VERTICE A TRE PER LE SORTI DEL DECRETO
Il decreto sulla riforma delle pensioni con Quota 100 e il reddito di cittadinanza potrebbe essere approvato già oggi. Molto dipenderà da un vertice che si terrà questa mattina tra Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Sembra infatti che il Movimento 5 Stelle voglia evitare qualsiasi tipo di rinvio, che andrebbe a penalizzare l’entrata in vigore del reddito di cittadinanza, misura che viene considerata ormai pronta per l’approvazione. Per quanto riguarda Quota 100, invece, sembra che ancora non si sia arrivati a definire con precisione cosa accadrà alla liquidazione dei dipendenti pubblici. L’intenzione della Lega è quella di far sì che possa essere anticipato, grazie all’intervento delle banche, senza però che vi sia un qualche costo da sopportare per chi andrà in pensione. Dunque gli interessi dovrebbero essere a carico dello Stato, ma ciò comporta la necessità di reperire delle coperture finanziarie per fare in modo che la spesa sia finanziabile. Il problema è che difficile quantificare a quanto potrebbe ammontare, e che le risorse sono già limitate.
SLITTA IL DECRETO SU QUOTA 100
Sembra che il decreto relativo alla riforma delle pensioni con Quota 100 e reddito di cittadinanza possa ottenere il via libera del Consiglio dei ministri venerdì mattina e non domani come ipotizzato. È quanto scrive Askanews, citando fonti di Governo che spiegano come il testo del provvedimento sia ancora al vaglio della Ragioneria generale dello Stato “per problemi relativi alle coperture finanziarie”. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa, “in particolare, fra i nodi principali da sciogliere c’è la questione dell’anticipo del Tfr per i dipendenti pubblici, su cui è in corso un negoziato con l’Abi, in quanto le banche dovrebbero anticipare le risorse del Tfr, in tutto o in parte. Ma bisogna fare i conti con il problema di chi paga gli interessi”. In effetti sia che sia totalmente che in parte a carico dello Stato, come si è ipotizzato nei giorni scorsi, occorrerà predisporre delle risorse a copertura di tali spese. Non resta che attendere conferme o smentite circa il rinvio dell’approvazione del decreto.
I DUBBI SUL DECRETO
Domani dovrebbe essere approvato il decreto sulla riforma delle pensioni con Quota 100 e sul reddito di cittadinanza. Il condizionale è d’obbligo, perché il sottosegretario Stefano Buffagni ha spiegato che ancora non è arrivata la bollinatura della Ragioneria dello Stato sul provvedimento. Secondo Maurizio Martina, Segretario uscente del Partito democratico, il Governo in realtà è ancora in alto mare per la mancanza di risorse necessarie a finanziare le due misure simbolo di Lega e Movimento 5 Stelle. L’esecutivo incassa invece il giudizio positivo di Giovanni Toti alla proposta relativa alle pensioni di cittadinanza. Il Governatore della Liguria, ospite di “Mattino cinque”, ha infatti detto che l’esecutivo fa bene a portare le pensioni minime a 780 euro. “Personalmente le avrei portate un po’ più in alto, a mille euro, perché dobbiamo uscire dall’ipocrisia e dalla finzione che in Italia con 500 euro si possa sopravvivere”, ha aggiunto l’esponente di Forza Italia secondo quanto riportato dall’Agenzia Dire.
TRATTATIVA GOVERNO-ABI
Si avvicina l’approvazione del decreto sulla riforma delle pensioni con Quota 100 e Giulia Bongiorno ha fatto sapere che “stiamo prevedendo di avere il Tfr nell’immediato. L’anticipazione del Tfr riguarda però tutti perché non si possono creare dipendenti di seria A e di serie B a seconda se si può accedere a quota 100. Vorrei riuscire a colmare questa lacuna che esiste dal 2011 e anticipare il Tfr. Se lo anticipo per tutti devo trovare le risorse”. Secondo quanto riporta Askanews, il ministro della Pubblica amministrazione ha fatto anche detto che stanno andando avanti i colloqui con l’Abi “per riuscire a ottenere che una parte di quello che deve essere un finanziamento dell’anticipazione non ricada sul dipendente pubblico perché è un diritto avere la liquidazione e quindi e stiamo cercando di fare in modo che ci sia una parte che ricada sullo Stato, una parte sul dipendente o niente sul dipendente”. Anche Giovanni Sabatini, Direttore generale dell’Abi, ha confermato i colloqui in corso, specificando che i costi dell’operazione “non dipendono da noi”.
LA DISCRIMINAZIONE DI QUOTA 100
Ancora non è arrivato il decreto relativo alla riforma delle pensioni, ma anche la Federazione lavoratori agroindustria si schiera contro Quota 100. In una nota, infatti, la Flai-Cgil fa sapere che “si tratta di un provvedimento discriminatorio verso le lavoratrici e lavoratori stagionali della nostra categoria”. Questo perché, con l’accesso alla pensione a 62 anni con 38 di contributi “ancora una volta non vengono soddisfatte le esigenze che riguardano i lavoratori che svolgono lavori discontinui, tipici della nostra categoria, sia per gli stagionali che per i lavoratori agricoli, e sono nuovamente penalizzate le donne”. La richiesta del sindacato è quella quindi di un confronto con il Governo “per evitare che si continuino ad attuare provvedimenti segnati dalla disparità di trattamento, facendo lavoratori di serie A e di serie B, penalizzando chi nel mercato del lavoro non ha la fortuna di svolgere un lavoro a tempo indeterminato, come i lavoratori stagionali dell’industria come dell’agricoltura, che rappresentano l’ossatura del nostro sistema economico”.
RIFORMA PENSIONI, LE STRADE PER L’ANTICIPO
Mentre si attende l’approvazione del decreto relativo alla riforma delle pensioni, Il Sole 24 Ore ricorda che con Quota 100 saranno sette le strade possibili per la quiescenza anticipata. Ovviamente la prima è appunto Quota 100, di cui si attende l’entrata in vigore e che consentirà di lasciare il lavoro a 62 anni con 38 anni di contributi. La seconda strada è quella di Opzione donna, che verrà prorogata tramite il decreto in via di emanazione, consentendo alle sole donne con 35 anni di contributi e 58 anni di età (59 se autonome) di accedere alla pensione con ricalcolo contributivo pieno dell’importo dell’assegno. La terza strada è quella dei lavori usuranti, che riguarda chi ha svolto per almeno la metà della propria vita lavorativa (o sette degli ultimi dieci anni) attività usuranti specificate. In questo caso si può andare in pensione a 61 anni e 7 mesi con 35 anni di contributi.
C’è poi l’Ape volontario, cui si può accedere dai 63 anni, con 20 di contributi, attraverso però un prestito bancario da restituire in vent’anni tramite trattenuta sulla pensione futura. L’isopensione, invece, consente di anticipare il pensionamento di massimo 7 anni, ma richiede la sottoscrizione di un accordo con l’azienda (che deve avere più di 15 dipendenti) che si farà carico di versare al lavoratore un importo mensile fino all’effettiva pensionamento. La sesta strada è quella dell’Ape social (anch’essa da prorogare con decreto), che consente a talune categorie di accedere alla pensione a 63 anni con 30 o 36 anni (a seconda dei casi) di contributi. All’interno dell’Ape social c’è anche la Quota 41 per i lavoratori precoci che hanno versato almeno un anno di contributi prima dei 19 anni.