Dopo la conferenza stampa di giovedì scorso, in cui Luigi Di Maio ha ufficializzato di aver ricevuto la relazione dell’Avvocatura dello Stato e ne ha fornito la sua interpretazione (tale parere resta secretato fino al 7 settembre), il giorno dopo lo stesso ministro ha rincarato la dose rimarcando che la gara vinta da Arcelor Mittal resta a rischio annullamento.



Naturalmente la linea del ministro a cinque stelle non poteva non provocare le reazioni del mondo sindacale. Anche il Presidente della Confindustria Vincenzo Boccia e il Segretario generale della Cisl Annamaria Furlan sono intervenuti sul caso, invitando a fermare le polemiche e a trovare soluzioni, segno che la vicenda è arrivata al suo punto topico.



Il Ministro Di Maio è nella condizione di dettare le regole del gioco, questo è ciò che ha cercato sin dall’inizio. Una gara di questa complessità non poteva non recare delle criticità e facendosele confermare – prima da Anac, poi dall’Avvocatura – può ora gestire la situazione nel modo a lui più congeniale. Cosa concretamente vuole il Ministro? In primis, condizioni che migliorino quanto il suo predecessore era riuscito a ottenere, sia sul versante occupazionale che su quello ambientale. E quando lui allude all’interesse pubblico tutelato, conditio sine qua non si procederebbe con l’annullamento, sta proprio alludendo a quelle migliorie che pretende dall’operazione. Ma non è da escludere a questo punto che possa esserci un colpo di scena, cioè che possa lui provare a forzare la mano con Arcelor Mittal che, per quanto in buona fede, si sarebbe aggiudicata illegittimamente Ilva: non è che Di Maio punta a ottenere, attraverso Cassa depositi e prestiti, una quota di partecipazione pubblica? È quanto, tra l’altro, ha chiesto Landini attraverso le pagine del Corsera.



I sindacati di categoria non paiono molto allineati e ciò naturalmente fa gioco al ministro: la Fiom chiede a Di Maio di riconvocare le parti al Mise, la Fim minaccia la mobilitazione, la Uilm non la esclude ma punta sui consigli di fabbrica che si terranno la prossima settimana. Tuttavia, al di là del fatto che la stessa Usb ha un peso tutt’altro che irrilevante nella vertenza, il sindacato intero vuole il rilancio dell’acciaio e l’accordo con l’azienda. Sono le condizioni e le incertezze della situazione e rendere difficile il negoziato. Il fatto è che – stante ciò che riferisce Di Maio a proposito del rapporto dell’Avvocatura – un buon accordo sindacale è parte di quel risultato (insieme alle migliorie del piano ambientale) che può rendere tutelato l’interesse pubblico e, quindi, non annullabile la gara.

Emerge, nel frattempo, qualche dettaglio utile a capire come può evolvere la situzione. Corrado Carruba, uno dei tre commissari, si è così espresso in un’intervista al Foglio: “Se il governo intende chiudere Ilva lo dica, è lecito immaginare per l’Italia un futuro di potenza turistica o gastronomica. Servono però 5 miliardi € per rilevare lo stabilimento, saldare i debiti e indennizzare Mittal”. Ecco, chi scrive ritiene che il governo preferisca non annullare la gara per non mettere mano al portafoglio e che sia Mittal a farlo, come del resto si è impegnata a fare quando ha concorso al bando di gara più travagliato dell’industria italiana.

Twitter: @sabella_thinkin

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