si può adattare a una realtà che cambia così velocemente come la nostra?



Lei è tra i fondatori dell’associazione “Valore D” che riunisce diverse aziende che insieme contano un milione e mezzo di dipendenti. Cosa può raccontare di questa realtà?

L’idea è nata insieme ad alcune colleghe, anch’esse ai vertici di grandi aziende: amareggiate da una realtà in cui le donne hanno meno accesso a grandi ruoli dirigenziali, abbiamo pensato di riunire le aziende in un’associazione che desse loro più strumenti per potenziare la leadership femminile al loro interno. Abbiamo ottenuti buoni risultati, ma la strada da fare è ancora lunga.

Cosa si può fare per incrementare la diversity?

Il valore della diversità riguarda tutti i livelli aziendali e non dovrebbe essere un concetto limitato esclusivamente al genere: un ambiente costituito da nazionalità e background culturali diversi sarà un ambiente che saprà proporre al mercato idee più innovative e competitive. E questo soprattutto alla luce del mercato contemporaneo, oggi più che mai globalizzato e quindi rivolto a culture tra loro differenti.

Quali spunti di riflessioni lascia, in termini di leadership, la recente scomparsa di Sergio Marchionne?

Non ho conosciuto Marchionne personalmente, quindi ho potuto farmi un’idea solo da lontano. Sicuramente aveva un modo di pensare originale e fuori dagli schemi, eppure molto ancorato ai valori fondamentali: integrità, spirito di servizio e di sacrificio, serietà e rigore. È soprattutto stato un personaggio coraggioso, che si è preso i rischi di decisioni pericolose. Sicuramente la sua formazione umanistica è stata una spinta non indifferente: la sua ampia cultura gli ha permesso di diventare un lateral thinker.

Che suggerimento darebbe a un giovane che vuole entrare nel mondo del lavoro da protagonista?

Pensare “out of the box”, che è un grande classico intramontabile: il mondo sta cambiando e serve sempre di più distaccarsi da stereotipi e modelli convenzionali. Serve comprendere quali sono i propri punti di forza e lavorare su quelli, trovando contesti in cui esplicitarli al meglio. Più di tutto è importante sapersi prendere dei rischi: nessuno può sapere la strada che prenderà la propria carriera, e quando questa strada si fa tortuosa e imprevista bisogna saper guardare fisso alla propria meta.

Come si gestisce un fallimento?

Innanzitutto sapendolo riconoscere. Più che di errore parlerei di momenti di crisi: la vera sfida in questi casi è saper mantenere la lucidità e guardare alle cose in maniera critica, saper ascoltare i colleghi e, quando si esce dal momento di crisi, di trarre tutto quello che si può imparare dalla crisi appena vissuta.

Cosa contraddistingue un vero leader?

Per quanto mi riguarda, ho sempre cercato di dare attenzione ai giovani e di essere per loro una sorta di coach, ascoltandoli, consigliandoli e aiutandoli. Spesso i giovani escono dall’università con l’idea che il mondo del lavoro sia un percorso lineare e non capiscono che strade diverse possono portare a sviluppare skills nuove.

(Luca Brambilla)