QUOTA 100 CON 35 ANNI DI CONTRIBUTI

Secondo quanto riportato dall’Huffington Post e dal Secolo d’Italia, il Governo starebbe lavorando a una proposta di Quota 100 che possa portare il requisito minimo contributivo richiesto a 35 anni, anche se c’è chi si oppone e “vorrebbe alzare l’asticella ad almeno 36-37”. “La  Quota 100 con 35 anni di contributi permetterebbe a un lavoratore di 65 anni di andare in pensione due anni prima rispetto a quanto prevederà, dal prossimo anno, la riforma Fornero, che ha alzato il requisito a 67 anni. Se alla fine passerà questa ipotesi, i tecnici del Carroccio stimano in 495mila il numero dei lavoratori che potrebbero accedere alla quota 100. Si scenderebbe invece a 450mila se il requisito dell’età contributiva minimo fosse di 36 anni”. Non è chiaro se questa ipotesi, attribuita a fonti della Lega, andrebbe a escludere la Quota 100 a 62 anni di cui ha parlato in televisione Matteo Salvini.



IL GOVERNO STUDIA ANTICIPO DI 5 ANNI

Il Governo starebbe studiando una riforma delle pensioni per anticipare di 5 anni l’ingresso in quiescenza scaricando i costi sulle imprese. Lo scrive Il Sole 24 Ore, spiegando che sul tema (una Quota 100 minima destinata solo ad alcune categorie) si è tenuta una riunione al ministero dell’Economia, cui ha partecipato anche Alberto Brambilla, esperto previdenziale piuttosto ascoltato dalla Lega. L’idea di fondo sarebbe quindi quella di utilizzare i fondi di solidarietà attivi in diversi settori, come il credito, il trasporto pubblico e le assicurazioni, per finanziare (insieme a un contributo dello Stato) i prepensionamenti. Ovviamente si tratterebbe di una proposta diversa dalla Quota 100 finora ipotizzata e quindi potrebbe non piacere a Lega e Movimento 5 Stelle, visto che il provvedimento non sarebbe aperto a tutti i lavoratori.



DAMIANO D’ACCORDO CON BRAMBILLA

Cesare Damiano si trova d’accordo con Alberto Brambilla: “Dare una pensione di 780 euro a tutti a prescindere dai contributi versati, è la distruzione del sistema previdenziale”. L’ex ministro del Lavoro specifica di non essere “certo contrario al fatto che le pensioni basse debbano essere alzate, l’ho fatto quand’ero ministro con la quattordicesima, ma non si può garantire a tutti 780 euro al mese senza considerare i contributi versati. Altrimenti, perché mai si dovrebbe lavorare e versare i contributi invece di essere pagati in nero?”. Dunque Damiano chiede al Governo di non essere schizofrenico in tema di riforma delle pensioni, visto che da una parte “si propone di tagliare le pensioni più alte per la parte che non corrisponde ai contributi versati e, dall’altra, si vogliono aumentare le pensioni basse a prescindere dai contributi. Mettiamoci d’accordo: io sono per tagliare le ‘pensioni d’oro’, ma allora facciamolo con il contributo di solidarietà”.



CONSEGNATE FIRME PETIZIONE SU DDL DAMIANO

Alla Camera dei deputati ieri sono state consegnate le firme (circa 73.000) raccolte a sostegno della petizione che chiede di portare alla discussione dell’aula il cosiddetto ddl Damiano, che prevede la Quota 41 e la possibilità di accedere alla pensione a partire dai 62 anni. Sul gruppo Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti è stato pubblicato un resoconto dell’incontro che i rappresentanti hanno potuto avere con i membri della commissione Lavoro della Camera, nel corso del quale sono state esposte tutte le richieste circa gli esodati, i lavoratori precoci, i disoccupati over 55. “Abbiamo a lungo interloquito con tutti i membri della commissione che si sono detti disponibili in toto, avete capito bene, in toto a formulare in commissione una proposta partendo delle ns richieste e dall’avvallo delle 73000 firme consegnate tutti i rappresentanti di ciascun partito hanno condiviso la ns richieste ed hanno riconosciute le stesse giuste ed equilibrate”, si legge nel resoconto.

CODACONS APPOGGIA LE PENSIONI DI CITTADINANZA

La riforma delle pensioni mirata a portare le minime a 780 euro incassa l’appoggio del Codacos, che ricorda come “le pensioni d’oro superiori ai 3mila euro mensili” abbiano un costo per la collettività di circa 30 miliardi di euro all’anno, rappresentando “una grave forma di disuguaglianza economica e sociale”. L’associazione dei consumatori evidenzia che se sa da un lato “c’è chi può contare su pensioni di lusso, dall’altro ci sono 1,68 milioni di pensionati con un assegno che non raggiunge i 500 euro mensili (10,8% del totale) e che fanno la fame non potendo contare su un reddito dignitoso”. “Per questo riteniamo corretta la decisione di intervenire sulle pensioni più alte ed eliminare le gravi disuguaglianze che pesano sulla collettività. Una misura tuttavia estremamente difficile da attuare nel nostro Paese, considerato che si tratta di diritti già acquisiti’”, spiega il Presidente Carlo Rienzi.

IL TALLONE D’ACHILLE DI QUOTA 100

Si continua a parlare di Quota 100 come base per la riforma delle pensioni che entrerà nella Legge di bilancio. Il Sole 24 Ore invita a riflettere su un dato relativo al sistema pensionistico: “per ogni anzianità aggiuntiva serviranno i contributi di cinque lavoratori, ha calcolato la società Tabula di Stefano Patriarca. Sempre ammesso che la nuova occupazione arrivi davvero”. Sembrerebbe dunque che il sistema delle quote possa creare dei problemi di sostenibilità del sistema pensionistico nel momento in cui non ci siano nuovi ingressi (cospicui) nel mercato del lavoro. Il Governo dovrà quindi cercare di tenere conto di questo dato, intervenendo anche per cercare di stimolare la ripresa dell’occupazione, cruciale, come si vede, anche per dar vita a una riforma delle pensioni che sia sostenibile per i conti del nostro Paese.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI MAZZAFERRO

In tema di riforma delle pensioni, “a quanto sembra, gli interventi cardine dell’azione di governo saranno tre: la quota 100, la pensione di cittadinanza e, con un altro apposito provvedimento, il taglio delle pensioni d’oro”. È quanto scrive in un articolo su lavoce.info Carlo Mazzaferro, aggiungendo che “nessuna di queste misure sembra avere il respiro di lungo termine, che invece bene si adatterebbe a un esecutivo che si trova all’inizio del suo operato e che ha a cuore l’interesse delle generazioni più giovani”. Il Professore di Scienza delle finanze analizza questi tre interventi. E sulla Quota 100 riconosce che “l’individuazione di un canale ‘ragionevole’ di uscita dal mercato del lavoro da parte degli occupati più anziani”, anche se dovrebbe essere maggiormente dettagliato, “potrebbe rappresentare una soluzione sostenibile dal punto di vista finanziario e sociale”. Sugli altri due interventi le riserve sono maggiori.

Mazzaffero conclude il suo intervento spiegando che “in sintesi la ‘riforma della riforma Fornero’ tanto sbandierata nei programmi elettorali delle forze attualmente al governo rischia di rivelarsi una somma di interventi tra loro scoordinati e senza un vero e complessivo disegno. In un contesto di risorse finanziarie scarse, le due forze politiche che guidano l’esecutivo sembrano più interessate a massimizzare gli interessi di breve periodo del loro elettorato di riferimento piuttosto che a guardare ad interventi capaci di tenere in considerazione anche il benessere di coloro, i giovani lavoratori di oggi, che in pensione ci andranno tra qualche decennio”.