Maurizio Landini sarà eletto oggi Segretario generale della Cgil. La sua ascesa al vertice dell’organizzazione sindacale più grande d’Italia parte da lontano, già ne scrivevamo su queste pagine quasi tre anni fa. L’allora segretario dei metalmeccanici si trovava a guidare la Fiom e ad affrontare la vertenza del rinnovo del Ccnl del comparto più importante dell’industria sapendo che a seguito di questo rinnovo si sarebbe giocato il passaggio dalla Fiom alla Cgil. E così è stato. Non a caso, qualcuno gli ha rimproverato di aver fatto scelte di opportunismo. È giusto? Chi scrive non lo pensa, Landini piuttosto è uomo capace di capire quando – come allora – c’è bisogno di cambiare strategia.
E non v’è dubbio che oggi Landini sia chiamato a un altro salto, la guida della Cgil chiederà al nuovo Segretario generale più capacità di misurarsi con i pluralismi che animano un’organizzazione complessa come il sindacato confederale.
La sua affermazione dentro la Cgil si spiega anche con il cambio politico che si è registrato. L’emergere di movimenti e linguaggi diversi ha portato lo stesso gruppo dirigente della Cgil a chiedersi se non fosse il caso di ricorrere all’uomo simbolo della movimentazione, all’uomo più popolare e amato dalla base dei lavoratori; anche per via dell’appeal che il sindacato ha bisogno di riguadagnare nell’immaginario collettivo e per rispondere alla delegittimazione costante che subisce dalle forze politiche che oggi sono forze di maggioranza e di governo. Non a caso, nessuna presenza istituzionale a Bari da parte del governo (il SuperMinistro del lavoro e dello sviluppo Luigi Di Maio ha però partecipato al congresso della Uil a giugno dell’anno scorso).
Riuscirà la Cgil guidata da Landini a contrastare il vento populista di M5S e Lega? Per farlo è necessario costruire un ponte solido con Cisl e Uil – come abbiamo ampiamente scritto -, cosa per cui c’è molta consapevolezza in Cgil come, del resto, negli altri sindacati. È questo il punto che ha fatto si che si sia creata quella divisione che ha portato a una seconda candidatura, quella di Vincenzo Colla (che sarà vice segretario generale): gran parte del gruppo dirigente auspicava infatti una leadership più moderata, più essenziale, ritenendola più idonea a costruire questo ponte fondamentale per poter interloquire in modo efficace col governo.
Nella nuova segreteria nazionale entrerà anche Emilio Miceli, il più alto dirigente della federazione dei chimici, uomo di esperienza importante nell’industria e di qualità.
Per tornare a lui, già in questi anni Landini ha cambiato registro a differenza di quando si era trovato dentro quel caso – Fiat – che lo ha reso popolare, scegliendo quando parlare e cosa dire. Se manterrà questo profilo di essenzialità, potrà dare del serio filo da torcere alla politica che ha scelto di delegittimare il sindacato. Come Landini ricorda sempre, “chi in passato ha provato a fare a meno di noi non c’è più e noi ci siamo ancora”.
L’unità della Cgil è però fattore decisivo rispetto a tutto ciò: le premesse ci sono tutte. L’accordo trovato e il ritiro della seconda candidatura ci dicono che il sindacato è ancora un luogo dove l’organizzazione è più importante degli “io”, che pur esistono nelle loro specificità come diceva ieri Colla alla stampa. Una lezione importante per i leaderini della politica.
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