Era il 1985 quando i Righeira ci raccontavano che l’estate stava finendo e con la stagione delle vacanze, ahimè, un anno se ne andava. Con la fine dell’estate si diventava grandi, sostenevano, e questo proprio non gli andava giù. Rimaneva, non esisteva ancora Instagram, una fotografia.

Nel frattempo 33 anni sono passati e molte cose sono, certamente, cambiate. Una di queste è il mercato del lavoro e, probabilmente, le attese e le speranze dei ragazzi di ieri, e di oggi, sono molte diverse.



Questo non ci impedisce, anche grazie ai dati che l’Istat ci ha fornito ieri, di scattare una fotografia, seppure parziale, dello stato di salute del nostro mercato del lavoro nell’estate che ci stiamo mettendo alle spalle. Un’estate sicuramente importante da questo punto di vista e in cui il Governo giallo-verde è diventato, o almeno lo sta diventando, “grande” con l’approvazione di un decreto certamente ad alto valore simbolico/programmatico come il decreto dignità che, almeno secondo l’esecutivo, dovrebbe contrastare il lavoro precario dei giovani, ma non solo.



Ma cosa ci racconta, quindi, l’istantanea che ha scattato l’Istat a luglio 2018, prima cioè – elemento sicuramente da evidenziare – della conversione in legge della tanto discussa normativa?

Si vede come, dopo il calo di giugno scorso, il numero degli occupati a luglio 2018 registri ancora una lieve flessione (-0,1% su base mensile, pari a -28mila unità), sebbene il tasso di occupazione rimanga stabile al 58,7%. Interessante evidenziare come la diminuzione dell’occupazione sia, ahimè, interamente determinata dalla componente femminile e si concentri, in particolare, tra le persone tra i 15 e i 49 anni, mentre risultino in aumento i lavoratori over 50.



Nell’ultimo mese si registra, inoltre, una flessione – ma non è certo una novità – per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, seppure a tutele crescenti (-44mila), mentre crescono, sebbene in misura contenuta, quelli a termine e i lavoratori autonomi (entrambi +8mila).

Se la prospettiva si amplia agli ultimi 12 mesi (luglio 2017-luglio 2018) si vede, infatti, ancora una volta, e forse in modo più chiaro del solito, come la composizione del mercato del lavoro stia cambiando radicalmente con +400mila tra occupati a termine e autonomi e -122mila “posti fissi”.

La soluzione a questa trasformazione può essere un decreto o una norma che irrigidisce il mercato del lavoro? Probabilmente no, anche se, politicamente, mostra un segno di attenzione per chi, specialmente i più giovani, vive questa condizione di precarietà che rischia di diventare non solamente lavorativa.

È necessario, per esempio, un ripensamento complessivo del nostro sistema di welfare chiamato a “proteggere” i cittadini del terzo millennio dalle nuove paure e disuguaglianze. Da qui passa, probabilmente in gran parte, la capacità della classe dirigente, non solo politica, di questo Paese di porre un argine ai populismi, che altrimenti rischiano di trovare un habitat favorevole in cui crescere e moltiplicarsi.

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