Non c’è dubbio che molte delle più grandi trasformazioni in atto abbiano come comune origine la rivoluzione tecnologica in corso, che impatta su fenomeni quali la globalizzazione, la mobilità globale, la ricerca scientifica e tecnologica, la circolazione dei capitali, degli uomini e delle informazioni, fino ad arrivare alla quotidianità di ogni persona e alle sue relazioni più intime e riservate.



Siamo immersi in una trasformazione radicale, che per velocità e pervasività non ha precedenti nella storia dell’uomo. Nessuna delle passate generazioni ha vissuto tanti radicali cambiamenti in così breve tempo, né tantomeno si è trovata immersa in un oceano di stimoli informativi come quella attuale. Come stiamo vivendo questa rivoluzione che è prima di tutto tecnologica e informativa?



Negli anni ’60, il sociologo canadese McLuhan descriveva l’effetto della trasformazione allora in atto, data dall’irrompere della televisione come media dominante, come uno stato di auto-ipnosi: “Chiamo questa particolare forma di auto-ipnosi narcosi di Narciso, una sindrome per la quale l’essere umano non ha coscienza degli effetti psichici e sociali di una nuova tecnologia così come un pesce non ha coscienza dell’acqua in cui nuota. Conseguenza ne è che, proprio nel momento in cui l’ambiente creato da un nuovo media diviene omnipervasivo e modifica il nostro equilibrio sensoriale, esso diviene anche invisibile”.



Quale effetto sta portando nelle emozioni collettive della società la rivoluzione attuale che è molto più radicale di quella vissuta nel secolo passato con l’avvento dei nuovi media? Possiamo osservare che Tecnofobia e Tecno-ideologia, presenti spesso contemporaneamente nelle stesse persone, movimenti, culture sociali, sono gli atteggiamenti oggi dominanti. La Tecnofobia, che possiamo definire come paura e avversione a ogni innovazione tecnologica, sta portando ad alzare muri verso ogni innovazione, a profetizzare la fine del lavoro umano perché sostituito dai robot, fino ad arrivare a pensare che siano sufficienti alcune barriere protettive per difendersi dall’onda tecnologica in atto. La Tecno-ideologia prefigura una sorta di era “post-umana”, in cui la società sarà governata da ecosistemi digitali dove sarà possibile prendere decisioni complesse con un click, facendo a meno della democrazia rappresentativa e demandando le scelte a macchine intelligenti.

Tecnofobia e Tecno-ideologia, per come si stanno prefigurando, per le correnti culturali e politiche che in modo consapevole o inconsapevole stanno generando, non sono forse un grande rischio per il nostro futuro? La visione secondo cui la tecnologia sostituirà il lavoro umano è stata presente in ogni epoca, molto forte durante la rivoluzione industriale, attenuata nel secolo passato, ma sempre smentita dai fatti: le innovazioni hanno portato, finora, nuovi lavori, nuova occupazione e anche una migliore qualità della vita, perché se è vero che la tecnologia sostituisce una parte del lavoro, sostituisce nella maggior parte dei casi lavori pesanti e ripetitivi. La tecnologia crea anche nuovo lavoro? Di fatto sì, è quello che sta succedendo nel mondo e la capacità di crearne sempre di più dipende dalla creatività umana, dalla capacità di progettare, dallo spirito imprenditoriale di coloro che vogliono impegnarsi a cogliere tale opportunità. La Tecno-fobia crea al contrario una pericolosa “profezia che si auto-avvera”, che rischia di bloccare energie, visioni, relazioni e di isolare e chiudere le prospettive dei singoli, delle aziende, di un intero Paese.

Probabilmente non siamo ancora consapevoli che stiamo vivendo solo la fase iniziale di una grande rivoluzione scientifica e tecnologica, che sarà sempre più intensa e veloce; non ci rendiamo pienamente conto che atteggiamenti di chiusura o di adesione acritica sono semplicemente inadeguati e dannosi, perché, come dicevano gli antichi saggi, non possiamo fermare il vento o il sole che sorge, ma possiamo, dobbiamo governare queste energie. Come? Prima di tutto comprendendo, studiando, adeguando le competenze, le conoscenze, le abilità delle persone alla rivoluzione in atto, partendo dalla scuola e coinvolgendo tutte le professioni, tutte le età, tutte le forme organizzate della vita umana; se ciò non avviene rischiamo di rimanere in quello stato di auto-ipnosi, la narcosi di Narciso, che ci paralizza e fa prevalere in noi la paura e la chiusura di fronte a ogni innovazione.

È questo il primo programma, attualmente assente, che deve oggi essere al centro dei nostri pensieri.