LA RICHIESTA DI DAMIANO A M5S

Cesare Damiano chiede al Movimento 5 Stelle chiarezza su cosa intenda fare circa la riforma delle pensioni d’oro. L’ex ministro del Lavoro evidenzia infatti che Di Maio parla di ricalcolo contributivo, mentre il capogruppo alla Camera D’Uva “ha presentato un disegno di legge che fa riferimento al ricalcolo retroattivo dell’età di andata in pensione. Due cose profondamente diverse. E dire che sono dello stesso partito. Volete dirci qual è la linea? Lo chiedo per favore. Anche gli italiani lo vorrebbero sapere, al di là delle sparate demagogiche”. Damiano ribadisce anche di non essere contrario a un intervento sulle pensioni più alte, ma di ritenere più efficace lo strumento del contributo di solidarietà: “La Corte Costituzionale lo ha già approvato, al contrario di quello che sostiene Di Maio, e quindi andiamo sul sicuro. Il risultato di risparmio sarebbe lo stesso”.



IL REBUS SULLE PENSIONI DI CITTADINANZA

Oltre al superamento della Legge Fornero con una riforma delle pensioni, nel contratto di Governo Lega e Movimento 5 Stelle hanno previsto che vi sia il varo della pensione di cittadinanza, che porterebbe di fatto l’importo dell’assegno minimo a 780 euro. Come evidenzia termometropolitico.it, probabilmente per determinare la platea dei beneficiari non si terrà conto solo dell’importo dell’assegno pensionistico ricevuto, ma di altri fattori che sono considerati grazie all’Isee. Resta da capire, sempre che la pensione di cittadinanza venga introdotta, se diventerà il nuovo parametro delle pensioni minime. Un dettaglio da non trascurare se si pensa che vi sono delle misure che prendono come parametro proprio l’importo dell’assegno minimo. Per esempio, per accedere alla pensione di vecchiaia contributiva occorre, tra le altre cose, che l’assegno che si andrà a incassare sia almeno pari a 1,5 volte l’assegno minimo.



DI MAIO: TAGLIEREMO PENSIONI D’ORO

Luigi Di Maio, attraverso la sua pagina Facebook, rilancia la proposta di legge sulle pensioni d’oro della maggioranza. Il ministro del Lavoro scrive che si tratta di “una legge di puro buon senso: dai 4.000 euro in su ognuno prende la pensione in base ai contributi che ha versato. Nessun privilegio per nessuno. Chi non vuole tagliare le pensioni d’oro sopra i 4.000 euro senza aver versato i contributi lo dica, abbia il coraggio di metterci la faccia e di dire ai cittadini che è giusto continuare a privilegiare pochi a discapito di tutti gli altri”. Di Maio cita poi Repubblica, unica a suo dire ad aver apertamente difeso i privilegi, evidenziando che “le pensioni d’oro saranno tagliate e non importa quanto potente sei stato e quanti gruppi di potere e lobby hai che esercitano pressioni sui vari ministeri o parlamentari”.



DAMIANO RILANCIA: AGLI ANZIANI LA PENSIONE, AI GIOVANI IL LAVORO

Sembra che il Governo voglia dar vita, nel 2019, a quella che è stata ribattezzata la “grande staffetta generazionale” nella Pa. Cesare Damiano sembra essere soddisfatto della notizia, la quale “non fa che confermare quanto abbiamo sostenuto in tutti questi anni in Parlamento attraverso iniziative legislative che hanno contribuito a un ricambio generazionale all’interno della Pubblica Amministrazione”. Dal suo punto di vista sarebbe importante che fosse “prevista una quota importante di vincitori e idonei ancora in attesa di assunzione, oltre ai precari”. “Per favorire il ricambio generazionale riproponiamo il nostro slogan: agli anziani la pensione, ai giovani il lavoro”, ha poi aggiunto l’ex ministro del Lavoro. Vedremo se questa importante manovra sul pubblico impiego sarà accompagnata anche dall’attesa riforma delle pensioni.

TAR LAZIO PROMUOVE CONTRIBUTO SOLIDARIETÀ INPGI

La riforma delle pensioni interna all’Inpgi ha portato a un contributo straordinario di solidarietà triennale che si è cominciato ad applicare dall’inizio del 2017 sugli assegni più alti con percentuali crescenti. Il Tar del Lazio ha ora respinto i ricorsi che sono stati presentati da alcuni pensionati Inpgi contro questa misura, che, hanno spiegato i giudici, “è stata adottata nel perseguimento del fine di riequilibrio finanziario, giustificato, se non imposto, dalla crisi contingente e grave del sistema previdenziale nel quale opera”. Il contributo è “oggettivamente sostenibile, rispetta il principio di proporzionalità, e, soprattutto, è previsto come misura una tantum, durando tre anni, senza possibilità di reiterazione”. Marina Macelloni, Presidente Inpgi, ha espresso soddisfazione per la decisione del Tar: “La sentenza dimostra la correttezza del percorso che l’Inpgi sta seguendo per rafforzare e consolidare la stabilità dei conti a tutela di tutti gli iscritti e dell’autonomia della categoria”.

RIFORMA PENSIONI, LA DELUSIONE DELL’ANIEF

Le indicazioni sulla riforma delle pensioni che il Governo sta mettendo a punto, secondo l’Anief, “sono sconfortanti”. Quota 100 da 64 anni e la Quota 42, che sostituirebbe la Quota 41, non soddisfano certo il sindacato del mondo della scuola, che “ha sempre reputato importante che il nuovo governo desse seguito a quanto promesso” nel contratto stipulato tra Lega e Movimento 5 Stelle, anche per quel che riguarda il superamento della Legge Fornero. “Il sindacato, consapevole delle difficoltà finanziarie in cui versa il Paese, non può accettare che a pagare siano però sempre i lavoratori. Per cui, ci aspettiamo che nella legge di Bilancio venga approvata la controriforma Fornero”, si legge in una nota del sindacato, il cui Presidente Marcello Pacifico chiede all’esecutivo “di essere coerente con gli impegni presi con gli italiani”.

In particolare, il sindacalista evidenzia che “per quanto riguarda i docenti e Ata della Scuola, sarebbe anche bene che l’Inps richiedesse finalmente quei contributi figurativi mai versati e si impegni, con i governanti, non a realizzare sterili bracci di ferro, ma a modellare un sistema previdenziale in linea con l’Europa, dove si va in pensione a 63 anni”. Pacifico ricorda che in altri paesi europei “bastano 25 anni di insegnamento per lasciare il servizio”, visto che si tratta di un lavoro particolarmente usurante. “Ecco perché, se proprio non dovessero essere da subito introdotte ‘quota 100’ e ‘quota 41’, che comunque attendiamo nel corso del tempo, è bene che si proceda al più presto ad abbassare la soglia di accesso a 63 anni, così da ritrovarci almeno in linea con la media europea”, conclude il sindacalista.