ATTESA PER LE MISURE DOPO IL DEFICIT AL 2,4%

Il Governo ha deciso di fissare il deficit/Pil per il 2019 al 2,4%: ci saranno quindi diverse risorse per le misure da inserire nella Legge di bilancio, tra cui la riforma delle pensioni. Matteo Salvini ha fatto capire che ci sarà la possibilità di far accedere alla pensione  circa 400.000 persone, liberando altrettanti posti di lavoro per i giovani. Luigi Di Maio, dalla sua pagina Facebook, ha mandato un messaggio chiaro: “Con il superamento della legge Fornero chi ha lavorato una vita può finalmente andare in pensione liberando i posti di lavoro per i nostri giovani, non più costretti a lasciare il nostro Paese per avere un’opportunità”. Nella manovra entrerà anche la pensione di cittadinanza, che porterà le minime a 780 euro per circa 6,5 milioni di persone. Resta da capire se oltre alla Quota 100 (di cui si ignorano ancora i dettagli), ci sarà anche la Quota 41.



GARAVAGLIA: SUPERARE LEGGE FORNERO È NECESSARIO

Per Massimo Garavaglia, “superare la legge Fornero è difficile, complesso e costoso, ma necessario per togliere il tappo anagrafico”. In buona sostanza per far sì che vi sia un ricambio generazionale nelle imprese e anche nella Pubblica amministrazione, dato che il viceministro dell’Economia ha pronunciato queste parole in un convegno della Cisl dedicato proprio alla Pa. Dal suo punto di vista occorre “abbinare i prepensionamenti con un razionalizzazione: dobbiamo fare i concorsi dove serve con le qualifiche che servono”. Secondo quanto riporta l’agenzia Dire, Garavaglia ha quindi spiegato che la riforma delle pensioni è una priorità e “se ti dai delle priorità metti le risorse sulle priorità”, facendo capire l’importanza che ha il tema rispetto alla discussione che è in corso sulle misure da inserire nella Legge di bilancio.



ESODATI, NUOVA RICHIESTA PER NONA SALVAGUARDIA

Di fronte alle ipotesi di riforma delle pensioni che stanno circolando in questi giorni, Francesco Prudenzano Segretario Generale di Confintesa ha ricordato che “la riforma Fornero i danni maggiori gli ha già provocati con gli esodati a cui nessuno restituirà ciò che hanno perduto”. Secondo quanto riporta Askanews, Prudenzano ha sottolineato che “ci sono ancora circa seimila persone che nel 2011 furono bloccati nel limbo degli esodati e che da anni dovevano usufruire della pensione, ma, in assenza della nona salvaguardia, non possono accedere a un loro diritto. Un fatto grave se si pensa che la nona salvaguardia sarebbe finanziata dai risparmi delle precedenti salvaguardie e quindi avrebbe un costo zero per le casse dello Stato”. Su questo importante tema, il Comitato esodati licenziati e cessati ha realizzato un video per sensibilizzare il Governo a varare un decreto per la nona salvaguardia.



FEDRIGA: LEGGE FORNERO TRA CAUSE DI RECESSIONE

Durante il suo mandato parlamentare, Massimiliano Fedriga ha manifestato in diverse occasioni le criticità della riforma delle pensioni del 2011. E anche ora, che è Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, non fa sconti alla Legge Fornero. Partecipando al Forum Ansa ha infatti detto che “la riforma Fornero è stata una delle misure che ha contribuito alla recessione del Paese. Nel momento in cui si va a bloccare il ricambio generazionale, dall’altro lato non si permette una prospettiva di vita e quindi si ammazzano i consumi interni”. Rispetto al dibattito sulla manovra, che conterrà anche misure previdenziali, l’esponente della Lega ha detto che non lo preoccupa “se con il deficit siamo all’1,6 o al 2,5%, serve una prospettiva sugli investimenti. Le politiche di austerità hanno fatto aumentare il debito pubblico, sono state fallimentari e una crisi economica non è mai stata risolta con una riduzione delle risorse. Bisogna capire cosa si vuole fare, non quanto si vuole spendere”.

LE RESISTENZE DI TRIA E LE PAROLE DI ELSA FORNERO

Secondo alcune indiscrezioni emerse ieri, Giovanni Tria farebbe resistenza a inserire la riforma delle pensioni nella Legge di bilancio. Se il ministro dell’Economia dovesse dimettersi, “saremmo allo sbando”, ha intanto fatto sapere Elsa Fornero. Money.it riporta delle dichiarazioni dell’ex ministra del Lavoro a margine di una presentazione del suo ultimo libro, da cui si capisce che ritiene che le promesse del Governo mirano a ritornare indietro nel tempo “come se in realtà la crisi finanziaria non fosse mai esistita”. Fornero ha criticato anche Di Maio e Salvini, che sarebbero poco preparati “per affrontare i problemi del Paese”, preferendo parlare “per slogan”. Ai due vicepremier ha consigliato di puntare di più sulla “modestia e la preparazione”, mettendo quindi da parte le promesse irrealizzabili.

I DUBBI SU QUOTA 41 E OPZIONE DONNA

Il Governo continua a lavorare sulla riforma delle pensioni che sarà all’insegna della Quota 100, anche se probabilmente con un tetto minimo di contributi pari a 36 anni, che di fatto non rendere possibile il pensionamento a 65 anni con 35 annualità di contributi. Secondo quanto scrive Repubblica, inoltre, la Quota 100 manterrà il principio di adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. Il che vuol dire che dal 2021 potrebbero volerci più di 62 anni per accedere alla pensione, anche se si sarà in possesso di 38 anni di contributi. Il Manifesto ricorda anche che sarà approvata Quota 100, con tutta probabilità resteranno indietro altre promesse del contratto di Governo come la Quota 41 per i lavoratori precoci, la separazione tra previdenza e assistenza, oltre che la proroga di Opzione donna.

RIFORMA PENSIONI, IL RISCHIO DI QUOTA 100 A 62 ANNI

Si sta parlando molto in questi ultimi giorni di una riforma delle pensioni improntata a Quota 100 a partire dai 62 anni. Secondo Il Sole 24 Ore, è utile però fare un calcolo, “perché con il sistema contributivo, un numero minore di anni di lavoro e di contributi versati porta a ridurre l’ammontare della pensione percepita. È lecito, dunque, valutare non solo l’età del pensionamento, ma anche l’ammontare della rendita vitalizia erogata dal proprio ente previdenziale”. Nell’articolo di Marco lo Conte vengono quindi riportate alcune simulazioni compiute dalla società di consulenza Epheso, relative a “un lavoratore maschio, nato nel 1969, assunto a 30 anni e con un reddito pari a 35mila euro lordi l’anno”. La conclusione è che “nelle ipotesi si cui stanno lavorando i tecnici del Governo, la rendita del nostro lavoratore tipo si attesterebbe vicino ai 16mila euro l’anno, circa novemila-diecimila euro l’anno in meno di quanto previsto in caso di pensionamento a 70 anni. Ossia, per utilizzare un altro parametro, un tasso di sostituzione tra ultimo stipendio e primo assegno pensionistico del 45%”.

Ovviamente si tratta di una differenza data da un range piuttosto ampio di anni in più o in meno di lavoro: basti pensare che si raffronta il pensionamento a 62 anni con quello a 70. Tuttavia l’elaborazione proposta, come viene sottolineato dallo stesso quotidiano di Confindustria, “risulta utile per aiutare ciascuno a effettuare una valutazione di convenienza sulle proprie esigenze reddituali, una volta smesso di lavorare”. Quindi nel momento in cui dovesse essere approvata Quota 100 potrebbe essere consigliato verificare a quanto ammonterebbe poi il proprio assegno pensionistico.