LA CRITICA DI CESARE DAMIANO

“Con la demagogia e il populismo si possono fare seri danni e si creano dei mostri legislativi: da una parte, con una non meglio precisata Quota 100, si vorrebbero mandare prima in pensione i lavoratori, con un giusto criterio di flessibilità e, dall’altro, si penalizzano coloro che in pensione ci sono già andati prima utilizzando le flessibilità del passato. Un assurdo basato su calcoli arbitrari suggeriti dal Presidente dell’Inps che si inventa pure i coefficienti di trasformazione”. Parole di Cesare Damiano che critica quindi tutto l’impianto di quella che dovrebbe essere la riforma delle pensioni targata Lega e Movimento 5 Stelle. L’ex ministro del Lavoro lancia anche “un appello a tutti i pensionati italiani: occorre vigilare affinché con illusorie promesse di miglioramento del sistema pensionistico e di presunta equità non si apra un varco a una nuova spremitura degli assegni previdenziali al fine di fare cassa perché mancano i soldi per attuare le promesse del ‘patto di Governo’”.



A RISCHIO I PREPENSIONATI

Oltre che la riforma delle pensioni nella Legge di bilancio, che dovrebbe essere all’insegna di Quota 100, la maggioranza di Governo mira a intervenire sulle pensioni più alte con una proposta di legge che vorrebbe un ricalcolo in base ai contributi versati. Il Corriere della Sera ricorda che “per molte persone non è possibile ricostruire in maniera completa l’ammontare dei contributi versati. E questo perché prima del 1996 – quando si andava in pensione con il più vantaggioso sistema retributivo, basato sullo stipendio e non sui contributi versati – la ‘storia contributiva’ non veniva sempre conservata visto che non serviva. Disegnato così, però, il taglio finirebbe per penalizzare anche chi ha lasciato il lavoro in anticipo non per scelta, ma, ad esempio, per una crisi aziendale e un successivo accordo di prepensionamento”.



GOVERNO PRONTO A UN TAGLIO PER LE PENSIONI SOPRA I 4.000 EURO

Il piano per alzare le pensioni minime e le sociali passa dal taglio agli assegni più alti. Il governo sta pensando ad una sforbiciata tra il 10 e il 20 per cento per tentare di recuperare 500 milioni di euro l’anno. Secondo il progetto di legge, il taglio sarà definitivo e non transitorio, quindi si applicherà anche alle nuove pensioni da gennaio 2019. Come evidenziato da Repubblica, il progetto di legge è stato presentato dai due capogruppo di maggioranza alla Camera, Francesco D’Uva (M5s) e Riccardo Molinari (Lega), secondo cui l’intervento è «equo, ragionevole, non arbitrario, proporzionale» e risponde a «una forte istanza sociale di solidarietà». Chi ora ha un reddito superiore agli 80mila euro non scenderà comunque sotto la soglia limite. Nel mirino finirebbero 158mila pensionati d’oro. Non verrebbero toccati coloro che sono andati a riposo dopo i 65 anni di età. La norma, quindi, penalizza soprattutto le donne, che storicamente hanno raggiunto l’età pensionabile prima degli uomini. Secondo gli esperti, però, non è certo che, pur colpendo severamente le pensioni più alte, il governo riesca a portare a casa quel mezzo miliardo di euro previsto. Le proiezioni suggeriscono che la legge possa riuscire a far recuperare, al massimo, fra i 3 e i 400mila euro l’anno. (agg. di Silvana Palazzo)



CISL: “A SETTEMBRE CONFRONTO SUL TEMA”

La riforma delle pensioni che avevano in mente Movimento 5 Stelle e Lega, che prevede il superamento della Legge Fornero, si è rivelata più complessa del previsto. L’unica strada percorribile è rappresentata da Quota 100, la somma tra contributi versati e l’età, ma con limiti e paletti. In questa prima fase verrebbero coinvolte circa 400mila persone. Non appare un’opzione percorribile, invece, Quota 41. L’asticella dell’età per Quota 100 dovrebbe essere fissata a 64 anni, l’altro paletto per limitare la platea sarà quello dei contributi figurativi, che potranno essere conteggiati con dei limiti (si è ipotizzato per massimo 2 anni). «Occorre che il Governo apra ai primi di settembre in vista della predisposizione della legge di stabilità un confronto con il sindacato sul tema delle pensioni. La Cisl, unitamente alle altre confederazioni, ha recentemente inviato proprio una richiesta al ministro del Lavoro allo scopo di discutere le possibili scelte da compiere in materia previdenziale», ha dichiarato Ignazio Ganga, segretario confederale della Cisl. (agg. di Silvana Palazzo)

RIFORMA PENSIONI, DAMIANO SU QUOTA 100

Cesare Damiano torna a manifestare la sua contrarietà alla Quota 100 che dovrebbe rappresentare il cardine della riforma delle pensioni del Governo Conte. Non certo perché non è d’accordo con il sistema delle quote, che lui stesso aveva proposto di reintrodurre. Il punto, per l’ex ministro del Lavoro, è che una Quota 100 che “ha come requisito di base un’età anagrafica di 64 anni, oltre a restringere la platea dei potenziali fruitori, è meno vantaggiosa dell’Ape che parte dai 63 anni di età”. Inoltre si parla di un “ricalcolo contributivo a partire dal 1996 per chi dovesse utilizzare la Quota”, cosa che porterebbe “a un cospicuo taglio dell’assegno pensionistico”. Damiano fa notare che sono passati 22 anni dalla riforma Dini, un periodo che rappresenta “più della metà della vita contributiva di un normale lavoratore”.

E per far capire che è comunque favorevole al sistema delle Quote, ricorda che la sua proposta “della scorsa legislatura, che Salvini ha affermato di condividere, considerava un taglio dell’assegno pensionistico del 2% per un massimo di 4 anni di anticipo della pensione: all’epoca si ragionava di 66 e 7 mesi-62 e 7 mesi. Una cosa ben diversa”. Dal suo punto di vista è quindi importante sottolineare che le “formule” che si usano in politica “vanno utilizzate in modo appropriato, altrimenti si riducono con l’essere un puro strumento di propaganda”. Un po’ come nel caso della flat tax, “una misura che, basata su una sola aliquota, toglie ai poveri per dare ai ricchi. Se poi ci sono le detrazioni, una no tax area per i bassi redditi e più di una aliquota, allora non è la flat tax”.