In queste ultime settimane quando parliamo di lavoro tendiamo a soffermarci soprattutto su come aiutare chi lo ha perso o chi, pur avendolo, riceve una retribuzione talmente bassa che necessita un aiuto dello Stato per raggiungere un importo decente, decoroso, dignitoso. È questo, di fondo, il dibattito sul reddito di cittadinanza che sembra, finalmente, dopo una serie di rumors, bozze, indiscrezioni aver raggiunto una sua prima formulazione “organica” che sarà oggetto, nelle prossime settimane, di un dibattito parlamentare, auspicabilmente sereno e costruttivo, e di dialogo, con le stesse caratteristiche di cui sopra, tra esecutivo, parti sociali e pubblica opinione.
In questo quadro è certamente stimolante la lettura dei dati Istat, pubblicati ieri, che raccontano, sebbene i dati siano del novembre dello scorso anno, come si sta muovendo il nostro mercato del lavoro e come sta (se lo sta facendo) reagendo alle scelte adottate in materia, a partire dal Decreto dignità, dal Governo giallo-verde.
Se si guarda ai dati dell’ultimo anno, ad esempio, emerge come l’occupazione cresca, anche se meno del recente passato, dello 0,4% (+99 mila unità). Un elemento positivo, ma che interessa solo gli uomini e i lavoratori a termine (+162 mila). Si registra, infatti, una flessione dei lavoratori a tempo indeterminato (-68 mila) e un aumento esclusivamente degli occupati over 50 (+275 mila) a fronte di una flessione significativa di quelli tra i 15 e i 49enni (-175 mila).
Se si guarda, nello specifico, solo al mese di rilevazione, ossia novembre 2018, la stima degli occupati risulta sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente e anche il tasso di occupazione rimane invariato al 58,6%.
Come già accaduto, peraltro, in ottobre, quindi l’andamento del nostro mercato del lavoro può essere descritto dalla sintesi tra un lieve aumento dei lavoratori a tempo indeterminato “a tutele crescenti” (+15 mila) e una e una diminuzione di quelli a termine (-22 mila) oggetto di una specifica attenzione del Governo e del suo Decreto dignità. L’effetto, insomma, delle scelte, fortemente rivendicate dal ministro Di Maio, sembrano, almeno per ora, non esserci o perlomeno non raggiungere gli ambiziosi obiettivi dichiarati.
Il tempo, ovviamente, potrà fornirci più informazioni per meglio capire se una svolta si avrà nei prossimi mesi. Viene, tuttavia, da chiedersi se, rispetto a un obiettivo certamente condivisibile di premiare un’occupazione “di qualità” e più stabile, si siano messe in campo le misure, premesso che il lavoro non si crea per decreto, più efficaci, e se non sarebbe stato più utile, nel definirle, un confronto più approfondito con gli operatori, e con le parti sociali, che sembra non condividano l’impianto complessivo delle novità approvate la scorsa estate.