L’ALLARME DI ALESINA E GIAVAZZI

Giovanni Tria ha dato in diverse occasioni rassicurazioni sul fatto che il debito pubblico italiano in rapporto al Pil continuerà a scendere. Tuttavia, fanno notare Alberto Alesina e Francesco Giavazzi in un articolo sul Corriere della Sera, “gli obiettivi che si propongono Lega e 5 Stelle – cancellare almeno in parte la Legge Fornero, eliminare punti importanti del Jobs Act, introdurre un reddito di cittadinanza ben superiore al reddito di inclusione varato da precedente Governo, nazionalizzare Ilva e Alitalia – sono incompatibili con una discesa del debito, che in quel caso richiederebbe aumenti di imposte per non farlo balzare in su”. Dunque i due economisti sembrerebbero dire che se i due partiti al Governo intendono varare i provvedimenti promessi, tra cui la riforma delle pensioni, dovranno alzare le tasse se non vogliono far aumentare il debito pubblico/Pil.



I LIMITI DEL SUPER-INCENTIVO

In tema di riforma delle pensioni, nelle ultime settimane si parla della possibilità di introdurre un bonus del 30% in busta paga per quei lavoratori che, pur avendo maturato i requisiti utili per la Quota 100, decidessero di restare a lavorare. Un qualcosa di simile alla misura che venne introdotta dalla riforma Maroni nel 2004. Proprio rifacendosi a quella esperienza, ed esaminando i dati relativi a quella misura, Giuliano Cazzola ha realizzato un analisi pubblicata su firstonline.info. L’ex deputato si domanda: “È servito il superincentivo a ritardare il pensionamento di anzianità?”, scopo per il quale lo si vorrebbe reintrodurre cercando quindi di limitare i pensionamenti con Quota 100. Questa la sua risposta: “A valutare i dati delle nuove pensioni di anzianità liquidate negli anni in cui era in vigore il bonus e constatato che il loro numero è stato più o meno lo stesso del tempo precedente l’istituzione dell’incentivo, viene da ritenere che in larga parte il beneficio sia stato riconosciuto a persone che già avevano compiuto la scelta di restare al lavoro o che l’avrebbero fatta comunque, anche senza avvalersi dell’incentivo”.



LE “PENALIZZAZIONI” CHE È POSSIBILE ELIMINARE

In attesa della riforma delle pensioni, che arriverà con la Legge di bilancio, Adnkronos ricorda che le pensioni calcolate con il metodo retributivo possono essere “danneggiate” dagli ultimi anni di vita lavorativa, nel caso, per esempio, si subisca una riduzione dello stipendio o si arrivi addirittura alla perdita della propria occupazione, con l’erogazione, ai fini anche previdenziali, di un ammortizzatore sociale. “Ecco perché diverse sentenze della giurisprudenza hanno riconosciuto ai lavoratori (compresi gli autonomi) la possibilità di sterilizzare questi contributi, non facendoli rientrare nel calcolo della pensione”. In tal modo è infatti possibile ottenere un calcolo dell’assegno non penalizzante. “Tuttavia è importante sottolineare che ciò vale solamente per quei contributi accreditati una volta maturato il requisito contributivo per la pensione” di vecchiaia o anticipata. La neutralizzazione, poi, può riguardare fino a un massimo di “260 settimane contributive nel caso in cui queste facciano riferimento a periodi di rioccupazione con retribuzione inferiore o ad una disoccupazione indennizzata. Non c’è alcun limite, invece, per cancellare i contributi che fanno riferimento a periodi figurativi di integrazione salariale o di contribuzione volontaria”.



LAVORI DI CURA, IL RICONOSCIMENTO NON È CONTRO OPZIONE DONNA

“L’Opzione Donna potrebbe essere prorogata a breve”. È quanto viene riportato da money.it, secondo cui bisognerebbe in ogni caso capire se il Governo sia intenzionato o meno a cambiare i requisiti richiesti per questa forma di pensionamento anticipato. A proposito di proroga di Opzione donna, Orietta Armiliato ci tiene a precisare che un riconoscimento del lavoro di cura svolto dalle donne, con una valorizzazione ai fini previdenziali, non rappresenterebbe di certo un problema o un ostacolo per il prosieguo del regime sperimentale di pensionamento anticipato con ricalcolo contributivo dell’assegno. “Sarebbe opportuno che le amministratrici dei gruppi che promuovono l’istanza della proroga di questa misura, lo chiarissero una buona volta, per porre fine a tutti i giudizi formulati per via deduttiva e, naturalmente volti al negativo, che hanno per risultato un’ipotesi assurda che va contro tutto il genere femminile”, scrive la Armiliato sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social.

NUOVE CRITICHE A BOERI

Passa il tempo, ma c’è chi non dimentica le parole di Tito Boeri sull’importanza degli immigrati per sostenere il sistema pensionistico italiano. Secondo Elena Donazzan, il Presidente dell’Inps sbaglia, in quanto spesso gli immigrati “rappresentano una quota di popolazione ad alto rischio di disoccupazione e povertà, con conseguente appesantimento dei costi a carico della collettività e della spesa pubblica nazionale”. Secondo quanto riporta vvox.it, l’assessore al lavoro del Veneto  evidenzia anche che “la percentuale di popolazione straniera occupata a livello nazionale continua a contrarsi, segno che, con ogni probabilità, i nuovi arrivati sono mogli che non lavorano, anziani che non lavorano o minori che vanno a scuola. In sintesi tutta spesa pubblica”. Dal suo punto di vista, quindi, tenendo anche conto dei dati specifici del Veneto, “o Boeri è in malafede o ha evidentemente letto male i dati”.

RIFORMA PENSIONI E LEGGE DI BILANCIO

C’è davvero confusione su quelle che saranno le mosse dell’esecutivo in vista della Legge di bilancio, soprattutto per quel che riguarda la riforma delle pensioni. Secondo alcuni quotidiani, il superamento della Legge Fornero sarebbe richiesto solamente dalla Lega e potrebbe far aumentare il conto della manovra, che già supera i 20 miliardi di euro. A sentire tutte le promesse di Matteo Salvini, secondo Repubblica, si arriverebbe persino a 42 miliardi. Quota 100 sembra avere la precedenza, nel caso le misure previdenziali entrino nella manovra. Resta da capire se l’Ape social verrà prorogata. Diversamente si passerà dalla possibilità di andare in pensione a 63 anni per talune categorie a quella di almeno 64 anni di età per tutti (con almeno 36 anni di contributi).

“Il discorso su ‘Quota 41’, cioè il pensionamento automatico con il raggiungimento di 41 anni di contribuzione previdenziale, al momento parrebbe accantonato”, scrive Il Giornale, segnalando quindi il rischio che la misura tanto richiesta dai lavoratori precoci non venga approvata con la Legge di bilancio. Anche qui ci sarebbe da capire se resterebbe o meno in piedi la Quota 41 che esiste all’interno dell’Ape social per alcune categorie di precoci. Non è ancora poi ben chiaro se ci sarà un intervento sulle pensioni più alte, tramite un ricalcolo contributivo di quelle sopra i 4.000 o 5.000 euro piuttosto che tramite un contributo di solidarietà che probabilmente partirebbe da assegni di importo più basso. Stando alle ultime dichiarazioni di Luigi Di Maio, la proposta di legge in materia verrà presentata a settembre.