Quando si parla di economia circolare e di sostenibilità si approfondisce spesso l’impatto che le aziende hanno sull’ambiente vista la situazione pericolosa a cui stiamo andando incontro in termini di cambiamento climatico. L’approccio della sostenibilità si sta diffondendo sempre più nei grandi fondi di investimento e nelle aziende quotate anche italiane. Un ottimo strumento per comprendere quali requisiti sono consigliati per attrarre finanza attenta a questi punti e allinearsi alle migliori pratiche di sostenibilità si trova sul sito del Global Research Institute che consiglio di visionare con attenzione.
In particolare commento a seguire gli standards, di cui mi occupo direttamente (employement, labour management, training, supplier), riguardanti la sfera del capitale umano. Un’azienda impatta infatti sull’ambiente circostante non solo con le proprie emissioni o con le scelte produttive, ma anche con le proprie politiche HR. Gli standards illustrati su questo tema sono molto utili. Per esempio, posso citare la diversità nelle assunzioni, la formazione, sviluppo e valutazione del personale rivolta a tutti i collaboratori, un corretto tempo di notifica prima di un cambiamento organizzativo e la valutazione dell’impatto sociale dei fornitori. Guardando le organizzazioni italiane ci si rende conto come molte organizzazioni fatichino ad essere compliant con gli standard suggeriti.
Oltre a questi punti suggerirei altri elementi volti a migliorare la sostenibilità delle organizzazioni in termini di capitale umano. Per esempio, aggiungerei che i benefit forniti ai dipendenti full time dovrebbero essere riconosciuti in proporzione anche a quelli part time, atipici e a tempo così come ai fornitori condizioni di lavoro adeguate (tempi di pagamento, condizioni contrattuali eque, ecc.). Allo stesso modo un tasso elevato di turnover è preoccupante quanto un tasso troppo basso di turnover, condizione che probabilmente segnala un certo ristagno all’interno dell’organizzazione. Naturalmente a tutti va garantito uno sforzo a consentirne l’employability.
In generale direi che a tutti i dipendenti andrebbe garantita teorica possibilità di crescita nella scala gerarchica e probabilmente introdurrei anche una differenza massima dello stipendio del vertice rispetto a quello della base (su questo punto la tecnologia comporterà sicuramente una riduzione dei livelli gerarchici).
Una grande attenzione è sempre più richiesta ad azionisti e collaboratori non solo nella capacità di generare profitto, ma nel farlo con un significato profondo e con un’attenzione all’impatto sociale. Una giusta e auspicabile evoluzione nel modo di fare business che in molti casi non comporta l’investimento di grande risorse economiche, ma un cambiamento culturale che metta la persona davvero al centro dell’organizzazione.