QUOTA 100, L’INCOGNITA DEL CALCOLO CONTRIBUTIVO
Mentre si continua a parlare di Quota 100 come intervento principale della riforma delle pensioni che dovrebbe entrare nella Legge di bilancio, ancora non sono chiare le condizioni che questo tipo di misura prevederebbe. Non solo perché non si capisce se ci vorranno almeno 64 0 62 anni di età per accedere alla pensione (anche se verrà introdotto un tetto all’utilizzo dei contributi figurativi), ma anche perché non è ben chiaro se ci sarà un sistema di calcolo dell’assegno pensionistico che considererà il metodo retributivo solo fino al 1996 per poi applicare quello contributivo sui restanti anni di contributi versati: un sistema che comporterebbe delle penalizzazioni non indifferenti rispetto al sistema attuale e che quindi potrebbe scontentare molti cittadini vicini alla pensione. Non resta che attendere dettagli ulteriori sulla Quota 100.
FLESSIBILITÀ UNIVERSALE PROPOSTA DALLE ACLI
Nei giorni scorsi si è svolto l’Incontro nazionale di studi delle Acli e il Direttore generale del Patronato Acli, Paolo Ferri, ha presentato una proposta di riforma delle pensioni: “La flessibilità in uscita dovrebbe diventare universale, in modo che tutti possano decidere, con un’età minima, quando accedere al trattamento pensionistico sapendo naturalmente che l’assegno mensile crescerà o diminuirà a seconda della data di accesso”, sono state le sue parole. Ferri, a nome delle Acli, ha proposto anche “una seconda gamba importante come la previdenza complementare che possa aiutare chi ha cominciato a versare solamente con il sistema contributivo”. L’associazione ha anche presentato al Governo delle proposte sulla formazione e sul lavoro che possono tornare utili in previsione della prossima e imminente Legge di bilancio.
QUOTA 100 A 62 ANNI, NON TUTTI LA USERANNO
In questi giorni si sta parlando di una riforma delle pensioni all’insegna della Quota 100 a partire dai 62 anni. Una proposta che è arrivata da Matteo Salvini. E Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega, intervenendo a Sky Tg24 Economia ha detto di ritenere che il provvedimento costerà meno dei 13 miliardi che sono stati ipotizzati. “Secondo me costa di meno. Stiamo parlando di persone che in questo momento potenzialmente hanno un lavoro, questa è la platea possibile. Ma non è detto che chiunque abbia un lavoro decida di andare in pensione potendolo fare”, sono le sue parole riportate da Askanews. In effetti non è detto che tutti i potenziali beneficiari decidano di usufruire della misura. Molto dipenderà probabilmente anche da come verrà dettagliata. Se infatti vi fosse un’importante quota calcolata con il metodo contributivo non mancherebbe chi preferirebbe restare al lavoro per maturare un assegno più alto.
ELSA FORNERO RILANCIA IL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ
Secondo Elsa Fornero, visto l’invecchiamento della popolazione italiana occorre “indurre un maggior numero di persone in buona salute a lavorare fino a un’età più avanzata. Anziché arroccarsi al vecchio slogan secondo cui si manda in pensione una persona per introdurne un’altra nel suo posto di lavoro, occorre riuscire ad aprire le porte del lavoro a giovani e alle donne e conservarle aperte ai lavoratori anziani in buona salute”. Intervista da Teleborsa, l’ex ministra del Lavoro ha anche commentato l’ipotesi di un intervento sulle pensioni d’oro, spiegando che dal suo punto di vista la strada da percorrere non è quella del ricalcolo, ma del contributo di solidarietà, a partire dai 4.000 euro netti mensili al mese. “Però è sbagliato chiamare queste pensioni d’oro perché il problema, come ho detto, non sta tanto nel livello quanto nel divario tra benefici ricevuti e contributi versati”, ha detto.
RIFORMA PENSIONI, LA RICHIESTA DELLA CISL
La Cisl chiede al Governo un chiarimento per quel che riguarda la riforma delle pensioni che potrebbe essere inserita nella Legge di bilancio. Ignazio Ganga ricorda infatti che “da alcuni giorni si riparla di quota 100, mentre quota 41 sembra sparita e il Ministro Tria afferma che, in ogni caso, le riforme saranno graduali. La Cisl vorrebbe sapere in concreto come intende muoversi il ‘governo del cambiamento’ in materia previdenziale perché il tempo ormai stringe”. Il sindacalista si chiede a questo punto “che fine faranno coloro che trovandosi in determinate categorie disagiate, con 63 anni potevano accedere all’Ape sociale; dal dibattito in corso sembrerebbe prospettarsi un ‘Fondo esuberi’ sull’esempio del settore bancario, ma dobbiamo ricordare che il mondo produttivo italiano è fatto per la maggior parte di piccole e piccolissime imprese per le quali i modelli di tutela riservati a quelle più grandi, sono difficilmente replicabili in modo automatico”.
Il Segretario confederale della Cisl rimarca quindi la richiesta arrivata dalle confederazioni sindacali al Governo per riaprire il confronto sulla riforma delle pensioni, “utile a non vanificare il percorso messo in atto in questi anni in materia previdenziale e capace di restituire ai lavoratori la possibilità di scegliere quando andare in pensione, quindi aumentare la flessibilità delle scelte individuali, proseguendo sulla strada del riconoscimento della differenza dei lavori ai fini pensionistici, tenendo anche conto dei giovani, più scoperti sotto il profilo previdenziale. Non va dimenticato inoltre che sono attese dal Governo rinnovate misure perequative delle pensioni in essere”.